L'estate sta finendo, e un anno se ne va. Questa è stata un'estate molto particolare, soprattutto per mio figlio sedicenne: ha deciso di impegnarsi con la chitarra classica e, complice l'amicizia con altri coetanei con interessi simili, ha deciso di imparare a suonicchiare.
Decide di non fermarsi davanti alle prime difficoltà, mi chiede aiuto e consigli e, con la caparbietà di chi ha deciso che gli piace, riesce a suonare qualche canzone.
Tra i gruppi che ascolta, oltre a formazioni nuove che fanno musica moderna - per me inascoltabile in quanto triste, senza la rabbia dei teenager - ci sono i Nirvana, che lui definisce come il suo gruppo preferito. Questo mi fa sentire sia vecchio sia giovane allo stesso tempo, vecchio per la difficoltà nell'apprezzare la musica "nuova" che ascolta, giovane perché erano anche i miei preferiti quando avevo la sua età.
E quindi inizia a scaricarsi le tab di Cobain e soci, divertendosi a suonare i brani dell'Unplugged. Lo facevo anche io!
A metà agosto maturiamo insieme la decisione: prendiamoci una chitarra elettrica come si deve, che possa piacere a entrambi, ma che abbia lui come primo utilizzatore. E, dato l'amore per i Nirvana, si tratta di una chitarra a scala corta: Jaguar o Mustang.
Penso che per iniziare possa essere una buona soluzione, la scala corta dovrebbe essere più facile da suonare. Del resto l'aveva pensato pure Leo Fender introducendo la Musicmaster come chitarra per gli studenti. E la Jaguar ha un design immediatamente riconoscibile, che si porta dietro un immaginario davvero vasto di rock, palchi, sudore, musica, rabbia e sberleffo. Insomma, una chitarra da fighi.
Raccogliamo tutte le informazioni sulle chitarre a scala corta di casa Fender e di tutto il resto dei produttori. Nel frattempo gli faccio provare la mia Telecaster messicana, che ha un manico davvero comodo. Gli piace il suono, apprezza il manico più sottile della classica, ma vuole il look della scala corta.
Fatte queste doverose premesse, ci rechiamo in negozio con una lista di chitarre da provare. Sarà un lungo sabato pomeriggio. Forse.
Spieghiamo la nostra idea al buon Marco, commesso che mi ha più volte indirizzato correttamente per i miei acquisti in casa Fender, e ci smonta subito l'idea: "se vuoi suonare il grunge, hai bisogno di un suono grosso. Prendi una semiacustica, guarda, questa Ibanez ce l'ho anch'io e la uso per fare le serate, va benissimo e costa di meno".
Ci troviamo in mano una Ibanez AS53. Praticamente la metà del budget che avevo stanziato. Collegata a un Blackstar HT20 sul canale overdrive, tira fuori un suono bello pieno, grosso, che copre tutte le frequenze.
Bum.
Cerco subito di trovare dei difetti: la chitarra però è stata settata in negozio, l'ottavatura del tune-o-matic è perfetta, il manico dritto e stabile, tolgo l'overdrive e metto il clean ma non trovo nessun buzz su nessun tasto.
Mentre mio figlio è ancora con il sorriso stampato, gli ricordo che è bene provare le chitarre sul pulito, perché tutte le chitarre suonano grosse e cattive con tonnellate di gain.
Devo dire che mi sorprende, continuo a mal sopportare gli humbucker (per mio limite, apprezzo i P90 ma proprio gli humbucker non mi piacciono) ma devo ammettere che questi non suonano male, sebbene siano ceramici. Certo, hanno una potenza che infastidisce, però se si regolano bene i volumi e il gain si ottiene con il pickup al manico un suono quasi acustico. Non chiudo i toni perché non sono capace a suonare jazz, ma immagino possa dare qualche soddisfazione ai principianti anche in questo contesto.
Il look della chitarra è insieme spartano e rifinito: spartano perché la verniciatura e i pickup urlano economicità, ma il binding che corre lungo tutto il corpo e la tastiera, unito a tasti mai sporgenti e non jumbo le danno un senso di ben rifinito. Il ponte, per quanto economico, dà idea di affidabilità. Non credo che le meccaniche possano regalare troppa stabilità, ma si può dire solo con un uso prolungato nel tempo.
La provo ancora perché non può essere che una chitarra da poco più di 300 euro suoni così bene, provo a modulare la dinamica della pennata e nonostante l'output da metallo pesante riesco ad abbassare il volume e la tendenza a saturare, ottenendo delle belle sfumature.
Vogliamo provare anche altro per essere sicuri della scelta. Ci avviciniamo alla Jaguar Player, quella con pochi controlli, humbucker al ponte e single al manico. Un buon compromesso secondo me, l'unico switch è per splittare l'humbucker al ponte (oltre al tre posizioni per la selezione del pickup), elettronica di facile comprensione e palette sonora decisamente variegata. Sto per prenderla dalla rastrelliera ma mi sorprendo delle parole che sento: "no, non mi piace poi così tanto vista da vicino".
È proprio vero che la teoria a volte si chiama così perché... funziona solo in teoria. Tutta l'estate a sbavare sulla Jaguar e adesso mi perde la testa per una semiacustica... che costa quasi la metà!
Impongo allora un test con la Duo-Sonic, che mi è sembrata su YouTube quella che suonava meglio. Bocciata esteticamente la Mustang (con mio pianto interiore, in silenzio, a testa bassa).
La collego al Blackstar di prima, apro il volume e suono. Sono a casa.
Pickup al manico pulito, rotondo, gentile, ci si suona dal funk a Hendrix ed è una goduria, per me vale da solo l'acquisto della chitarra. Il manico è morbidissimo, i bending escono pure troppo facilmente. Il pickup al ponte è ben definito, con acuti in evidenza e un pelino di cattiveria, la posizione centrale è un sogno, miscela l'articolazione e l'acidità del ponte alle note piene del manico.
Anche in questo caso la chitarra è ben settata, intonata, con manico dritto e nessun tasto morto.
Sposto il selettore del canale sull'overdrive, si apre una tavolozza sonora che spazia veramente nei generi più disparati. Devo dire che questo Blackstar HT20 è davvero un signor ampli, se già non fossi più che fornito a casa sicuramente ci farei più di un pensiero.
La mia faccia estasiata però non trova conferme con la prova del futuro destinatario della chitarra. Sì, il manico è comodo e la mano sinistra fa meno fatica... ma l'altra chitarra piace di più. Nonostante la cassa più grande, è più reattiva e riesce a spaziare da un suono quasi acustico a un suono quasi metallaro. La Duo-Sonic, per quanto dolce, sembra più limitata.
Devo essere imparziale e ammettere la sconfitta. Probabilmente sono solo vecchio e sto cercando suoni che mi ricordino i vecchi dischi, quelli registrati prima ancora che nascessi, che danno una certa autorevolezza a certi suoni: riprodurli mi fa sentire più vicino ai miei modelli e mi sento più bravo. Lasciarli per altri suoni mi fa uscire dalla comfort zone, e probabilmente senza i miei riferimenti non posso apprezzare i suoni diversi.
Il buon Marco ci chiede le nostre impressioni, io gli dico che amo il suono Fender, ma che il mio chitarrista in erba preferisce l'Ibanez.
Marco ci fa provare allora quella rossa, perché secondo il giovine virgulto "più tamarra". Detto sedendosi di fianco a una Jackson gialla con pickup rosa fluo è quasi inaccettabile, ma cosa possono saperne i giovani della tamarraggine imperante negli anni '80... Beh, comunque proviamo la rossa - su consiglio di Marco - per essere sicuri che suoni sempre uguale e che non abbia magagne, e decidiamo per lei.
Immagino le possibili reazioni: "ma non hai provato la Mustang con i P90", "non hai provato la Danelectro", "ci stava, a questo punto, una prova di una Jackson" e via dicendo.
Avrei potuto fargli provare una Custom Shop, avrebbe sempre preferito l'Ibanez rossa, perché conosco quello sguardo... e non avrei potuto impormi, gli avrei fatto prendere una chitarra con cui non sarebbe scattata nessuna scintilla.
Visto il prezzo molto basso, aggiungiamo due pedali, un chorus e un overdrive, più un alimentatore one-spot, e non raggiungiamo ancora il budget della Duo-Sonic. Pazzesco.
Chorus e overdrive sono Mooer: il King Ensemble e il Green Mile. Fanno il loro dovere senza grandi fruscii o perdite di segnale, devo dire che il Green Mile fa anche più di quanto mi aspettassi, quasi come un TS-7 sebbene la sua modalità "hot" in realtà aumenta il volume a dismisura senza aumentare troppo il gain, amplificando forse troppo le basse frequenze. Ci ho giocato poco, magari non ho capito bene come regolarlo, ma già con le prime regolazioni al volo mi piace. Il King Ensemble è un chorus molto ordinato, non troppo intenso ma aggiunge il suo senza storpiare troppo il suono, più vicino a un Boss che a un EHX, sebbene più rispettoso del suono originale di un Boss.
Torniamo a casa, montiamo tutto in cameretta con il Terror Stamp come ampli e una cassa da 12 pollici. Nel silenzio della cameretta la sensazione di output esagerato viene confermata: per avere un suono pulito devo tenere il gain dello Stamp a circa 1/4, mentre con le altre chitarre che ho viaggiamo da 1/2 (single coil) a 3/8 (P90 e humbucker). Poco male, quando e se sarà necessario cambieremo i pickup, magari in prima sede li allontaneremo un po' dalle corde. Per ora va bene così, c'è molto lavoro da fare dal punto di vista dell'esercizio e della teoria, e se un suono molto cattivo serve per coadiuvare lo sforzo, ben venga.
Che cosa ho imparato da questo sabato pomeriggio?
Che ci si può documentare tantissimo e farsi mille progetti, ma alla fine succede sempre qualcosa che non va come previsto e bisogna essere pronti a cambiare idea.
Che le informazioni su Internet sono corrette, ma corrispondono veramente a ciò che, nel profondo, vogliamo?
Se non siamo più che sicuri, comprare uno strumento musicale online, sintetizzatori esclusi, non è mai una buona scelta: provare, toccare con mano e farsi consigliare da chi ogni giorno ne vede e ne prova non ha prezzo.
Che le chitarre da principianti sono davvero tante, e suonano pure bene.
Finalmente a casa sento più note che click di mouse e tastiera provenire dalla camera del mio primogenito, e non posso che esserne felice e orgoglioso. È bello condividere con i propri figli una passione così grande. |