Choptones: un’avventura italiana tra valvole e algoritmi
di redazione [user #116] - pubblicato il 01 marzo 2021 ore 12:30
Scopriamo il lavoro di Livio Colucci e Angelo Romanazzo, creatori di Choptones e autori di centinaia di profilazioni, IR e suoni per le maggiori macchine digitali in commercio, ma sempre con l’analogico in testa.
Suoni virtuali per tutte le maggiori piattaforme digitali in commercio, circa 200 per il solo Kemper e un’attenzione particolare per gli Impulse Response. Choptones è una realtà tutta italiana che è riuscita a crearsi un nome a livello internazionale grazie alla qualità e alla ricchezza del proprio catalogo.
Profili per Kemper, Rig Libraries per TH-U, patch per Mooer, Headrush, Zoom e Line 6, passando per Axe FX e completando con i prodotti di punta Boss e Hotone. I pacchetti di suoni Choptones toccano letteralmente tutti i principali punti del mercato, prestando attenzione ai professionisti quanto agli appassionati che si avvicinano al mondo del digitale, ma sempre con i grandi classici del suono analogico bene in testa e con una cura particolare per il processo di progettazione e virtualizzazione.
Abbiamo raggiunto Angelo e Livio, i due giovani talenti che hanno dato vita all’avventura di Choptones, per conoscere da vicino il loro stimolante mondo fatto di valvole e algoritmi.
Angelo Romanazzo e Livio Colucci.
Per prima cosa, ci piacerebbe ci raccontaste come nasce Choptones: come una passione è diventata un lavoro e qual è il percorso musicale/professionale che vi ha portati a creare questo brand e il tipo di prodotti che offrite.
Choptones nasce a metà 2013, quasi per caso. Eravamo colleghi d’ufficio, entrambi musicisti un po’ geek. Angelo è chitarrista, Livio con un passato da tastierista e background informatico. Il digitale non era così diffuso ed evoluto come quello che conosciamo oggi. Avevo necessità di provare nuove soluzioni per produrre l’album della mia band dell’epoca e decisi di acquistare un Kemper di seconda mano. Il Kemper era sul mercato da circa due anni e visto con scetticismo dai più. Come sarebbe stato possibile tirar fuori i suoni del futuro da un dispositivo che assomiglia ad un tostapane? Tra una suonata e una partita alla Playstation, ci siamo detti: “Non potrebbe esserci un mercato legato ai profili?”. All’epoca non erano tantissimi i produttori sul mercato, in Italia siamo stati sicuramente i primi a strutturare un’azienda del genere. Resteranno sempre nella nostra mente le interminabili discussioni con il nostro commercialista per far capire ciò che volevamo realizzare. Da quel momento, non ci siamo più fermati…
Ci date un’idea di cosa al momento offre Choptones? Pacchetti dedicati a quali macchine, tipologie di suoni, pacchetti signature...
A oggi, Choptones è operativa su tutte le più importanti piattaforme disponibili sul mercato. Innanzitutto il Kemper, per il quale abbiamo profilato più di 200 amplificatori. Poi i dispositivi Line6, Mooer, Fractal, Headrush, Hotone e molti altri (su Choptones.com è disponibile l’intera lista). Ci occupiamo ormai a tempo pieno della creazione di IR, potendo contare su una collezione di più di 80 cabinet combinabili con circa 100 speaker diversi. Abbiamo avuto modo di fornire consulenza e sviluppo a diversi produttori di device internazionali. Collaboriamo con Overloud per la produzione di librerie per i loro plugin. È un mondo che corre sempre più veloce e nel nostro piccolo cerchiamo di stare al passo. Su Choptones, a oggi sono disponibili circa 2000 prodotti. Cerchiamo di essere il più trasversali possibile. Da qualche mese abbiamo deciso di aprire la piattaforma ad artisti che decidono di affacciarsi in questo mercato, fornendo loro tutta la consulenza e il know-how “acustico” e commerciale acquisito negli ultimi sette anni.
Visto che siete entrambi molto giovani è legittimo chiedervi qual è il vostro percorso: siete dei chitarristi che, partiti dagli amplificatori e dal suono analogico, hanno portato quel tipo di cultura e sensibilità nel digitale? O fate già parte di quella generazione che è partita dal digitale (AmpliTube, Line 6 POD, Guitar Rig…) e che successivamente - attraverso l’esplorazione e lo studio del mondo analogico - ha ampliato la sua sensibilità?
Siamo due appassionati di chitarre e amplificatori analogici, questo è indubbio. Da ragazzi, la passione era la stessa, purtroppo il budget a disposizione no! Pertanto, abbiamo avuto modo di fare esperienza “analogica” su ciò che riuscivamo ad acquistare o con ciò che poteva essere testato nei pochi negozi presenti in zona. L’arrivo sul mercato delle prime soluzioni digitali è stato sicuramente apprezzatissimo, siamo stati utenti sin dall’inizio del POD “fagiolo rosso”.
Insisto sul tema. In una vecchia intervista, Cesareo di Elio & Le Storie Tese in riferimento al Kemper diceva: “Pappa pronta con cui non si impara a cucinare”, sostenendo che è improbabile maturare sul digitale una vera sensibilità al suono, senza passare per una fase effettiva di studio tra combo, pedali, cabinet e testate. Siete d’accordo? Perché il mio dubbio è questo: dove e come un ventenne di oggi può pensare di fare pratica con queste cose?
L’utilizzo della strumentazione analogica è sempre un’ottima scuola sul come creare il proprio suono e maturare consapevolezza riguardo a quelle sonorità che hanno scritto la storia della chitarra elettrica, questo è fuori da ogni dubbio. In rispetto di questo principio cerchiamo sempre di affiancare a ogni nostro prodotto digitale nozioni che riconducono alla strumentazione analogica utilizzata, quale cassa, quale cono, quale pedale utilizziamo, talvolta anche fornendo video dimostrativi di amplificatori “reali”. In questo modo il ventenne di oggi può sì usufruire della praticità del digitale, ma acquisendo una certa consapevolezza sull’analogico.
Ha ancora senso considerare l’amplificatore il riferimento cui il suono digitale deve rifarsi? Perché ritengo che esistano generi più moderni (mi riferisco alla rivoluzione del djent e di Animals As Leaders) il cui il suono digitale (penso soprattutto a Fractal) diventava una tipologia di sound autonoma, auto sussistente che non andava direttamente a emulare o rifarsi a qualcosa.
Certo, ha ancora senso. L’amplificatore deve necessariamente rimanere la pietra di paragone, con tutti i suoi difetti che talvolta ci fanno storcere il naso e ci fanno rendere il suo utilizzo meno pratico rispetto al digitale. In Choptones l’ampli, così come tutto il gear analogico, è oggetto di vera venerazione e sempre così sarà. Ciò ovviamente non preclude che i chitarristi del futuro inizino a rifarsi alla sonorità di una Dual Rectifier di Axe FX per identificare l’iconico ampli di Petaluma, ma credo ci voglia ancora del tempo.
I suoni che voi offrite che margine lasciano di personalizzazione all’utente? Voglio dire: acquistare dei vostri suoni non pregiudica la possibilità di costruirsi un suono proprio, originale…
Assolutamente, i nostri prodotti lasciano possibilità di tweaking abbastanza ampie, nel caso delle IR le possibilità di combinazione e di creazione di nuovi suoni sono pressoché infinite. Tutto ovviamente compatibilmente al prodotto e al device dedicato.
La fase che più mi affascina del vostro lavoro in laboratorio/studio è quella nella quale catturate, profilandolo, il suono di amplificatori e preamplificatori iconici: ci raccontate questo processo magari selezionando alcune delle profilazioni più eroiche e di successo che avete fatto?
Il primo passo per una buona profilazione è assicurarsi che l’ ampli in questione sia in perfette condizioni di funzionamento (eventualmente rivalvolarlo con le regolazioni di Bias del caso), dopodiché, dopo aver letto e ascoltato tutto il possibile riguardo lo stesso, si passa a una fase di playing che ci permetterà di capire a fondo il suo funzionamento. Solo dopo questa fase preliminare di conoscenza dell’amplificatore si passa alla fase di scelta di casse, speaker e posizionamento di microfoni, fase ovviamente fondamentale. La profilazione più eroica? Sicuramente quella di un vecchio Triaxis, rotto circa quattro volte prima della conclusione della sessione di profiling!
A proposito di profilazioni. In certi ambienti si è generato il mito che, con macchine come il Kemper, chiunque può creare a casa propria una copia identica del suo ampli preferito. L’esperienza, però, insegna che non è così facile. Sapreste indicare i dettagli chiave di una buona profilazione e gli errori più comuni che possono portare a un risultato deludente?
Come detto in precedenza, sono fondamentali una buona conoscenza dell’amplificatore (o preamplificatore) che si andrà a profilare e la sua microfonazione. L’errore più comune è cercare di creare un suono senza avere ben chiaro il target da raggiungere e ovviamente improvvisarsi non possedendo il minimo delle nozioni sufficienti e non sapendo utilizzare tutta la strumentazione necessaria.
Ritenete ci siano degli elementi caratteristi di qualità, affidabilità e utilizzabilità che caratterizzano la vostra maniera di scolpire i sound dei vostri pacchetti?
Elementi caratteristici nella produzione dei nostri pacchetti sono sicuramente l’utilizzo di strumentazione di altissima qualità e maniacalità nella produzione di ognuno di essi. Tutto questo fatto in uno studio attrezzato proprio per questo utilizzo, probabilmente uno dei pochi al mondo creato solamente per questo fine.
Parliamo di Impulse Response, tema di grande interesse e attualità che amplia in maniera sconfinata la possibilità di espressione del suono in digitale. Aiutate i lettori meno esperti spiegando cosa sono e come funzionano?
Allora, il discorso Impulse Response può essere affrontato da numerosi punti di vista, più o meno “ingegneristici”. Ciò che interessa maggiormente la nostra produzione (e la maggior parte dei chitarristi) è quella che riguarda il capturing del trittico cabinet-speaker-microfono. Gli IR sostanzialmente sono delle “fotografie” di un certo cabinet, con al suo interno un ben preciso speaker che viene ripreso da un determinato microfono in tante posizioni. Ogni piccola variabile in questa equazione cambia drasticamente il risultato sonoro finale. Negli ultimi anni, anche i dispositivi entry-level ormai hanno la piena compatibilità con i Cabinet IR. Ci auguriamo che nei prossimi mesi ci sia sempre più consapevolezza di questo strumento da parte di tutti i chitarristi che si affacciano al mondo del digitale, in quanto può davvero fare la differenza!
Guardando il vostro sito, pare che il vostro fiore all’occhiello sia l’offerta per Kemper. Ci suggerite 5 tra i vostri suoni per Kemper, secondo voi più riusciti e ci spiegate cosa ve ne rende così soddisfatti?
Senz’altro il Kemper è stato per noi il punto d’accesso al mondo del digitale, ma a oggi lavoriamo su circa 30 piattaforme (device) diverse e ognuna di esse rappresenta ormai una fetta importante del nostro operato. Sarebbe difficile scegliere solo cinque suoni su di un catalogo di circa 200 amplificatori profilati, ma sicuramente possiamo dirvi che ci dà sempre molta soddisfazione profilare ampli che hanno ormai 40-50 anni sulle spalle, sapendo che dopo il nostro lavoro potremmo conservarli praticamente per sempre in digitale.