Il Fender Frontman 210 è un amplificatore solid-state da 65 watt in due coni Fender Special Design da dieci pollici. Ha due canali (Lead e Clean) selezionabili tramite footswitch (non fornito) o tramite un tasto dal chiaro comando. I due ingressi sono separati per chitarre ad alto e basso output e i classici connettori send/return sono frontali.
Il canale clean possiede i controlli Volume, Treble e Bass, mentre il canale lead è dotato di cinque parametri, ossia Volume, Drive, Treble, Mid e Bass. Oltre a questi è presente il tasto Mid Contour per tagliare le frequenze medie. Un ulteriore controllo per il riverbero a molla è posto alla fine della plancia, è in comune tra i due canali e non disattivabile tramite footswitch. Il controllo on/off è sul retro, assieme alla scatola fusibile e all'attacco del cavo di alimentazione (a mio parere troppo corto).
Le finiture sono realizzate bene e le manopole non hanno alcun tipo di gioco. Il rivestimento è ben attaccato in quasi tutti i punti (presenti solo piccoli nei all'interno del vano coni). Gli angoli sono ben salvaguardati dalle protezioni metalliche. I cavi interni sono legati al perimetro del vano con dei sistemi a fascetta e la maniglia si impugna bene, anche se sarebbe stata migliore se fosse stata più grande visto l'ingombro dell'ampli.
Una volta osservato, mi decido a provarlo e lo attacco alla corrente. Per il test ho usato una Squier Stratocaster Standard, una Cort X-TH e una Ibanez RG550. Ho dunque tutte le configurazioni di pickup più comuni: una SSS, una HH e una HSH.
Inizio il test con la Squier che, tra le tre, sembra la più affine all'amplificatore in termini di timbro e resa sonora. Non mi sbaglio: il suono è chiaro e cristallino, caldo e avvolgente, un clean tipico Fender transistor. I controlli sono estremamente sensibili e trovare il proprio sound è abbastanza semplice.Va detto che i controlli, superata la metà corsa, tendono a estremizzare il suono ed è dunque consigliabile non andare oltre.
Il controllo del volume è orrido: tra 1 e 2 c'è una botta incredibile di volume e solo dopo il 2 l'ampli rivela la sua naturale propensione a un suono poco medioso ma ricco di bassi mai troppo prepotenti. Il riverbero è molto efficace e godibile sino a 7-8.
Con la Ibanez il suono si appiattisce: gli acuti dell'humbucker al ponte suonano secchi e mentre il pickup al manico (ed è una costante di questo ampli) dà vita a un suono basso e potente.
La resa con la Cort, poi, merita un discorso a parte: questa chitarra monta una coppia di EMG attivi, precisamente 81 e 85. Usando l'ingresso Low, l'ampli restituisce un volume simile a quello della Ibanez. L'ingresso High, usato per le altre due, è quasi ingestibile: una marea di bassi e di volume con una sensibilità e una chiarezza incredibili. Sarà anche merito delle chitarre ma, in generale, il pulito tende ad avere bassi potenti e definiti con acuti un po' "sottomessi" e medi prossimi allo zero. Anche ad alti volumi, sino a 6-7, il suono rimane definito e chiaro. Solo il riverbero aggiunge fruscio a un ampli che, senza lo spring, risulta eccezionalmente silenzioso. Almeno per il Clean.
Nel Lead, ecco che ci si addentra in un'equalizzazione più ampia e particolareggiata, caratterizzata dalla manopola del Mid e dal bottone Mid Contour che serve a tagliare le frequenze in modo tale da offrire uno spettro scooped, particolarmente incisivo in ambito metal.
I controlli sono meno precisi rispetto al canale clean, eccezion fatta per il drive: ogni millimetro di corsa genera un suono sincero e poco pretenzioso, abbastanza caldo fino a 3-4 per poi spegnersi di ogni "calore" e concentrarsi sulla distorsione dura e pura.
Il controllo del volume non ha lo "scalino" presente nel canale Clean e, in generale, il suono aumenta la sua cupezza. Per intenderci, siamo più in impronta Black Sabbath che in ambito Led Zeppelin. La Squier, pur con il suo single coil, non riesce a esprimere il classico suono Stratocaster mentre la Ibanez e ancor più la Cort ruggiscono con voce grave a ogni plettrata. Fino a 5 di gain il suono rimane abbastanza vintage come stampo e da lì non ci si schioda, in tutti i pickup.
Quando si prova il Mid Contour, il terreno si sposta sul metal ed è evidente. Tuttavia il suono, che acquista (finalmente) acuti, sembra paradossalmente spegnersi: i bassi non aumentano e la dinamica arriva a zero,rendendo il tutto incredibilmente piatto e freddo. Il controllo treble non toglie quella zanzarosità che si nota a ogni livello di gain.
Collegati al send return, ho provato il TC Electronics Corona Chorus, il ProCo Rat, il Metal Muff, il Marshall JackHammer, il Memory Boy, il Big Muff. Cosa accomuna questi pedali? Tutti quanti non suonano bene e si discostano fortemente dal timbro che otterrebbero se collegati a qualsiasi altro amplificatore. Solo il Metal Muff mantiene un po' del suo carattere ma, per il resto, ogni pedale provato vede il proprio effetto cambiare radicalmente in peggio. La storia è la stessa anche inserendo gli effetti direttamente tra la chitarra e l'ingresso dell'amplificatore.
Premetto di averlo pagato 250 euro nuovo e di averlo posseduto per un paio di anni. In sintesi è un amplificatore onesto fino a che ci si mantiene sul genere pop/rock o sul rock leggero e offre volumi adatti anche a contesti live molto piccoli o in sala. Tuttavia, nonostante tutto, emerge dal mix generale solo con una buona Stratoide e nessun pedale potrà mai cambiare tutto ciò. Il canale clean è molto soddisfacente e in questo ambito il Fender, restando nell'ambito di amplificatori a transistor privi di effetti a bordo, dà la paga ai vari Marshall, Randall, Laney. A mio parere, per questa fascia di prezzo, può inchinarsi solo al Peavey Bandit 112.