di enricosesselego [user #28271] - pubblicato il 06 luglio 2021 ore 13:30
“L’obiettivo di questa lezione è mostrare come doppiare un riff sia una delle maniere più efficaci per dargli valore e consistenza in una produzione rock.” Torna in cattedra Enrico Sesselego, chitarrista, docente e fonico - tra i tanti - di Paul Gilbert, Steve Vai, Racer Cafè, Thomas Lang...questa la prima di quattro lezioni nelle quali ci parlerà di approcci alla registrazione e produzione.
Sul piatto abbiamo un riff hard rock con feel swingato condito da palm muting, armonici e corde a vuoto.
La mia intenzione è di inserirlo in una sessione di produzione garantendogli un suono ampio: doppiarlo permette di mantenere la solidità della performance ma arricchendola con la possibilità di una differenziazione timbrica tra un canale e l'altro, leggera ma tangibile e, soprattutto, capace di dare stereofonia alla parte.
Due le fasi da affrontare: registrazione e missaggio.
Per quanto riguarda la registrazione, cercavo una certa presenza e aggressività sonora, consona al sound che ci si immagina in un contesto hard rock. Però, al contempo, volevo lasciare le basse poco congestionate sapendo che nel mix avrei avuto il supporto dell’ottima performance di basso di Luca Nicolasi supportata dalla batteria di Paolo Caridi. Per questo ho scelto di abolire l’humbucker e prediletto il single coil: alla base mi mettevo al sicuro da pericolose sovrapposizioni tra frequenze di basso e chitarra che si schiacciano i piedi!
Ma nella scelta di usare il single coil c’era anche una motivazione più stilistica.
Benché adori l’humbucker e mi piaccia la sua energia nelle basse e la solidità nelle medie, in questo caso cercavo qualcosa di più leggero, intellegibile e ricco di attacco: il single coil era la scelta obbligata Per doppiare il riff avevo bisogno di compiere una scelta di strumenti che mi avrebbe garantito una differenza timbrica complementare. Ho scelto questa formula: stesso suono interpretato da due chitarre decisamente differenti: una Fender Telecaster con il pick up al ponte doppiata da una Washburn Nuno N4 (la prima serie) modificata per avere l’humbucker al ponte, appunto, splittabile.
Per il suono ho usato un preset di Choptones, chiamato Old Drive, presente nel pacchetto Bogna Sushi 6L6.
La scelta di non avere due suoni di amplificazione differenti è stata mirata. Anche se a volte suoni di amplificatori differenti che si doppiano possono funzionare, per esperienza personale il rischio è che due amplificatori possano generare troppa differenza tra le due take e, alla fine, comportare un lavoro al contrario: tornare a far assomigliare due suoni troppo lontani!
A scanso di fraintendimenti, l’approccio con amplificatori diversi doppiati è molto interessante ma, forse, è da prediligere quando si vogliono creare layer con voicing diversi o registri complementari. Non era certo il mio caso, che volevo ingrossare e dare spazialità solida a un riff hard rock!
Enrico Sesselego durante una masterclass alla TSM Shibuya (Tokyo School of Music)
Il riff è stato scritto con le chitarre accordate in drop D: in una delle due esecuzioni ho posizionato la mano destra un po’ più indietro, più vicino al ponte: avrebbe dato più snap e valorizzato la scansione ritmica.
Come detto, le chitarre suonano la stessa identica parte in vista di una vivace ma uniforme stereofonia generale. Invece, sul finire del riff, ho leggermente differenziato le esecuzioni per movimentare la parte.
Per quanto riguarda il mix la parte del leone la fa il panning delle due chitarre: una completamente aperta a sinistra, l’altra a destra.
Fondamentale aggiungere un compressore classico: uno standard che, per esempio, potrebbe essere perfetto è un’emulazione del caldo Teltronix LA-2. Questo va settato morbido, con 3dB di Gain Reduction, dato che già la distorsione è paragonabile ad una compressione come comportamento generale sul livello medio del suono.
In questo caso specifico non ho neanche toccato l’EQ in mix: è veramente bastata la scelta iniziale del single coil ed un po’ di controllo del Gain sul Kemper, gain che prediligo verso il basso, aumentando il volume, esattamente come farei in un ampli in carne ed ossa.
Il tocco finale sulla riuscita del mix è sicuramente il riverbero comune alle due chitarre: corto di pre delay e decay, denso ma tagliato sulle alte per non sentire code strane nelle pause delle ritmiche sincopate.