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Amp modding in quarantena e l'importanza del tone stack
Amp modding in quarantena e l'importanza del tone stack
di [user #12502] - pubblicato il

Le giornate a casa per l'emergenza Coronavirus sono l'occasione per mettere a punto la propria strumentazione e scoprire aspetti tecnici: lo ha fatto un nostro lettore trasformando il suo Laney Cub 12R.
Anno bisesto anno molesto: questo 2020 doveva portare un sacco di cose, invece per ora ha portato solo la quarantena. Comunque sarà un anno di grandi cambiamenti, dovrei pure sposarmi (sempre virus permettendo), è il decennale della mia band e per quest'anno vorrei dare alla stagione live (idem come di sopra) un taglio diverso: basta tastiera, solo chitarra per un taglio decisamente più rock. E pure l'anno per abbandonare le mie adorate lunchbox e cassine e adottare un combo. Requisiti di base: bassa potenza, prezzo non esagerato, suono "fenderoso".

Amp modding in quarantena e l'importanza del tone stack

Per la bassa potenza non c'è problema, ormai tutti i costruttori hanno vari modelli a valvole a bassa potenza.
Prezzo non esagerato: anche qua non c'è problema, se ne trovano di tutti i prezzi, sia nuovi sia usati, dai 200 ai 2000 euro.
Suono fenderoso: qui la faccenda si complica, anche a livello filologico. Innanzitutto, cosa si intende per suono "à la Fender"? Storicamente i combo Fender, quelli di fine anni '50 (come il Bassman), erano abbastanza mediosi e molto meno rotondi di quello che è universamente accettato come il “suono Fender”, ovvero quello degli ampli dell'era Leo Fender e collocabili indicativamente a metà degli anni '60, come per esempio il Deluxe o il Twin Reverb e che è esattamente il timbro che cerco. Le differenze circuitali tra i vari modelli sono molte, ma uno dei tratti più comuni è il tone stack, ovvero quella parte di circuito relativa ai controlli di tono, che negli ampli con controlli a tre bande tipo Fender (ma pure Marshall) è composto da pochissimi componenti, poco costosi e facilmente reperibili, ovvero tre potenziometri, tre condensatori e due resistenze. Noi chitarristi (momento demistificazione) tendiamo a dare importanza ad alcuni componenti come per esempio le valvole e a considerarne altri meno del dovuto: il tone stack, al netto della sua semplicità, è letteralmente in grado di scolpire il suono dell'ampli. Un fondamentale strumento per capirne il funzionamento, gli effetti sul suono e l'impatto di componenti di valori diversi è il Duncan Amps Tone Stack Calculator, un software gratuito e intuitivo, scaricabile qui.

Amp modding in quarantena e l'importanza del tone stack

Inizio la ricerca del combo e relativi schemi elettrici in rete: i modelli Fender a bassa potenza che farebbero al caso mio costano decisamente troppo. L'unico ampli Fender che il budget mi consente di acquistare è il Blues Junior: tone stack '59 (tipo Bassman, ma è uguale a quello della Plexi) e quindi dovrei modificarlo. Tra le alternative, sempre con tone stack '59, però, c'è il Bugera V22 Infinium (la versione più recente, che vanta pure una tecnologia per far lavorare meglio le valvole, un buon altoparlante, due canali e il riverbero), il Laney Cub e il Peavey Classic 20 (che ha un prezzo accettabile solo da usato): decido quindi di prendere uno di questi, nonostante il fatto che da poco è pure in vendita l'Harley Benton Tube15 Celestion, che a occhio è un clone del Laney ma costa pochissimo, tuttavia anch'esso non è subito disponibile. E poi, onestamente, ok, sarò un filo paranoico, non mi fido molto di un prodotto appena immesso sul mercato: diamo tempo a qualcun'altro di collaudarlo per bene.

Non so perché ma il Bugera nuovo era introvabile, si poteva comprare solo in backorder e avevo pure un po' di fretta perché allora l'emergenza Coronavirus non ci aveva ancora segregati in casa. Cerco sui soliti siti di scambio/acquisto e trovo un Laney Cub 12R, quello col cono da 12” e il riverbero, usato in buone condizioni, al giusto prezzo e in un paese a dieci chilometri dal mio. Spettacolare, innanzitutto perché all'ampli erano state sostuite le valvole con altre di buona qualità, era (come ho potuto verificare da smontato) stato regolato bene il bias e infine perché il ragazzo che me lo vende, per conto di un suo amico, allega all'acquisto anche un supporto autocostruito per inclinare l'ampli con tanto di braccio per il microfono: non è il massimo della trasportabilità perché non ha snodi, però è comodissimo.

Amp modding in quarantena e l'importanza del tone stack

Nel mentre opto anche per comprare un altoparlante nuovo perché il Celestion Rocket di serie, che conoscevo già avendolo su un altro ampli, non mi va in quanto alle mie orecchie sembra una versione sfigata del Greenback, Greenback che peraltro adoro in cassa grande e chiusa ma apprezzo molto meno in un combo openback. Carta di credito alla mano ordino quindi un Eminence Cannabis Rex, costosetto ma di indubbia qualità, e i pochi componenti che mi servono per modificare l'ampli (per un valore di pochi euro, nonostante abbia optato per parti di ottima qualità).

In ordine di arrivo, il primo è l'ampli. Lo provo pure in sala prove e non suona per niente male: sembra un piccolo Bluesbreaker ponticellato e col controllo di gain, il che lo rende versatile (per essere un monocanale) perché si può passare da un clean ragionevolmente pulito a un crunch robusto.
Così “di serie” lo vedo molto bene da hard rock: tenendo il master alto e il gain oltre la metà, e magari utilizzando un paio di humbucker non troppo spinti, che secondo me hanno caratteristiche tonali che si sposano perfettamente con lo spettro di frequenza dell'ampli, si ottengono buoni crunch, che possono a loro volta essere ripuliti, agendo sul potenziometro del volume della chitarra, e boostati con un buon overdrive. Anche il cono non è così male come ricordavo. Peccato che io cerchi una cosa abbastanza diversa, ovvero un bel pulito cristallino e "ciccio".

In seguito arriva l'altoparlante e, appena tolto dall'imballaggio, lo installo al volo. Sulla carta, ovvero il datasheet, dovrebbe essere molto più sensibile del Celestion (101,8 dB contro i 95 del Rocket, sembra poco ma è un'enormità), più rotondo sulle basse e più flautato sugli acuti. Provandolo però riscontro solo la maggior sensibilità, ma a livello di spettro di frequenze non noto enormi differenze, il che mi fa girare le scatole non poco perché l'Eminence è costato la metà dell'ampli.

Infine arrivano pure i componenti: saldatore alla mano faccio il lavoro, che mi porta via un'oretta abbondante, comprendendo anche i tempi morti da cani che bazzicano attorno alla postazione e ripetuti richiami alla pre-adolescente annoiata che non vuole venir giù dal letto.

Tutto torna finalmente: la modifica del tone stack cambia radicalmente il suono dell'ampli, scavando le medie e di conseguenza ingrassando le basse. Per curiosità ricollego il Celestion, e adesso la differenza è più marcata. D'altronde ci potevo arrivare prima: se l'ampli spara soprattutto medie e collego un altoparlante che offre in prevalenza medie, non cambierà molto collegando un altoparlante più lineare, mentre esaltando le estremità della gamma i bassi vengono fuori, eccome. La differenza di sensibilità invece è più avvertibile (sempre in cosiderazione dei bassi extra) di come la ricordavo, col Cannabis Rex (ma che nome é...) c'è un bel po' di volume in più.

Amp modding in quarantena e l'importanza del tone stack

Risultato, con una spesa di poco più di trecento euro complessivi e un po' di studio e di lavoro ho il suono che volevo e ho pure imparato e/o capito un bel po' di cose nuove, oltre a divertirmi e dare un senso a una piccola parte del tempo che questa quarantena mi obbliga a passare in casa.
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