di redazione [user #116] - pubblicato il 02 marzo 2022 ore 14:00
Ripercorriamo la storia degli Sharks, parentesi di hard rock italiano - tutta anni '80 - tra le più veraci della nostra storia musicale.
I protagonisti ci raccontano le loro influenze musicali, la gavetta e la crescita strumentale, fatta anche di incontri artistici importanti, che li portano alla vittoria del concorso "Viva i Giovani" del 1987, autentico trampolino di lancio dell'epoca.
Fino alla metà degli anni '80, gli Sharks crescono mangiando pane, Iron Maiden e AC/DC.
Piano, piano, invece, i gusti dei musicisti iniziano ad ampliarsi: arrivano gli Europe, Bon Jovi proposte in cui le tastiere erano una componente fondamentale.
Gli Sharks vogliono andare in quella direzione e così, aggiungono alla formazione un bassista, Francesco Di Foggia, per permettere al versatile Fabrizio Palermo di abbandonare il quattro corde per dedicarsi alle tastiere.
Siamo negli anni in cui i locali di Milano sono un vero e proprio vivaio per le band: gli Sharks suonano tantissimo, arrivano a fare anche due concerti al giorno! Si aprono possibilità di collaborazioni e di stringere legami forti e importanti.
Francesco Di Foggia al basso, 1989
ACCORDO: avete diviso il palco con band e artisti importanti Andrea Ge (batterista):
Parlando dei gruppi con cui siamo stati in tour, abbiamo sempre instaurato un rapporto di simpatia e complicità trascorrendo anche molto tempo libero insieme, ma i dettagli della collaborazione artistica erano gestiti in toto dal nostro management. Anche nel periodo in cui abbiamo suonato come backing band di Vasco, collaborando anche alla realizzazione di inediti, passava tutto attraverso Enrico Rovelli e il suo staff della Kono Music. In generale all’epoca era davvero impensabile o comunque molto complicato avere un contatto diretto con un altro artista, come avviene oggi.
ACCORDO: come eravate accolti dalle vostre band di coetanei? Dario Fochi (voce):
Per quanto riguarda le band nostre coetanee dell’hinterland milanese, spesso quando ci incontravamo nei locali, ci offrivano da bere facendoci i complimenti per quello che gli Sharks stavano facendo. Ricordo però che quando abbiamo suonato con Vasco, Jethro Tull e Deep Purple all’Arena di Milano, coloro che ci acclamavano nei locali erano poi gli stessi che ci tiravano panini e arance sul palco. Io ,da lì sopra, li vedevo bene e a quel punto rispedivo al mittente. Era piuttosto difficile far nascere una collaborazione tra band o con altri cantanti in quanto c'era molta, di base sana, competizione.
Sharks al Magia Music Meeting di Milano, 1984
In quegli anni, gli Sharks raccontano che, otre allla gavetta nei locali, un'altra via per raggiungere la visibilità era partecipare ai concorsi nazionali: Milano ne offriva moltissimi e la band aveva partecipato a molti di essi prima dell'arrivo di Andrea Ge, batterista della band. E' proprio il nuovo arrivato ad avanzare la proposta più ambiziosa: partecipare a "Viva i Giovani" nel 1987. La vittoria porta alla band una serie di opportunità, tra cui - enorme - la possibilità di partecipare al Budokan di Tokyo per il centenario di Yamaha
ACCORDO:quali sono le differenze tra questo genere di concorso e i talent show proposti oggi in TV? Andrea Ge (batterista):
Le due cose sono piuttosto simili tra loro ma la differenza principale è data dal fatto che un concorso live, è una sfida diretta sul campo, senza filtri. Tutti suonano nelle stesse condizioni e non è possibile avvantaggiarsi con scenografie ed effetti speciali come in televisione. Inoltre proponevamo materiale inedito che nessuno conosceva. Non c’è quindi modo di fidelizzare e far crescere il pubblico proponendo cover o puntando sull’interazione mediatica. La performance è quindi determinante, devi essere pronto al cento per cento e convincere tutti, o ci sei o sei fuori. Per fare un esempio pratico, è un po’ come confrontare un concorrente di Masterchef con un atleta agonista. Mauro Palermo (chitarrista):
Lo scopo è il medesimo, farsi notare e sfondare ma “la veste" è molto diversa. I talent show di oggi sono televisivi, quindi confezionati ad arte per il grande pubblico oltre che condotti da grandi nomi già inseriti nello show business, con giurati e ospiti famosi che fanno da catalizzatori. I concorsi che hanno fatto gli Sharks (e ne hanno fatti e vinti parecchi), erano live e svolti in club, teatri, tendoni, dove si respirava il sudore di tutto il tempo trascorso a provare e riprovare in cantina. Cantanti e band che sgomitavano ( in maniera corretta) per farsi notare anche da pochi decine di spettatori nei cinque, massimo dieci, minuti loro concessi, suonando brani originali e dovendosi esibire sul palco spesso in condizioni difficili, visto che a volte suonavano quindici, anche venti, artisti in una sola serata. Usando lo stesso backline, volando nei cambi palco e senza avere chiaramente la possibilità di tagliare i tempi morti come si fa in tv, non c’era certo lo spazio per finti pianti, amicizie, coalizioni o sceneggiate inutili per motivi di audience, a cui oggi assistiamo più spesso. Certo i tempi sono cambiati, diversi, pur restando costante, la stessa fame di successo!
Dario Fochi (voce):
Aggiungo che noi non presentavamo brani imposti da qualcuno per interesse o per mettere in luce qualche autore o produttore artistico come avviene oggi nel meccanismo dei talent show.
Sharks a Tokyo nel 1987
Gli Sharks sono: Dario Fochi voce, Mauro Palermo chitarre, Fabrizio Palermo tastiere, Francesco Di Foggia basso, Andrea Ge batteria.
L’album “Slow Song” prodotto da Roberto Casini per Selvaggia Music, Enrico Rovelli produzione e management, Mark Harris (keyboards), è disponibile su tutte le principali piattaforme digitali (iTunes, Spotify, Apple Music etc.)