di Vintage Vault [user #63578] - pubblicato il 16 marzo 2024 ore 14:30
Vintage Vault, che in inglese significa letteralmente il “forziere”, “la cassaforte del Vintage”, è un progetto creato in collaborazione con Accordo con l’intento di raccontare, attraverso articoli dedicati ed eventi dal vivo, la storia e l’importanza degli strumenti vintage, affrontando tutte le tematiche a loro collegate, dal restauro alla conservazione, all’utilizzo in studio o sul palco.
Ma che cos’è poi uno “strumento Vintage”? La definizione forse più calzante è quella di George Gruhn, che slega la concezione del termine dall’idea di un “titolo” derivante dal semplice trascorrere del tempo (la mia chitarra ha vent’anni, quindi è vintage…) mentre spiega come per “vintage” si debba intendere l’apice della produzione di un determinato marchio e/o modello.
Riteniamo però che questo sia solo un aspetto di che cosa sia il vintage. Infatti, aldilà del significato della parola in sé, il vintage è qualcosa di più, è la ricerca del suono.
È nato quando i musicisti, ma anche gli appassionati di musica, ascoltando dei dischi (ancora in vinile) diventati vere icone generazionali, si sono chiesti come fosse possibile ricreare quei suoni, quali strumenti fossero stati usati, con l’obiettivo di ricrearli a loro volta.
Il vintage quindi, in estrema sintesi, è nato dall’ispirazione che della musica registrata ha trasmesso agli ascoltatori.
Un esempio emblematico italiano è il libro “That Sound” di Roberto Pistolesi, che nacque proprio con l’idea di dimostrare che il celebre brano degli Shadows di Hank Marvin “Apache” non fu registrato con la Fender Stratocaster, ma bensì con una chitarra Grestch. E Roberto, a supporto della sua teoria, si procurò tutti gli strumenti, amplificatori ed effetti utilizzati dalla band in quel periodo, addirittura anche i microfoni usati per registrare all’epoca.
È grazie a ricerche come quella di Roberto che abbiamo potuto scoprire amplificatori, effetti e chitarre, che sono diventati in seguito desiderati e ricercati. Sono diventati “vintage”.
Chi avrebbe mai immaginato che il Compact Duo della Farfisa, un piano/synth elettrico made in Italy, o il Binson Echorec sarebbero stati usati dai Pink Floyd al Live at Pompeii, uno dei concerti/video più iconici della storia del rock? Dove nasce il mito delle Les Paul del 1959 o delle Stratocaster del 1954? Usate dai più grandi chitarristi di tutti i tempi, vedono forse il loro apice nell’indimenticabile assolo di “Hotel California” degli Eagles, dove sentiamo duellare proprio una Stratocaster del 1954 e una Les Paul del 1959.
Questo “imprinting del suono” è riscontrabile in tutti i grandi chitarristi della storia, pensiamo a Eddie Van Halen, che utilizzava uno stack Marshall 100W, una Stratocaster, un pedale wah wah, un fuzz e un phaser, dichiarando apertamente di essere un grande fan di Eric Clapton e Jimi Hendrix. Così come Mark Knopfler desiderava a tutti i costi una Fender Stratocaster rossa come quella del suo idolo, Hank Marvin.
Per cui non può esistere Vintage senza Musica, e senza la Ricerca del Suono.
Quando viene chiesto se gli strumenti prodotti oggi potranno mai “diventare vintage”, più aspetti vanno presi in considerazione. Intanto la maggior parte della produzione degli strumenti contemporanei è focalizzata nella creazione di repliche di strumenti del passato e, a nostro avviso, nessuna di queste repliche potrà mai essere considerata vintage perché semplicemente quegli strumenti, con i loro design, hanno già segnato un’epoca, e il loro apice della produzione è quello raggiunto dagli originali, e mai questo potrà cambiare in favore di una loro copia, per quanto ottima questa possa essere.
Poi c’è l’aspetto della musica. Sempre meno musica viene oggi registrata a partire da suoni prodotti da chitarre acustiche, amplificatori a valvole e microfoni a condensatore, in favore di strumenti digitali e innovativi. Questo aspetto va a togliere completamente il senso della ricerca del suono derivante dall’ascolto.
A livello però di comunicazione, immagine e video hanno un valore non trascurabile, infatti se John Frusciante utilizza (anche solo nel video promozionale, e non necessariamente nel disco) una Fender Jaguar verde metallizzato, o una Grestch White Falcon, questa chitarra diventa immediatamente icona, e “vintage”.
Durante la scorsa edizione di SHG Music Show, la sala Vintage Vault ha presentato alcuni strumenti unici, dalle incredibili e avveniristiche creazioni di Wandrè agli iconici bassi Hofner, ma anche alcuni strumenti che hanno letteralmente rivoluzionato il mondo della chitarra elettrica, come una Fender Broadcaster del 1950, un Precision Bass del 1952 e poi una delle primissime Fender Stratocaster “trem cover” del 1954, e poi un Precision Bass del 1956, lo stesso modello reso celebre da Sting.
Una selezione di Fender Jazz Bass in custom colors, e poi di fantastiche Gibson, Gretsch, ma anche alcune bellissime chitarre acustiche d’epoca (su tutte una Martin 0-18 del 1950 e una Gibson Jumbo degli anni ’30) si sono affiancate a una già ricca esposizione di Fender Stratocaster e Telecaster pre-CBS e, per la prima volta, è stato dato spazio al Made in Japan di qualità ma anche alle chitarre “boutique”, che si sono sposate a meraviglia in un contesto di grandissimo profilo.
Ma una chitarra in particolare ha suscitato emozioni, sorpresa, gioia ma anche nostalgia in tutti i visitatori: Phoenix, la Gibson Les Paul di Alberto Radius esposta per la prima volta al pubblico dopo un lavoro di restauro incredibile, iniziato proprio su volontà di Alberto e ultimato pochi giorni prima della fiera.
Musicisti da tutta Italia, dagli esperti Mattia Tedesco, Giuseppe Scarpato e Chicco Gussoni alle giovani promesse del panorama nazionale, hanno potuto provare lo strumento, che ha colto tutti di sorpresa, in quanto si capisce immediatamente sia perché Alberto la scelse tra tante, sia perché la ha tenuta con sé per tutta la sua carriera. La chitarra, che è sorprendentemente leggera per essere una Les Paul, pesa infatti soltanto 3,5 Kg e sembra “suonare da sola”, in quanto basta accarezzare le corde per scoprire un mondo di suoni davvero infinito.
Il sabato la leggendaria chitarra ha rivisto il palco per la prima volta dopo moltissimo tempo, nelle mani di un ispirato Mattia Tedesco, che ha realizzato un’esibizione da brividi.
La domenica, sul palco principale di SHG Maurizio Dr Feelgood Faulisi ha presentato un bellissimo ricordo di Alberto, con il grandissimo musicista Claudio Bazzari che, accompagnato dal figlio Milo, ha fatto sentire il suono della mitica Les Paul suscitando evidente emozione a tutti i presenti.
Sul palco c’è stato poi il momento dei ringraziamenti, sia ai liutai che hanno portato a termine il difficile, bellissimo e appassionante lavoro di restauro (Romano Burini, Ken McKay e Joe Riggio) ma anche alla famiglia di Alberto, la moglie Cristiana e il figlio Andrea, che hanno chiuso la celebrazione con un saluto al pubblico.
Questa chitarra, così ricca di storia e di vita, ha avuto la capacità di unire persone da tutto il mondo, tutti entusiasti di poter essere parte della sua rinascita, così come Alberto aveva fortemente desiderato, ed è proprio questa la “magia” del vintage, riuscire a unire le persone attraverso oggetti unici, che non finiranno mai di essere fonte di ispirazione sia per i musicisti sia per gli ascoltatori.