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Come si misurano le caratteristiche di un amplificatore di potenza e sistemi adottati per migliorarne il rendimento
Come si misurano le caratteristiche di un amplificatore di potenza e sistemi adottati per migliorarne il rendimento
di [user #16055] - pubblicato il

Si va sul tecnico: il nostro lettore TidalRace affronta i parametri di misurazione delle caratteristiche di un amplificatore di potenza e i sistemi adottati per migliorarne il rendimento.
Per completare il mio precedente articolo relativo alle misurazioni sugli altoparlanti, vorrei descrivervi i sistemi utilizzati per le misurazioni sugli amplificatori di potenza audio e relativi circuiti migliorativi.
Esistono vari standard per misurare la potenza nominale di un amplificatore audio. La Federal Trade Commission americana (FTC) ha stabilito dei metodi per la misurazione della potenza nei sistemi audio commerciali e molti marchi affidabili usano tale metodo. Un altro sistema standard è stato definito dalla Electronic Industries Association (EIA), sicuramente il più diffuso perché permette valori più ottimistici. Uno standard più recente e usato da alcuni produttori, specie nel settore automotive, è invece quello della Consumer Electronic Association (CEA).

Come si misurano le caratteristiche di un amplificatore di potenza e sistemi adottati per migliorarne il rendimento
In foto: un Berani CA18 in classe H.

Nel sistema EIA, un segnale sinusoidale di frequenza pari a 1.000Hz viene immesso nel finale di potenza in esame che pilota un carico resistivo del valore nominale d’impedenza. La potenza ottenuta su tale carico, a un valore di distorsione armonica totale (THD) stabilita, viene certificato come potenza continua erogabile dall’amplificatore senza limiti di tempo. Tale distorsione THD può valere lo 0,1% ma anche l’1%, l’importante è che sia specificato. Naturalmente un valore di THD pari al 5% o superiore è eccessiva e il segnale in uscita risulterebbe distorto.

Il sistema FTC e più complicato in quanto prevede un riscaldamento di un’ora dell’amplificatore a un ottavo della potenza nominale, tramite l’utilizzo di un’onda sinusoidale di frequenza pari a 1000Hz, in un ambiente con almeno 25°C di temperatura. Viene poi immesso un segnale contenente tutte le frequenze audio da 20 a 20.000Hz - nei due canali se si tratta di un sistema stereo - e misurata la potenza massima erogata al livello di distorsione THD pari al 1%, che deve essere erogata per almeno cinque minuti sul valore di carico nominale.

Il sistema CEA permette una misura più simile a quella espressa con un segnale musicale. Come nel sistema EIA viene usata un’onda sinusoidale di 1.000Hz, modulata però da un’onda quadra, che permette all’amplificatore di alternare momenti in cui viene espressa la sua potenza massima ad altri in cui invece è minima. Questa potenza di picco è limitata a brevissimi instanti del segnale musicale, un valore tipico è di 20 ms (20 millisecondi) e spesso può valere quasi il doppio della potenza misurata con il sistema FTC. Occorre prestare molta attenzione quindi al valore dichiarato con questo sistema che potrebbe essere ingannevole.

Una tipica misura della potenza di un amplificatore usato da molti costruttori si basa sul sistema chiamato EIA, appena visto, ma erroneamente dichiarata come “potenza rms” da cui “Watt rms o Wrms” che non significano nulla. Meglio chiamarla potenza media o continua. Il termine RMS (Root Mean Square) è legato al valore del segnale sinusoidale inviato per la misura.
Spesso si definisce anche la potenza di picco di un amplificatore come la massima potenza erogabile istantanea, dato infatti lo stesso massimo segnale applicabile sinusoidale della potenza media, il suo valore di picco varrebbe quindi esattamente il doppio della stessa. Prendendo per esempio un suono di synth con onda sinusoidale e un altro con onda quadra della stessa ampiezza massima, l’amplificatore emetterebbe il doppio della potenza nel secondo caso. Questo potrebbe essere molto pericoloso ad alti volumi e basse frequenze, sia per lo stesso amplificatore, sia per le casse collegate, in quanto entrambi sarebbero nelle massime condizioni di lavoro per parecchi millisecondi, con il rischio di bruciare uno o entrambi questi componenti pur se adeguatamente dimensionati. Addirittura qualcuno dichiara anche la potenza picco-picco, che non ha alcun senso, visto che un segnale musicale deve avere sia la semi-onda positiva (da cui il picco positivo), sia la semi-onda negativa (da cui quello negativo).
Un tempo era comunque prassi comune dichiarare la potenza rms o efficace, quella di picco e quella musicale, dichiarata con un valore pari a 1,5 volte quella efficace, così in un ipotetico amplificatore da 100 Wrms, o meglio continua, la potenza musicale valeva 150 Watt e quella di picco ben 200 Watt.

Come si misurano le caratteristiche di un amplificatore di potenza e sistemi adottati per migliorarne il rendimento
In foto: il massimo valore d’assorbimento dalla rete elettrica è espresso in VA ed è sempre superiore alla massima potenza erogata.

Su molti amplificatori valvolari del secolo scorso, ma anche su molti attuali, era ed è indicata la massima potenza assorbita dalla rete elettrica, spesso ora espressa in VoltAmpere (VA) e posta in genere vicino alla presa d’alimentazione. Tale valore non deve trarre in inganno, facendoci pensare che sia la massima potenza erogata sul carico, ma rappresenta appunto il massimo valore che l’insieme di tutti i circuiti elettronici assorbono dalla rete elettrica nei momenti di massima richiesta d’energia.

Il valore peggiore dichiarato è tuttavia la potenza denominata PMPO, tradotta con vari termini. Questa è semplicemente una trovata commerciale, per dichiarare una potenza talmente esagerata che non ha nessun fondamento di verità. Non è misurabile in alcun modo e spesso capita di leggere nelle scatole di prodotti destinati alla fascia consumer, potenze di 2.000 watt (???) per una piccola cassa di poco valore.

Fin qui tutti i sistemi esaminati utilizzano un carico resistivo del valore nominale d’impedenza da due a otto ohm, ma quando si collega un altoparlante le cose cambiano.
Come abbiamo visto nel precedente articolo, nell’altoparlante vi è un avvolgimento di filo in rame intorno a un rocchetto, chiamato bobina mobile, che presenta sia un certo valore di resistenza in continua, sia un valore d’induttanza. Il suo valore d’impedenza, quindi, dipendente dalla frequenza e dato dalla somma della parte resistiva e di quella induttiva, non è esattamente uguale a un carico resistivo puro, per cui il finale di potenza collegato si comporterà in maniera diversa. In particolare la ‘potenza reale totale’ è la massima potenza espressa su un carico resistivo, mentre su un carico reattivo ovvero l’impedenza dell’altoparlante si definisce ‘potenza apparente totale’ che viene espressa correttamente in voltampere. Per calcolare la ‘potenza reale’ su un carico reale, occorre moltiplicare il valore della potenza apparente totale come prodotto della massima corrente e della massima tensione misurate sul carico, moltiplicato per il ‘fattore di potenza’ che è compreso fra 0 e 1. Quanto più la potenza apparente si avvicina alla potenza reale, maggiore è il valore di questo rapporto. Per avere il massimo rendimento occorre infatti che sia la tensione ai capi dell’altoparlante, sia la corrente circolante all’interno della bobina mobile, siano completamente in fase e questo è valido solo per un carico resistivo. Al contrario in un’induttanza la tensione è in anticipo sulla corrente di 90°, ovvero un quarto di tutta l’onda del segnale, mentre in una capacità è la corrente a essere in anticipo sulla tensione dello stesso angolo.

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In foto: la serie di amplificatori in classe D della Proel chiamata DPX che utilizza il sistema PFC sulla gestione dell’alimentazione.

Con questa differenza di 90° la potenza reale sarebbe nulla poiché, mentre la tensione è massima, la corrente è nulla e viceversa, mentre per angoli minori, come avviene nella realtà, la potenza reale assume valori maggiori, senza tuttavia raggiungere la potenza reale totale. Per superare questo problema, in molti amplificatori d’alta potenza professionali è stato inserito un circuito nella sezione d’alimentazione chiamato PFC - Power Factor Correction, proprio per correggere questa differenza di fase e portare il valore del fattore di potenza quasi a 1, migliorandone il rendimento.

In un amplificatore a stato solido è anche importante il valore del carico nominale in cui si effettua la misurazione. Generalmente gli amplificatori di bassa potenza erogano le loro massime prestazioni su un carico di 8 ohm, mentre quelli di media potenza utilizzano carichi di 4 ohm e quelli di elevata potenza anche carichi di 2 ohm. Non è possibile collegare un carico più basso del valore minimo dichiarato dal costruttore per possibili guasti al circuito, ma generalmente è possibile pilotare un carico d’impedenza doppia o quadrupla diminuendo la potenza erogata. Teoricamente, a ogni raddoppio dell’impedenza di carico dovrebbe dimezzarsi la potenza, ma in pratica, a seconda del circuito, la riduzione è minore.

Un problema molto fastidioso sia negli amplificatori per basso elettrico, sia in quelli d’alta potenza destinati alla sonorizzazione di ampi spazi, riguarda la gestione del clipping degli speaker. Questi portano a rumori indesiderati o al limite alla rottura degli stessi. Per ovviare a tale inconveniente si usa inserire un ‘clip limiter’ che limita il massimo segnale del preamplificatore alla massima potenza erogata dal finale, evitando quindi distorsioni indesiderate.

Come si misurano le caratteristiche di un amplificatore di potenza e sistemi adottati per migliorarne il rendimento
In foto: particolare del pannello posteriore dell’amplificatore per basso bH-Amps Drone D542H.

Nel sistema adottato per il clip limiter sulla testata per basso bH-Amps Drone D542H, a cui ho collaborato alcuni anni fa, fu utilizzato un sistema creativo anche per la riduzione della potenza in uscita. Con il selettore a slitta chiamato ‘Amp Voice’ è infatti possibile regolare questo limiter a 200, 400 e 500 watt su un carico di 4 ohm, in modo da adattarlo alla gamma di casse del marchio ed eventuali casse meno potenti di cui si è già in possesso. Nella serigrafia vengono chiaramente illustrate le potenze ottenibili sia sul carico nominale di 4 ohm, sia su quello di 8 ohm a seconda della posizione del selettore. Come si può osservare la potenza a 8 ohm è leggermente superiore alla metà teorica rispetto ai 4 ohm. Tale selettore non diminuisce il volume in uscita, ma limitando la potenza massima si ha una maggiore compressione timbrica sui picchi di segnale.

Per ultimo ho lasciato alcune annotazioni riferite agli amplificatori in classe-A single-ended valvolari, ovvero di quelli dotati di una sola valvola e potenza ridotta a pochi watt. In questi tipi di amplificatori, la valvola produce una notevole distorsione di seconda armonica e quindi la sua THD non ha mai un valore molto basso. In un mio vecchio post del 2009, avevo simulato un circuito con un tubo di tipo EL84 che dichiara una potenza di 5 watt continui. La simulazione mi aveva calcolato per vari livelli del segnale in ingresso la potenza di 1,5 watt con THD pari al 4%, una potenza di 5 watt con THD superiore al 8%, una potenza di 6 watt con il 10% di distorsione e infine un massimo di 7,5 watt con ben il 32% di THD. Ipotizzando una minore efficienza del circuito reale è chiaro che i 5 watt nominali sono calcolati con una THD pari al 10%, che per altre classi porterebbe un suono distorto, mentre in questo caso lo arricchisce timbricamente. Spesso questa classe viene misurata proprio con un valore di THD pari al 10%.

Come si misurano le caratteristiche di un amplificatore di potenza e sistemi adottati per migliorarne il rendimento
Nel grafico è riportato l’andamento della distorsione THD in funzione della potenza in uscita. Come si può notare, anche a 0,1 watt di potenza la THD si attesta al valore dell’1%.

Tuttavia, nel mio libro di studi d’elettronica generale delle scuole superiori - stampato nel 1982 - veniva riportata questa frase: "L’esperienza dice che finché la distorsione totale non supera il 5% essa risulta praticamente non apprezzabile; ciò però a patto che la distorsione di terza armonica non superi il 2%, in quanto l’orecchio umano è particolarmente sensibile alla terza armonica, che produce effetti piuttosto sgradevoli. La massima potenza che può erogare un amplificatore, mantenendo la distorsione totale al limite del 5%, viene chiamata potenza di uscita indistorta dell’amplificatore".
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Link utili
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La simulazione di un amplificatore in classe A
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