Ci si chiede spesso cosa rende un pedale “boutique”. A volte si tratta di puro marketing, ma dietro un prodotto di fascia alta ci può essere lo studio di tecnologie avanzate, una ricerca del suono particolare o, come nel caso di , una cura impressionante capace di proiettare il musicista dritto negli anni ’60 delle valvole tirate a cannone, del point-to-point e del germanio.
Isle Of Tone è un laboratorio austriaco specializzato nella costruzione di effetti a pedale di stampo vintage. A differenziarli dall’agguerrita concorrenza non è solo un suono di qualità, ma una ricerca dello storicamente corretto a dir poco spasmodica. Pedali come il Luxe 66, protagonista di questo articolo, sono un viaggio nel passato fatto di componenti NOS selezionati, costruzione manuale, manopole artigianali e chassis custom. Nel caso del fuzz in prova, un rivestimento in tolex, il LED stile jewel e la placca in metallo sul davanti ricalcano i canoni estetici di un vecchio amplificatore Fender, con tanto di segni d’usura.
Tutto sposa una produzione interamente artigianale, con pedali fatti uno per uno, numerati e firmati da Joe e Steve di Isle Of Tone. Nel nostro, compare la dedica al , occasione in cui i ragazzi hanno deciso di farcene dono.
Dentro la scatola
L’esperienza del Luxe 66 va oltre il semplice distorsore. Ci si confronta con un prodotto filologicamente corretto, nato oggi esattamente come avrebbe potuto negli anni ’60, un pezzo da collezione al cui interno ci sono componenti scelti come resistenze a impasto di carbone e transistor NOS al germanio. Qui si tratta di Telefunken TFK OC degli anni ’50 e Newmarket NKT12, abbinati a orecchio secondo la loro resa musicale. Niente PCB dentro la grossa scatola nera e rugosa, ma componenti saldati alla vecchia maniera con connessioni point-to-point e cavetti rigidi, disposti bene in ordine per diventare anche un piacere per gli occhi, grazie alla base in plastica trasparente che permette di sbirciare all’interno.
Cosa lo rende unico
Prima di etichettarlo come uno sfizio per collezionisti, bisogna ascoltare e sentire sotto le dita il Luxe 66, perché è davvero un fuzz come difficilmente si vedono in giro.
Per natura, il circuito è paragonabile a quello di un boost dal grande guadagno in volume, non estremo quanto a distorsione. In effetti, i costruttori ne parlano più come un fuzz/overdrive e, se si cerca di pareggiare il volume del pedale con quello dell’amplificatore in bypass, il risultato è quello di un crunch neanche troppo aggressivo.
Ma basta porlo a monte di un amplificatore spinto appena oltre la soglia di breakup per sprigionare un fuzz ricco, rombante ed estremamente reattivo al tocco.
Ciò che impressiona è, per l’appunto, l’eccezionale risposta dinamica. Basta plettrare più piano, con le dita, o tirare un po’ giù il volume della chitarra per riscoprire un suono perfettamente pulito. Solo reso più vivido da una gamma acuta brillante e maggiore presenza sonora in generale.
I controlli
Sulle prime, i tre potenziometri possono disorientare chi è abituato alla classica configurazione di volume, tono e gain.
Sul Luxe 66, Volume gestisce l’output generale e Clarity lavora sull’amplificazione dei transistor. Insieme, interagiscono scolpendo il modo in cui il suono distorce, il punto in cui si increspa e come risponde sotto le dita, comportandosi in una maniera paragonabile ai controlli di volume per pre e finale in un amplificatore valvolare vecchio stampo.
Fuzz sembra invece tornare utile per tenere a bada le armoniche più acute che emergono man mano che la distorsione si fa sostanziosa. Per certi versi lo si può paragonare a un controllo di tono, ma la sua escursione non è estrema e le sfumature diventano ottimali per bilanciare il timbro della chitarra che vi si collega oppure per muoversi tra saturazioni taglienti tipiche delle ritmiche retrò o leggermente gommose per toni più “intubati” nel solismo.
Always-on
Strano a dirsi per un effetto così graffiante, il Luxe 66 si rivela un pedale perfetto da lasciare sempre acceso in pedaliera.
Difficilmente troverà posto nelle pedalboard di un chitarrista d’impianto moderno, patito dei suoni complessi, cesellati nella somma di più effetti e fan del “tip-tap” tra le scatolette colorate ai suoi piedi. Non è quel genere di effetto, non c’è nemmeno la presa per l’alimentazione e si preferisce la cara vecchia batteria da 9 volt.
Sarà invece il compagno ideale di insegue il puro godimento, ama suonare con la chitarra dritta in un buon amplificatore, adora il blues e il rock - in particolare quello d’annata, psichedelico ma anche le derive indie e alternative più “fracassone” - e vuole massimizzare l’interazione tra le dita e il proprio strumento.
Perché, sul serio, il modo in cui il Luxe 66 risponde al suonato è qualcosa che va toccato con mano per crederci.
Dove trovarlo
, per la loro natura esclusiva, non sono facili da trovare in giro. Però il prossimo 14 maggio i chitarristi italiani avranno l’opportunità di incontrare i costruttori austriaci di persona e conoscere le loro creazioni.
Accadrà all’, iniziativa dell’associazione culturale senza fini di lucro Accordiamoci, promossa da Accordo e in programma per il . |