Sony Music, firma sotto la quale è raccolta una delle più estese galassie di etichette discografiche al mondo, ha inviato lettere a più di 700 sviluppatori software pretendendo di essere messa a conoscenza qualora i brani del suo catalogo siano stati usati per istruire le loro AI.
Le Intelligenze Artificiali non smettono di far discutere. Più la tecnologia avanza, più il pelo si rizza ad artisti e creativi di tutto il mondo.
Il 2023 ha visto uno sciopero storico degli attori e degli sceneggiatori, preoccupati per l’ingerenza delle tecnologie nei rispettivi territori. Lo scrittore George RR Martin ha accusato apertamente OpenAI di furto sistemico su vasta scala e le parole non sono dolci neanche da parte dei musicisti: “ChatGPT dovrebbe andare a quel paese (non esattamente con questi termini, ndr.) e lasciare in pace i cantautori” suggeriva Nick Cave.
Se Hollywood ha fatto clamore per primo, qualcosa si muove anche nell’industria musicale, perché diversi artisti si sono scagliati contro la “concorrenza sleale” delle AI e già più di 200 musicisti hanno di recente firmato una lettera aperta contro l’uso predatorio dell’Intelligenza Artificiale in quanto “attacco alla creatività umana”.
Dall’altro lato, non mancano artisti che hanno abbracciato con curiosità le potenzialità delle AI, decidendo persino a contribuire allo sviluppo di nuove tecnologie in tema.
L’azione di un colosso del calibro di Sony, però, potrebbe dare una forte accelerazione alla diatriba tra Intelligenze Artificiali e creatività umana. O meglio, circa lo sfruttamento dei diritti d’autore.
Nelle lettere inviate - tra gli altri - a Google, OpenAI e Microsoft, Sony spiega di aver “ragione di credere che si sia fatto un uso non autorizzato” della sua musica. Se la cosa dovesse finire davanti a un giudice, gli sviluppatori insomma potrebbero dover “aprire i libri” e mostrare alcune parti cruciali del processo di creazione delle loro AI. Le Intelligenze Artificiali, in questa precisa fase storica, nascono infatti sull’immissione di una quantità gigantesca di dati, a cui (banalizzando il concetto) attingono e che rimescolano per generare suoni, composizioni, immagini e testi.
Nulla nasce davvero da zero, insomma, e se l’utilizzo del materiale a cui le AI hanno attinto per “creare le proprie idee” non è autorizzato, viene da sé che occorre bloccarlo o quantomeno regolamentarlo.
Le AI permettono di creare in pochi minuti immagini come questa. Un artista umano avrebbe certamente fatto di meglio, ma a un costo e con dei tempi non sostenibili per l'utilizzo in un articolo come questo. In questo caso l'Intelligenza Artificiale non ha "rubato" lavoro a nessun artista perché, in assenza di essa, semplicemente non ci sarebbe nessuna immagine qui.
Non è un segreto, tuttavia, che le AI stiano facendo un gran lavoro per agevolare il processo creativo degli artisti, riducendo fasi lunghe e ripetitive a un click, tutto a vantaggio dell’espressività umana. Non occorre quindi demonizzare una tecnologia nel suo intero, bensì riflettere sul suo impiego. E se questo si accavalla al concetto di creatività, può valere la pena ampliare il ragionamento al processo creativo in generale, e come questo debba inevitabilmente poggiare su una solida base fornita da altri.
Chi può dire, in fondo, di aver davvero creato qualcosa dal nulla? I Beatles avrebbero partorito Sgt. Pepper senza l’ispirazione delle orchestre e delle bande di musica? Come sarebbe il rock moderno se non si fossero catturati e rimescolati frammenti dalle composizioni degli stessi Beatles? Che razza di musica avrebbero composto i più grandi autori del ‘900 se non si fossero riempiti orecchie e cervello della musica che è venuta prima di loro?
“Gli artisti mediocri copiano, i grandi artisti rubano” |