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La archtop italiana di Franco Cerri
La archtop italiana di Franco Cerri
di [user #17844] - pubblicato il

Tra le icone prìncipi della chitarra jazz in Italia, da qualche tempo Franco Cerri imbraccia una nuova archtop al posto della sua storica L5. A costruirla è stato il liutaio Mirko Borghino. L'abbiamo vista da vicino e abbiamo deciso di parlarne con l'autore, discutendo di legni, cultura, storia.
Tra le icone prìncipi della chitarra jazz in Italia, da qualche tempo Franco Cerri imbraccia una nuova archtop al posto della sua storica L5. A costruirla è stato il liutaio Mirko Borghino. L'abbiamo vista da vicino e abbiamo deciso di parlarne con l'autore, discutendo di legni, cultura, storia.

Alcuni giorni fa, Franco Cerri è stato a Napoli per alcune date e una clinic. C'è stato modo di incontrarlo per una rapida chiacchierata prima della sua serata in qualità di special guest al fianco di Nicola Mingo.
Nicola è impegnato in diversi live per presentare il suo album Swinging. Di Franco, invece, il pubblico ha potuto notare una chitarra diversa dalla sua solita L5. Cerri ha poi raccontato ai microfoni di Accordo che si tratta di uno strumento di liuteria, appeno nata dalle mani di Mirko Borghino dopo circa due anni di lavoro.

La chitarra costruita da Mirko ha il fondo in un pezzo unico di acero marezzato e occhiolinato. Lo stesso legno è stato impiegato anche per le fasce, mentre la tavola armonica è un abete della Val di Fiemme maschiato. Ancora dell'acero marezzato è stato utilizzato per rifinire i bordi della tastiera, la cassa, le buche a effe e i contorni della paletta.
Il manico è in tre pezzi di acero intervallati da un filetto di palissandro. Dell'ebano Makassar maschiato è stato usato per tastiera, mascherina del pickup I-Spira Replica Vintage, coperchio del trussrod e su fronte e retro della paletta. Questa è adornata da un set di meccaniche Schaller M6 Vintage dorate con Crank Button per velocizzare il processo di avvolgimento delle corde.
Sulla paletta è presente la firma di Mirko, mentre un autografo di Franco Cerri è intarsiato all'altezza del 12esimo tasto.

La archtop italiana di Franco Cerri

La chitarra che hai fatto per Franco è nata per affiancare la sua L5, ma non è una copia. Sebbene ci si avvicini, si possono notare diverse particolarità. Me le descrivi?
Innanzitutto vorrei precisare che non si tratta di una copia della L5 in quanto è uno strumento completamente differente (mi riferisco ovviamente alla sua).
Questo strumento voleva essere un buona alternativa alla sua L5 ove si rendeva necessario un sound più adatto a certi brani.
Si tratta di uno strumento con una timbrica decisamente più acustica grazie alla quale può coprire una gamma di sonorità decisamente più ampia.
È dotata di un solo pickup splittabile, di un incatenatura a X al posto di quella parallela e di una scalatura leggermente più corta per venire incontro all’esigenza di Franco di avere uno strumento più morbido al tatto.
Il tipo di tasto più basso e ampio rende i glissati meno traumatici dando allo strumento una fluidità estrema.
Il battipenna è stato tolto come da sua tradizione.
Non saprei enunciare altre sostanziali differenze se non nel gusto estetico rispetto a una tradizionale L5 a pick up singolo in quanto non sono partito da quello strumento per arrivare al mio ma da un foglio bianco.
Lo strumento è stato inoltre dotato di copri effe atti a ridurre i problemi di feedback, qualora se ne presentassero.

La archtop italiana di Franco Cerri

Domanda secca: perché Franco Cerri?
Conosco Franco da 16 anni ed è una delle persone che stimo di più in assoluto.
Perché Franco Cerri? Perché se lo merita!

So che stai girando gli USA facendo visita a diversi templi della liuteria. C'è chi dice che lì acustiche e archtop abbiano come una marcia in più, perché sono strumenti che appartengono alla loro cultura. Cosa cambia in effetti tra l'approccio di un liutaio italiano e quello di uno statunitense?
Non credo che in Italia abbiamo nulla da invidiare alla produzione americana, quello che cambia è proprio la prospettiva delle cose.
In senso generale hanno un entusiasmo quasi fanciullesco in tutto quello che fanno e questo lo si denota anche nel nostro settore. Giocano nel costruire e giocano nel suonare e collezionare.
Anche qui hanno uno stretto legame con la loro tradizione ma sono pronti a provare e cercare qualcosa di nuovo senza alcun timore.
Non credo che qui mi sentirei mai porre la classica domanda: "si bella! ma se poi la voglio vendere?".
Ho incontrato un musicista e collezionista che possedeva centinaia di strumenti tra acustiche, jazz e solo due di esse erano munite di pickup tra cui una delle prime Gibson 175 Charlie Christian prodotte.
Sconvolgente! In Italia se non abbiamo un buco dove infilare un jack non siamo contenti.
Devo dire che nel periodo trascorso negli Stati Uniti mi sono proprio sentito a mio agio, nella terra del "why not" ho percepito la sensazione che se lavori bene verrai sempre e comunque apprezzato.
Ho trovato un'incredibile disponibilità nel voler condividere le informazioni rendendo più rapida e sicura la crescita di tutti.
Nonostante questo, anche qui ho riscontrato una lieve flessione del mercato.
Alcuni importantissimi festival e manifestazioni stanno chiudendo e altre stanno selezionando maggiormente i partecipanti, alcuni lamentano poca affluenza nelle piccole fiere, ma nonostante tutto riescono bene o male tutti a trovare una fetta di mercato in un paese dove la quantità di musica dal vivo è veramente elevata.
Sono reduce da una settimana al SXSW di Austin, una manifestazione che in Italia probabilmente sarebbe illegale: troppa musica... troppo divertimento.

La archtop italiana di Franco Cerri

Negli USA sarà anche nata la chitarra archtop, ma l'Europa vanta una tradizione secolare nella costruzione di strumenti classici a cassa bombata. I legni nostrani hanno qualcosa da invidiare agli standard usati dalla liuteria newyorkese?
L’America è a dir poco gigante con una varietà di zone climatiche estreme, da zone densamente popolate a chilometri di pura natura. Qui si possono trovare svariate qualità di legno autoctono e non. Mi è capitato di trovare un asse di bellissimo acero marezzato in un "brico" di quartiere, così come legni esotici e impiallacciature di ogni specie.
La qualità del legno qui è elevata anche se l’acero europeo e l’abete italiano sono molto anelati.
Una cosa che ho notato però è la continua ricerca di ottenere un qualcosa con il minore sforzo possibile con il conseguente utilizzo massiccio di macchinari.
Forse la marcia in più che potremmo avere in Italia è ancora la voglia di fare qualcosa a mano, liberando la naturale ed istintiva passione per una cosa unica.

Come sarà il futuro della chitarra archtop?
Non so cosa riserverà il futuro alla chitarra archtop, sono però certo che abbia delle potenzialità che ancora devono essere scoperte e l’ultima archtop con corde di nylon di Francesco Buzzurro ne è una forte testimonianza.

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