A fine estate 1987, quindi esattamente 35 anni fa, suonammo per l’ultima volta con il gruppo al completo.
Dopo le prime esperienze a fine anni ‘70, con solo chitarre acustiche, nel 1981 ci procurammo in prestito un impianto voci autocostruito, con alcuni microfoni più o meno adatti al canto e un locale per provare a costo zero, un salone parrocchiale che frequentavamo da minorenni, per le attrattive sportive e di ritrovo che offriva specie in inverno. Il gruppo era costituito da sette elementi, di cui tre con le loro acustiche.
La nostra prima esibizione del 1981.
Dopo uno spettacolo di musica e teatro presso un altro salone in occasione del carnevale del 1981, con protagonisti tutti i ragazzi e ragazze del gruppo di amici, nell’estate 1981 ripartimmo con una nuova formazione di soli tre elementi: io al basso elettrico, mio fratello Emanuele passato dal piano elettrico alla chitarra elettrica e un caro amico Carlo Calvi alla batteria, che si era allenato rompendo biro sui banchi di scuola. Il nuovo locale per le prove era una piccolissima stanza di un seminterrato, che mio padre aveva preso in affitto per provare a costruire chitarre e bassi elettrici con sue idee, con poca spesa per insonorizzarlo un po’, tramite pannelli di polistirolo. Tra le prime cose provate ci furono brani di disco-music per trovare l’affiatamento tra basso e batteria, ma anche brani famosi come “Satisfaction” dei Rolling Stones, “Another one bites the dust” dei Queen, “Cocaine” di Clapton, “Walking on the moon” dei Police, “Another brick in the wall” dei Pink Floyd, “Master blaster” di Stevie Wonder, “Flor d’luna” e “Open invitation” dei Santana, ma anche cose in italiano come “Inca” dei Pooh e brani strumentali composti da noi. Per sfotterci uno con l’altro visto il livello di capacità raggiunto, Emanuele lo chiamavamo “Jimi”, io ero chiamato “Jaco” e Carlo lo chiamavamo “Tullio” [De Piscopo N.d.A.].
Dopo qualche mese di prove ci esibimmo nello stesso salone del debutto, ma anche in locali da ballo per farci conoscere e in una struttura per anziani per ben due volte. Nel frattempo uno dei chitarristi acustici degli inizi, Marco Giampaoletti, aveva chiesto di essere di nuovo del gruppo e fu accontentato. Ripetemmo lo spettacolo di musica e teatro nel carnevale 1982 con canzoni più adatte a quel pubblico, brani della P.F.M., dei Pooh, di De Andrè, di Riccardo Fogli che aveva appena vinto da una settimana il Festival di Sanremo, di Pino Daniele, e cose più particolari come il brano “Adventures of brer rabbit and tar baby” di Roy Buchanan e Stanley Clarke. Il mio cavallo di battaglia era “Teorema” di Marco Ferradini, in cui nel finale batteria, basso ed elettrica si scatenavano, trasformando il brano. In quell’occasione debuttò anche un tastierista e cantautore di nome Luca che avrebbe voluto cantare i suoi brani che non ci piacquero. Gli concedemmo “Una città per cantare” di Ron perché a lui piaceva molto, ma se ne andò dopo le due esibizioni previste. Un altro brano che io volli fortemente fu “Dove sto domani” dei Pooh, per la parte di basso in cui potevo sfruttare il fretless costruito da mio padre, usato anche sul brano di Fogli. Su cinque elementi ben quattro cantavano, o come solisti o come coristi, ma Emanuele rimaneva il primo cantante perché il più dotato musicalmente, mentre io ero il portavoce del gruppo per presentare i brani.
Emanuele Ambrosi in un concerto negli anni ‘80.
Ritornati in tre, il brano “Chi ha paura della notte” della P.F.M. ci farà vincere una gara organizzata da una radio privata e una discoteca del nostro lungomare Adriatico nell’estate del 1982. In seguito si propose un nuovo chitarrista elettrico che conoscevamo da tempo, ovvero Roberto ‘Joe’ Cimarelli, che in tempi recenti si è dedicato meno al rock e più al blues, alla fusion e al jazz, ma anche alla musica sudamericana. Ci preparammo in quattro per un concerto all’aperto del luglio 1983, per proporre brani di Ivan Graziani che spesso cantavo io perché più simile al suo modo di cantare, classici come “Fuoco sulla collina”, “Il chitarrista” e “Doctor Jekill & Mister Hyde”, mentre Emanuele era impegnato con brani di Pino Daniele come “Voglio di più” e “Ma che ho” oppure di Edoardo Bennato come “E invece no” che in inglese è un brano di Ry Cooder. Un altro brano era “Moby Dick” del Banco. Per suonare “Sultans of swing” dei Dire Straits legammo la canzone “Tempi duri” del gruppo d’esordio di Cristiano De Andrè al capolavoro di Mark Knopfler e compagni, suonandola e cantandola (io) in maniera più simile alla band inglese. Nelle prove spesso s’iniziava il brano “Six blade knife” sempre dei Dire Straits che nel finale diventava “Let’s groove” degli Earth, Wind & Fire.
Purtroppo poco prima della data prevista, Roberto fu chiamato a prestare il servizio militare, lasciandoci ancora una volta in tre, ma portammo avanti lo stesso quel concerto, dove dovevamo accompagnare anche gli organizzatori dell’evento in un piccolo paese vicino alla nostra cittadina, come gruppo di supporto con brani di Jimi Hendrix. Nonostante il service avesse un bell’impianto con almeno un monitor a testa a componente, non sempre presente in altre occasioni, ebbero problemi di corrente non sufficiente, risolta spegnendo qualche riflettore.
Nel settembre del 1983 ci spostammo in una nuova sala prove presso una vecchia fabbrica per un solo anno, mentre nel 1984 Emanuele fu chiamato a sua volta al servizio di leva obbligatorio e quando lui terminò fu il mio turno che conclusi nel settembre 1986. Nel Natale del 1985 scelsero me come bassista per uno spettacolo musicale nel cinema-teatro della caserma di Sacile (PN).
Io al basso nel 1985 durante il servizio di leva.
Dopo essermi congedato dall’esercito, iniziai quasi immediatamente a lavorare come programmatore di software gestionali per Personal Computer IBM in Ancona, mettendo da parte il basso per il momento, che dava belle soddisfazioni ma nessun riscontro economico e ci volle la proposta di fare un concerto nell’agosto 1987, ovvero dopo tre anni d’inattività del gruppo per farci tornare la voglia di suonare. Non potemmo partecipare a quell’evento per la mancanza di una sala prove e di tempo per prepararci, ma arrivò una seconda occasione a fine estate 1987, esattamente un anno dopo il mio congedo. Il comune di Jesi (AN) nell’ottica di chiudere il programma estivo di Jesi Estate 1987 cercò vari gruppi musicali da far suonare su una delle piazze più caratteristiche della nostra cittadina, piazza delle Monachette (in dialetto ‘delle Monnighette’), fummo scelti dopo un’audizione insieme ad altri tre o quattro gruppi ognuno con una proposta musicale diversa.
Piazza delle Monachette in Jesi (AN)
Non avendo più i bassi e le chitarre costruite da mio padre, mi presentai con un Gibson Ripper usato acquistato da poco, collegato ad un combo Peavey di un altro gruppo, mentre Emanuele credo che avesse una delle prime Squier Stratocaster. Tutta l’amplificazione era a spese dell’organizzazione e non ci furono problemi tecnici come accaduto varie volte in passato. Entrambe le chitarre erano soliste e ritmiche, dividendosi i ruoli a seconda del brano e del sound da ottenere, ricordo che Roberto aveva all’epoca una bella pedaliera, una Ibanez stratoide e un amplificatore Fender The Twin, mentre Emanuele pochi pedali, ma usava di più la saturazione del suo amplificatore Mesa Boogie Mark IIC+. Per avere un ricordo di quella serata chiesi all’altro mio fratello, Marco il più giovane dei tre, di scattarci delle foto dell’esibizione, visto che all’epoca occorreva portarsi una buona macchina fotografica con flash e relativi rullini. Acquistai io stesso i rullini, ma nel pomeriggio dello stesso giorno, seppi che all’ultimo momento era partito con gli amici alla conquista della Spagna. Fui contento per lui, ma sperai che ci fosse qualcuno che scattasse foto anche a noi. Purtroppo non trovai il fotografo.
I fratelli Ambrosi durante una serata dell’epoca.
Se ricordo bene fummo il secondo gruppo ad esibirci ed iniziammo male con Carlo che dette il tempo di “Con le mani” di Zucchero, album uscito nello stesso anno, troppo lento, forse tradito dall’emozione di ritrovarsi davanti ad una piazza piena e infatti allungammo l’intro per accelerare prima d’iniziare la strofa. Poi filò tutto liscio senza errori. Seguirono i brani “Sensazioni forti” di Vasco Rossi del 1980, scelta da me per la presenza di una parte jazzata e di un piccolo assolo di basso, ma anche per i ripetuti cambi di tempo, della classica “Ogni volta” del 1982 sempre di Vasco, seguita da un altro brano lento come “Quanno chiove” di Pino Daniele del 1980 e di “Nun me scuccià” sempre dello stesso album di Pino. Come portavoce del gruppo, presentai il gruppo come “Tidal Race” spiegandone il significato e i quattro elementi, ovvero Emanuele alla chitarra elettrica e voce, Roberto alla seconda elettrica, Carlo alla batteria e io al basso elettrico e voce, cosa molto apprezzata dal pubblico in quanto fummo gli unici a farlo. Tra l’altro in seguito mi accorsi che il termine “Race” era l’acronimo di Roberto, Andrea, Carlo ed Emanuele, rigorosamente in ordine d’età che all’epoca era compresa fra i 21 e i 24 anni. Concludemmo la nostra parte con il brano più famoso degli Yes, ovvero “Owner of a lonely heart” del 1983, l’unico in inglese in quanto non era facile memorizzare tutti i testi e non si usavano i ‘gobbi’ elettronici ma nemmeno cartacei. Terminata l’esibizione di tutti i gruppi, si avvicinarono vari musicisti che conoscevamo di vista per farci i complimenti ma anche normali spettatori della serata, tra cui il titolare del negozio dove lavoravo, dicendoci che la nostra performance era stata la più convincente. Tra gli altri un sassofonista jesino che ha girato il mondo, Stefano Catani detto “Doctor Sax” o semplicemente “Fefo” che avrebbe voluto improvvisare con noi qualcosa, ma l’organizzatore non poté concederci questa possibilità perché si erano superati i tempi previsti dai permessi. Rimase comunque una bella serata per noi. Ritornati nella nostra sala prove, un garage di una villetta di campagna abitata solo in alcuni periodi dell’anno, provammo alcuni brani scritti da me ed Emanuele, ma che non convinsero gli altri due elementi, cosa che fece sciogliere il gruppo, sempre più impegnati individualmente con il proprio lavoro.
Carlo Calvi e Roberto Cimarelli in foto più recenti.
Carlo trascorsa la passione per la batteria, si dedicò per diversi anni a giocare a tennis, finita anche questa passione ora gli piace molto viaggiare. Emanuele ha continuato a suonare live con me per altri cinque anni come duo chitarra-piano-bar, prima di trasferirsi nel 1995 a Milano, dove ha continuato a farlo fino a che ha potuto. Roberto ha poi usato la sua chitarra in altri gruppi fino a pochi anni fa. |