Tokyo risulta, a mio parere, avere tutto il fascino delle città americane, un fascino già estraneo alla nostra idea urbanistica, senza però tutta una serie di problematiche, come per esempio la sicurezza personale e la pulizia, in realtà caratteristiche queste di tutto il territorio Giappone.
Mi son trovato più volte io stesso a camminare in piena notte nei più disparati quartieri con la chitarra a tracolla senza minimamente andar incontro a nessun tipo di problema ma soprattutto avere sentore di pericolo: una sensazione di tranquillità, questa, alla quale ci si abitua in fretta, e dopo che ci si passano dei periodi relativamente lunghi è poi difficile riabituarsi al mondo "reale".
Lontano dai neon e dalla calca dei più noti e centrali quartieri di Tokyo, in un caffè dell' intimo quartiere di Shimokitazawa, incontriamo il simpaticissimo Yuya Maeta, batterista inserito ormai da anni in maniera egregia nell' ampio panorama dei professionisti del settore: infatti Yuya, grande fan di Josh Freese (A Perfect Circle, NIN) ha fatto parte per vari anni del Blue Man Group, collaborato con Marty Friedman ed ultimamente è sulla cresta dell' onda essendo sostituto d'eccezione al mirabolante Aoyama-san nell' organico delle tanto discusse -ma indiscutibilmente sorprendenti- Babymetal.
E' questa la prima testimonianza diretta che vi propongo sulla dinamica bizzarra della cultura musicale Giapponese: nelle sue stringata ed essenziali risposte, Yuya ci da una curiosa quanto logica chiave di lettura culturale esaustiva.
Yuya-san, raccontaci la vita di un batterista professionista qui a Tokyo. Prima di tutto, per lavorare nella musica in Giappone la scelta è solo Tokyo, giusto?
Assolutamente. Io vengo da Tottori, città costiera del Sud-Ovest, ma ormai già da vari anni vivo a Tokyo anche se per me sarebbe stato molto più comodo e vicino trasferirmi ad Osaka: ma Tokyo è sicuramente esponenzialmente molto più propositiva di qualsiasi altra metropoli nostrana, praticamente l'unica vera realtà musicale.
Come batterista devo essere versatile suonando gigs di rock vario ma anche jazz e qualche latino ed insegnando a Kichijoji (stupendo quartiere nord di Tokyo, nda).
In più, in tutti i vari studi per le prove,c'è di solito l'area per registrarsi, con Protools e microfoni piazzati e pronti, dandomi la possibilità di registrare per vari artisti su commissione.
Ormai sei un nome in questa realtà. Come sei arrivato fino a questo punto?
Sai, io sono un batterista autodidatta, potremmo dire specializzato in "very fast heavy metal", amante del doppio pedale, e qui mi son fatto le ossa suonando in giro e cercando di acchiappare audizioni.
Pensare che ora sono endorser Sonor, quest'anno anche di Sabian… ed ero più veloce quando avevo 20 anni! (risate)
Per me è d' obbligo chiederti qualche curiosità sulle . Son stato invitato a vedere una loro sessione di prove e non c'è dubbio che la Kami Band sia incredibile e che la perfezione esecutiva sia una priorità: di contro ho respirato un' aria molto amichevole e rilassata, me lo confermi? In più suonate in cuffia ma so che non vi viene mandato solo il metronomo...
Si, decisamente atmosfera "very happy".
In cuffia abbiamo il metronomo più i count-in in Inglese per i vari cambi di sezione del brano, playlist etc.
In più, nel mio caso, mi faccio mettere per quel che riguarda la batteria, un po' kick, dato si perde negli ascolti sul palco.
Come imparate il repertorio? Fate molte prove?
Beh considera che non ci vengono dati spartiti ma giusto degli mp3 dai quali impararci le parti: e di solito scopro che chi ha arrangiato le parti di batteria midi su Protools si è ancora una volta divertito a farti suonare parti che un batterista non scriverebbe mai… tipo: "ah guarda, c'è un sedicesimo libero in questo movimento, perchè non ci infiliamo un colpo di timpano!" (risate)
In più facciamo sessioni di prove da 4-6 ore, di solito provando tutto il concerto con fonici di palco e FOH: magari facciamo 3 filati del concerto, 2 in strumentale ed uno con le ragazze. Si registra tutto e poi il management fa degli ascolti dandoci dei feedback.
Fortunatamente non proviamo con il make up di scena, che odio, soprattutto con i capelli che si attaccano al fondo tinta bianco! (risate)
Domandona: in Giappone è assai frequente trovare commistioni di vari generi musicali, anche i più disparati, in un solo progetto o addirittura in un solo brano.
Dal "canonico" punto di vista occidentale questo sarebbe teoricamente impossibile e nella cultura musicale viene vista come una cosa che stride.
Secondo te perchè qui questa separazione di generi non si pone ma anzi c'è totale libertà ai mix più "bizzarri"?
Per noi questo è normale e ti dico qual è la mia opinione a riguardo: se tu ascolti per esempio black metal, che so, Deicide, a parte l' aspetto strumentale, tu sai che i testi parlano di tematiche tipo satanismo, l' Anticristo o cose di questo genere.
Un giapponese l' ascolta e sente solo che gli piace la musica, non ne capisce il testo! Oggigiorno, ovviamente, questa barriera linguistica è meno netta ma per decenni non c'è stata la possibilità o la volontà di tradurre testi che non fossero giapponesi. Per cui ci piace questo elemento musicale di questo genere, quell' altro di quest' altro genere, ed ecco qui un brano!
Mettici in più la forte tradizione degli Anime (cartoni animati), con i loro contenuti musicali fiabeschi ed estremamente pop, ed il resto è fatto!