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Come sviluppare il senso del ritmo
di [user #29446] - pubblicato il

Mi è capitato spesso di avere a che fare con allievi dal senso ritmico piuttosto vago. Da bravo maestro, il mio primo suggerimento era di fare gli esercizi col metronomo, ma in realtà non funzionava quasi mai. Essendo la situazione particolarmente delicata (diciamo così), infatti succedeva semplicemente che il metronomo andava da una parte e l’allievo, con l’esercizio, andava da tutt’altra parte. Proprio quando stavo per arrendermi, però, mi sforzai di cercare una via più profonda. Non volevo arrendermi, nonostante la situazione fosse davvero difficile.
 

Riflettendo su cosa sia, per l’essere umano, il senso del tempo trovai delle risposte soddisfacenti: per l’essere umano il senso del tempo serve a coordinare, per esempio, i passi di una corsa, serve ad ascoltare e comprendere il nostro cuore, non romanticamente inteso, serve proprio a farci accorgere di quando siamo stanchi, se il cuore batte troppo veloce, e quindi a farci capire che è il caso di fermarsi a riposare.
Serve a farci palleggiare con un pallone (sia in senso calcistico, sia in senso cestistico, sia in qualunque altro senso).
La logica conseguente deduzione (quella che già dall’inizio cercavo) fu che tutti siamo dotati di senso del tempo.
La sfida allora è cambiata: si tratta di capire che fine abbia fatto, o meglio, si tratta di capire come renderlo utilizzabile nel nostro campo.

L’analisi del lavoro da svolgere da parte dell’allievo era la seguente:
1 ascoltare il metronomo
2 decodificarne la velocità ovvero la ciclicità
3 muoversi (suonando) a tempo.

Fatta quest’analisi, ho provato a risalire alle cause del fuori tempo, come si fa con il segnale della chitarra quando non va: seguendo il percorso.

Al punto tre, ho verificato che la coordinazione necessaria era a disposizione dell’allievo, in tutti i casi: infatti senza metronomo erano tutti perfettamente in grado di suonare con una decente regolarità ritmica.
Al punto due ho risposto sopra: se sai correre sai decodificare e riprodurre un tempo, ma per un’ulteriore verifica chiesi all’allievo di battere le mani a tempo mentre suonavo. Niente: andava fuori tempo.
Dedussi che fra i punti uno e due c’è un filtro: le sovrastrutture. Io chiamo così l’insieme delle norme, reali o desunte, di comportamento, di pudicizia, di vergogna in sintesi, tutto ciò che ci inibisce e ci rende meno spontanei.

Cercai allora, con qualche chiacchera, di mettere l’allievo a suo agio, cercando di creare fra noi due una maggior complicità. Riprovammo, ma ancora niente.

Il nodo allora era al punto uno il metronomo fa click. "Ma tu lo senti?” gli chiesi, e ovviamente rispose "sì" convinto. Ma qui lo sappiamo tutti: c’è una grande differenza fra sentire e ascoltare. E allora mi inventai il gioco del silenzio: posammo le chitarre e, in una stanza silenziosa (così sembrava) ci mettemmo ad ascoltare. Le macchine in lontananza della via Cassia, la ventola del computer, il click regolare dell’orologino, la ronza del neon.
A questo punto gli chiesi di ascoltare il metronomo e suonare a tempo: divideva in due ogni click con la precisione di un cecchino (o come la freccia di Guglielmo Tell).

Ovviamente dopo quest’esperienza, durata alcune settimane, forse mesi, con diversi allievi, e qui ovviamente riassunta, riprovai analoga soluzione ad analoghi casi sempre con risultati positivi. Ormai più di un allievo alla primissima lezione, dopo dieci minuti dall’inizio della lezione, suona a tempo. Non perché molto più bravo di quell’altro, ma perché io vado dritto al punto, stavolta.

In effetti l’essere umano desume l’80% delle informazioni sul mondo esterno tramite la vista, e forse il dato è vecchio di qualche decennio, quindi ormai sicuramente aumentato.
Il punto, quindi, è riuscire ad ascoltare bene, con attenzione e con concentrazione il metronomo. Per far questo è, spesso, necessario prima aumentare l'attenzione, in generale, verso i segnali provenienti dall'orecchio.
Un altro giochino che faccio spesso, infatti, è quello di riconoscere i rumori a occhi chiusi: dico all'allievo di chiudere gli occhi e di dirmi come ho prodotto alcuni rumori. Mi strofino le mani, gratto la cucitura dei jeans, la penna sul leggìo, il plettro sul foglio, ecc.

Dobbiamo ricominciare ad ascoltare i suoni, a usare l’orecchio, non solo per spararci dentro le cuffiette del lettore MP3 al massimo volume. Al contrario, lo dobbiamo sensibilizzare. Come pretendiamo altrimenti di poter produrre musica?

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