di redazione [user #116] - pubblicato il 19 novembre 2018 ore 15:00
In occasione della Milano Music Week 2018, Starbucks e ACCORDO.IT daranno vita a un evento unico, per trasmettere il piacere di fare musica con una chitarra. Da domani, per tre giorni, nella Starbucks Reserve Roastery di piazza Cordusio a Milano, due busker suoneranno e inviteranno chi lo desidera a imbracciare per la prima volta una chitarra, oppure - per chi già la suona - a unirsi a loro per una jam. Incontriamo Claudio Niniano uno dei due Busker.
Nelle tre giornate dedicate a questo appuntamento musicale, due busker presenteranno un repertorio suggestivo, studiato ad hoc per la cornice di Starbucks: un viaggio ideale che parte da Seattle - città natale di Starbucks e culla del Seattle sound - per arrivare a Milano. Tra le corde dei due musicisti scivoleranno i blues di Jimi Hendrix, le ballate più intense del Grunge e tanti classici della musica d’autore italiana. Sempre cercando di ricordare, per divertirsi, tutte le canzoni che nominano e celebrano il rituale del caffè.
A quanti proveranno a suonare verrà regalato un plettro esclusivo, prodotto in edizione limitata, firmato da Accordo e Starbucks. Le esibizioni e gli incontri con i busker si terranno martedì 20, mercoledì 21 e giovedi 22 in due fasce orarie: dalle 12:00 alle 14:00 e dalle 17:00 alle 19:00.
L'appuntamentofa con i Busker da Starbucks fa parte degli eventi di Accordo realizzati all'interno e in collaborazione con la Milano Music Week.
Alla vigilia del primo appuntamento incontriamo Claudio Niniano, uno dei due musicisti protagonisto di questa iniziativa.
Claudio è un cantautore e musicista milanese che trova buona parte delle sue radici nel folk e blues americano. Il suo lavoro accoglie sviluppi armonici non convenzionali, accordature aperte, utilizzo di capotasti parziali, influenze swing, jazz, pop. Il risultato è una musica da viaggio: un genere acustico sperimentale, malinconico e vitale, dove ogni brano è un punto di partenza e non un punto di arrivo.
Cosa stai facendo con la chitarra in questo periodo?
E’ un periodo nel quale mi sento motivato a studiare...
Cosa studi?
Sono tornato sul Jazz. Cose che magari avevo affrontato in passato ma che adesso ho voglia di esplorare, approfondire: scale, arpeggi e triadi, modi... Elementi funzionali ad affinare la mia capacità improvvisativa…
Studi sugli standard?
Sì, ma non solo: posso esercitarmi e studiare anche su semplici progressioni o passando in rassegna diversi tipo di arpeggio.
Gli standard sono importanti per la lettura. Io avevo iniziato a suonare studiando violino. E avevo sviluppato una certa abilità di lettura che poi non ho coltivato. Leggere gli standard mi aiuta a riprendere in mano questa abilità.
Ascolti molto jazz?
Abbastanza. Del resto un musicista deve essere prima di tutto un ascoltatore. Perchè fondamentalmente tutti vogliamo suonare ciò che ci piace ascoltare. Capire un genere, ascoltarlo è la maniera migliore per suonarlo in maniera convincente. Ascoltare ti sprona anche alla ricerca. Io ascolto anche molte cose che mi piacciono ma delle quali, magari, fatico a codificare cosa c’è dietro a livello tecnico, di scrittura, teorico... E questo è un incentivo allo studio, alla ricerca.
Studi e ti eserciti con l’acustica?
Sia con l’acustica che con la semiacustica. Mi piace tenere le mani abituate a ogni tipologia di chitarra. Anche se magari studiare jazz mi invoglierebbe a preferire la semiacustica ho l’esigenza di tenere sempre allenata l’acustica. Altrimenti rischio di perdere i calli…
Da Starbucks suonerai dei brani che omaggiano la tradizione musicale di Seattle.
Sì, ho arrangiato in acustico dei brani di Jimi Hendrix, dei Pearl Jam ed Eddie Veder…
Ti piacciono molto i Pearl Jam…
Si. Il primo disco dei Pearl Jam è stratosferico: un capolavoro con pezzi incredibili come "Alive", "Jeremy". Però devo dire che ho fatto un percorso inverso e sono arrivato ai Pear Jam attraverso la scoperta di Eddie Veder al quale mi sono appassionato e avvicinato prima come solista. La colonna sonora di “Into The Wild” per me è un capolavoro, un riferimento.
Non eri molto dentro il grunge?
Ero più dentro il metal, anche quello bello estremo: Pantera, Sepulura…
Non ci credo…
Lo giuro. Ero il cantante di una band e scrivevo i pezzi alla chitarra.
Non la suonavi dal vivo?
No, era uno strumento funzionale alla scrittura, alla composizione. Tra l’altro scrivere quel tipo di cose, ispirate anche ai Pantera a quel genere di metal, è stata un’ottima palestra per la mano destra. La chitarra era proiettata in una dimensione prettamente ritmica, di tutt’uno con la batteria.
Non eri interessato al solismo?
No, il chitarrismo è una cosa che ho scoperto dopo. Ho vissuto per anni la chitarra esclusivamente come uno strumento per scrivere musica ed esplorare, capire la musica studiando.
Il jazz, il metal: cos’altro è stato importante nella tua formazione?
Ho vissuto un anno in America ed è stato decisivo per scoprire la mia vera anima musicale che è prevalentemente quella blues e folk. L’America si è rivelata fondamentale per capire di più questi generi a livello di ascolti, cultura. Tutti i ragazzi hanno una chitarra e le serate di Open Mic erano sempre piene di giovani artisti che volevano suonare, cantare, fare sentire la loro musica.
Dove stavi?
A New York. Mi sono anche comperato una chitarra, una Takamine, in un negozio di Bleecker Street, la stessa della canzone di Simon & Garfunkel.
Nei prossimi giorni da Starbucks ti metterai a disposizione di curiosi e appassionati che vogliono imbracciare per la prima volta una chitarra. Cosa ti piacerebbe trasmettergli?
Se ti avvicini al mondo della chitarra passando dal web rischi di essere travolto da cose impossibili. I social esplodono di video di gente che suona cose difficilissime. E questo può scoraggiare, inibire un principiante che non necessariamente ha certe velleità da virtuoso. A me piacerebbe trasmettere a chi vuole provare a suonare l’immediatezza della chitarra e la gioia e il divertimento che facilmente può regalare.