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Shuffle 05: quanta musica a novembre!
Shuffle 05: quanta musica a novembre!
di [user #65794] - pubblicato il

Tra grandi ritorni e uscite inattese, il panorama discografico si riempie di proposte da non perdere. Come di consueto, abbiamo selezionato per voi un mix di imperdibili capolavori e perle nascoste, creando una playlist imponente, tutta da scoprire. Quindi, mettetevi comodi, preparate le cuffie e uno snack a portata di mano.
Non passa un mese senza che le uscite discografiche ci sommergano. Novembre 2024 regala sorprese di ogni tipo, ed è bene farsi trovare pronti per gestire la mole di grandi nomi tornati sotto i riflettori con nuovi album. Come già fatto in passato, abbiamo provato a fare un riassunto di quelle che sono le gemme nascoste, così come gli ascolti obbligatori. Il risultato? Una playlist pachidermica. Preparate le cuffie ed una buona dose di patatine.

Laura Marling Patterns In Repeat (25 ottobre, Chrysalis / Partisan)
E sono otto per Laura Marling. Otto album nei quali l’artista britannica ha trovato il modo di scavare sempre più fondo nelle spire della quotidianità. Anche nel nuovo Patterns In Repeat c’è un forte senso di “abituale”, di “piacevolmente familiare” verrebbe da dire… Ci sono motivi tecnici a supporto di queste affermazioni, ma il principale è che l’album è stato scritto e registrato a cavallo della nascita della figlia della Marling, evenienza che ha richiesto alla cantautrice e chitarrista di realizzare tutto dal suo studio casalingo. Il risultato è un album senza alcun tipo di percussione, un album casalingo nell’accezione più pura del termine: morbido, sussurrato, ma comunque carico del disdegno per ogni avversità la vita di tutti i giorni può regalare. Sul piano prettamente sonoro Patterns In Repeat è un ascolto perfetto per iniziare la giornata con una buona tazza di caffè, soprattutto se si ha una finestra con uno sguardo sul verde alla quale affacciarsi.


The Cure Songs Of A Lost World (Capitol, 1 novembre 2024)
Avete idea di cosa voglia dire aspettare sedici ca**o di anni per ascoltare un nuovo album della vostra band preferita? Se leggete queste righe, probabilmente sì. I fan dei The Cure erano pronti ad accogliere l'uscita di Songs Of A Lost World armati di qualsiasi oggetto contundente a disposizione, e non c'è alcun modo di dar loro torto. Era il 2019 quando le prime indiscrezioni trapelavano ufficialmente, e dai giorni di quelle prime anteprime si sono susseguiti soltanto anni di estenuante procrastinazione. La pandemia, però, ha cambiato le carte in tavola, dando a Smith la spinta encessaria per rendere il nuovo album della band qualcosa di unico. Ed unico è, in fin dei conti. 
Songs Of A Lost World  assomiglia tanto a Disintegration quanto a nient'altro della discografia dei The Cure. È allo stesso tempo teatrale, timido, epico, sommesso, sognante e drammatico, ma è soprattutto un album che calca la mano su quel modo di fare musica che è ormai indissolubilmente associato alla band.
Classici prima del tempo, o forse classici senza volerlo.


Warren Haynes Million Voices Whisper (Fantasy, 1 novembre 2024)
Malgrado la sua produzione con i Gov't Mule proceda in maniera costante, sono trascorsi 10 anni dall'ultima volta che Warren Haynes ha pubblicato un album come solista. Ecco quindi che Million Voices Whisper arriva a dare l'ennesima conferma di quanto è ormai noto in ogni angolo del mondo. Warren Haynes è un'icona del mondo blues-rock, una di quelle figure cardine di tutto ciò che è legato alla tradizione musicale proveniente dal sud degli Stati Uniti.
Il quarto album solista di Haynes mescola radici profonde e modernità, con 11 tracce che esplorano temi di speranza e crescita personale, il tutto narrato grazie a quel sound così nodoso e possente che caratterizza la sua musica. La voce e la chitarra di Haynes brillano sostenute da un ensemble stellare, nel quale figurano anche Derek Trucks e John Medeski. Brani come This Life As We Know It e Real Real Love sono una testimonianza valida dei trentacinque anni spesi da Haynes per cercare di definire il suo ruolo nel mare magnum del repertorio rock. Million Voices Whisper è un’opera matura e ispirata, ideale per i fan del genere ma non solo​


Mount Eerie Night Palace  (Eleverum & Sun, 4 novembre 2024)
Nel 2003 i The Microphones vengono smantellati da Phil Elverum, mastermind della band, ed il titolo dell'album Mount Eerie viene raccolto da Elverum come nome per dare vita al suo nuovo progetto. Dal 2003, il lavoro di Elverum procede per grandi momenti di epifania, spesso generati da eventi catalizzanti. Sembra quasi che la discografia dei Mount Eerie viva di fasi la cui cadenza è scandita da momenti catartici. Nel 2016 la morte della moglie Geneviève connota quello che è l'apice dell'ermetismo espressivo di Elverum, il quale si chiude in un'introspezione artistica cruda e molto potente, abbracciando definitivamente la poesia come parte integrante della sua proposta musicale. Il nuovo Night Palace, invece, cambia nuovamente rotta, tornando ad un cantautorato indie molto più sontuoso, e lo fa con ben 26 tracce capaci di offrire momenti noise abrasivi, così come exploit di narrazione sonora dall'emotività acustica leggera e pacata.


Spyro Gyra Jubilee (Amherst, 8 novembre 2024)
Cinquant'anni di musica, Jubilee celebra l'eredità degli Spyro Gyra nella maniera che più si addice alla band, ovvero con un album che non fa altro che ricordare il perché il gruppo sia ancora oggi una delle più fervide entità del mondo fusion. 50/50, brano inedito che fa da cuore all'album, strizza chiaramente l'occhio a quella 20/20 che diede il titolo all'album del 1997, mentre il resto della tracklist è composta di grandi classici, pilastri dello smooth jazz, tracce capaci di connettere fan di lunga data e nuovi ascoltatori in concerti che ancora oggi riscuotono sold-out in tutto il mondo. 


Sólstafir Hin Helga Kvöl (Century Media, 8 novembre 2024)
Per molti il post-metal è nato proprio con i Sólstafir, ed il loro ritorno con il nuovo Hin Helga Kvöl cattura alla perfezione la malinconia sonora della band, continuando a scavare nelle più recondite profondità emotive dell'esistenza. In una sceneggiatura sonora dove lunghe sessioni di blast beat supportano suoni di chitarra mai sufficientemente tersi, i Sólstafir proseguono nella definizione di quel mondo uditivo che non potrebbe scaturire in nessun altro paese del mondo se non in Islanda. Proprio come la luce del sole trapassa le nuvole scure al crepuscolo, Hin Helga Kvöl cerca di illuminare i sentieri che percorriamo attraverso le difficoltà della vita, ma non senza una buona dose di screaming.


Wilson Arms Heroes And Hangmen (Gogogoatus, 8 novembre 2024)
Ben Wilson e Rob Avsharian possono rivelarsi una gran bella sorpresa per tutti coloro che amano l'idea di un sound blues moderno, filtrato attraverso la lente d'ingrandimento di quella retromania che da anni ha preso il ruolo di faro guida nella produzione musicale. Heroes And Hangmen è un continuo rimando al groove funk e blues dei grandi classici, eppure Wilson e Avsharian riescono a creare qualcosa di assolutamente fresco e frizzante. Fra synth che strizzano l'occhio ai migliori anni '80, e suoni di chitarra presi direttamente dai '70, Heroes And Hangmen trova il modo di legare il tutto con una produzione moderna, definita e brillante, che è senza dubbio la carta vincente dell'album. Pensare che brani "eltoniani" come Laughing At The Dark Let's Talk possano coesistere con il rock anthemico di Bleeding Heart, o con il blues synthetico di Lemmings, è semplicemente stupendo. Una vera gemma.

 

Caleb Klauder & Reeb Willms Gold In Your Pocket (Free Dirt, 15 novembre 2024)
Per chiunque voglia fare un viaggio negli Appalachi, portando con sé un po' di Tennessee e Kentucky, Caleb Klauder e Reeb Willms danno vita ad un racconto che mescola bluegrass, country classico, Cajun, e racconti che elevano la quotidianità ai piani più alti della narrazione epica. Joel Savoy e Chris Scruggs danno il loro contributo ad un album che vive nella spiccata sensibilità emotiva dei due interpreti, i quali - senza compiere alcun volo pindarico - riescono a riportare l'attenzione a quell'espressività musicale basilare, eppure estremamente efficace, che è alla base di qualsiasi grande capolavoro della tradizione country.
  

Linkin Park From Zero (Warner, 15 novembre 2024)
Inutile nascondersi dietro a un dito: se i vostri Linkin Park preferiti sono quelli di Hybryd TheoryMeteora, allora sapete molto bene che non è stata la scomparsa di Chester Bennington a privarci di quella band che ha messo a soqquadro il mondo metal all'inizio dei 2000. Da molti anni, ben prima della morte del loro frontman, i Linkin Park avevano cambiato strada, non sempre prendendo la migliore a disposizione...
Pertanto perché non provare a dare una chance alla nuova versione della band con Emily Armstrong alla voce? Potreste rimanere sorpresi dal sapere che in From Zero si trovano alcune delle tracce più radicate nel sound dei Linkin Park da molto tempo a questa parte. Provare Heavy Is The  Crown per credere.
Se superare l'assenza di Bennington è qualcosa di impossibile, allora non sprecate il vostro tempo: questo album non fa per voi.
Sappiate che potreste perdervi qualcosa di piacevole.


Kasey Chambers Backbone (Essence Group, 15 novembre 2024)
Quindici tracce corpose senza filtri, e senza porsi barriere, sono quello che serve alla cantautrice australiana Kasey Chambers per tornare sulle scene e dimostrare, senza troppi sforzi, il perché sia una delle voce più intriganti dell'odierna scena country. La voce della Chambers è inconfondibile, e lo è anche il suo spirito. Pluripremiata in patria e con molti anni di carriera alle spalle, sfortunatamente ancora non abbastanza nota nel nostro paese. Backbone è una buona scusa per approfondire quel piglio graffiante che caratterizza la musica della Chambers, la quale ha recentemente pubblicato un libro il cui titolo racchiude molto bene la filosofia della sua musica e della sua arte: Non essere una testa di cazzo e altre profonde cose che ho imparato. Impossibile non amarla. 


Father John Misty Mahashmashana (SubPop, 21 novembre 2024)
Josh Tillman sta sul ca**o un po' a tutti, anche a chi lo adora. La superbia e la saccenza di mister Misty - all'anagrafe Joshua Michael Tillman, divenuto Father John Misty dopo l'uscita dai Fleet Foxes - sono spesso fonte di grandi mali, ma alle volte sanno anche trasformarsi in una condizione necessaria e inevitabile per dare vita ad opere che possano valicare la mondanità e la quotidianità. Il santone preferito dagli ormai-non-più-hipster torna con Mahashmashana, titolo preso dalla parola sanscrita che in italiano potrebbe essere tradotta come "immenso crematorio". Non ci poteva essere singolo di presentazione migliore di I Guess Time Makes Fools Of Us All, perché proprio Tillman, che di predicazione e "sermonaggio" tiene masterclass che si rinnovano su base quotidiana, sa bene che il tempo è l'unico giudice a cui fare fede. Proprio il tempo ha aiutato a comprendere che nell'opera di Father John Misty, dietro a quella coltre imperturbabile di supercazzole accompagnate da produzioni sublimi, si nascondono composizioni dalla cifra artistica impareggiabile. Screamland vale il prezzo dell'album. Abbiate fede in Father John Misty, ascoltate il pastore, perché Mahashmashana potrebbe essere il suo miglior album... finora. (cit. Homer Simpson)


Zach Bryan The Great American Bar Scene (Warner, 22 novembre 2024)
Il tipo di fama che caratterizza star della scena country statunitense come Zach Bryan è pari soltanto a quello dei nomi più importanti del music business. Da questa parte dell'oceano è difficile comprendere l'entità, ed il raggio di influenza,delle celebrità di Nashville. Se servisse fare un esempio pratico, Zach Bryan servirebbe perfettamente allo scopo.
Bruce Springsteen, John Mayer e John Moreland sono gli ospiti di The Great American Bar Scene, nuovo - e quinto - album in studio del fenomeno di Okinawa che, a soli 28 anni, ha già scalato le montagne più alte. A chiunque lo avesse etichettato come l'ennesimo countryman da classifica, Zach Bryan riserve diverse sorprese. La tracklist di The Great American Bar Scene è composta da ben 18 brani e 1 poema recitato. Come previsto dalla ricetta country originale, la vita viene esplorata nella sua ineluttabile capacità di spezzare anche il cuore più impavido, ma al suo quinto giro di boa Bryan mette in campo un sound sempre più ricco di sfumature. Un sound in grado di trascendere l'essenza sonora country senza rompere i ponti con la tradizione. Per tutti gli amanti del Boss, la citazione ritmica e sonora di I'm On Fire contenuta in Sandpaper vale almeno 90 minuti di applausi.


Michael Kiwanuka Small Changes (Geffen, 22 novembre 2024)
Nel 2024 un chitarrista non può non conoscere Michael Kiwanuka. Che imbracci un'elettrica, oppure che si tratti di un'acustica, l'artista britannico è sempre in grado di dare vita a delle trame a dir poco affascinanti senza alcuno sforzo virutosistico. Small Changes non solo sfoggia una produzione curata da Danger Mouse, ma vede anche la collaborazione dell'uomo del groove: Pino Palladino. Quello di Kiwanuka è un soul moderno, dai toni morbidi e avvolgenti, carico di quel pathos che il cantante londinese riesce a garantire con precisione chirurgica. In Small Changes nessuna traccia prende il volo su ritmi intensi, tutto si mantiene in un limbo di midtempo conturbanti. 


Tashi Dorji We Will Be Wherever the Fires Are Lit (Drag City, 22 novembre 2024)
Sperimentale nel senso più crudo del termine, We Will Be Wherever the Fires Are Lit è un album straniante. Prendetelo come un complimento, perché con il suo nuovo album di inediti Tashi Dorji è capace di separare la mente dalla realtà. Il processo che si concretizza nelle tracce è una profonda estirpazione delle qualità fondamentali della chitarra acustica, così da trasportarla su un piano comunicativo che non ha nulla a che vedere con quanto di più comune si possa conoscere. Dieci brani sturmentali, dieci improvvisazioni che fanno dell'uso dell'ambiente, e della lotta con le corde, un atto artistico pari ad un taglio sulla tela di Fontana. Difficile racchiudere in poche righe tutto ciò che emerge da We Will Be Wherever the Fires Are Lit, ma l'urgenza emotiva che si propaga dal nuovo lavoro di Tashi Dorji è tale da non poter essere ignorata.


Lifted Trellis (Peak Oil, 22 novembre 2024)
Se provaste a sommare uno spirito noise a slanci di improvvisazione con background jazz, legando il tutto in una trama post-rock, non riuscireste comunque a fare giustizia alla proposta firmata Lifted. Trellis è un album che osa molto, riunendo materiale ambient lo-fi, come quello di Open Door e Specials, all' introspezione esplorativa di brani come Pasters The Latecomer. La più recente produzione a nome Lifted è di quelle che accompagnano giornate uggiose, cariche di pensieri da separare come se si volesse sistemare una matassa abbandonata da troppo tempo al suo destino.  

Kendrick Lamar GNX (Interscope, 22 novembre 2024)
Un fulmine a ciel sereno, Kendrick Lamar lascia che GNX esploda sfruttando un fattore sorpresa che in pochi riescono a vantare nell'odierna era della preview e del pre-save. Il rapper di Compton esibisce una di quelle produzioni che profumano di artistocrazia. Con una Buick Grand National Regal GNX a dare il titolo all'album - e a fare da sfondo all'artwork -. Kendrick Lamar riesce a comporre un puzzle sonoro molto variegato, difficile da inquadrare nel'affollato calderone del rap (ascoltare peekaboo e man at the garden per credere). GNX profuma di West Coast, è tanto vendicativo quanto evocativo, e Lamar sembra essere al comando di ogni minima sfumatura possa scaturire dagli elementi comunicativi in suo possesso. Se mai le parole "poesia di strada" abbiano cercato di trovare una concretizzazione in ambito rap, album come GNX riescono a dare uno spaccato molto stratificato di quale potrebbe essere la loro reale applicazione. Per chiunque possa ancora volersi distanziare da una proposta rap, ascoltare il nuovo lavoro di Kendrick Lamar può aiutare a trovare spunti sonori, e ritmici, applicabili ad una vasta sfera di ambiti musicali.


 
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