Clinic di Govan e concerto degli Aristocrats: bella botta. Non sono uno di quelli che ripete ossessivamente "bravi, bravissimi, bravi, bravissimi, ecc...", anche un sordo lo capirebbe, e non mi va di fare il Capitan Ovvio della situazione (ne ho uditi fin troppi ieri sera). Cercherò pertanto di tirar fuori le cose che non ho apprezzato, spiegandole ovviamente, evitando di dire "non mi piace", chiudendola lì, sennò siam tutti buoni a fare i critici.
Clinic un po' sottotono. Purtroppo i pezzi grossi in queste situazioni devono tenersi bassi, perché non conoscono il livello del pubblico che hanno di fronte, e quindi non possono mettersi a spiegare cose che capirebbero in tre, pertanto decidono di fare discorsi più generali, relativi, alla loro storia, alla loro visione della musica, e via discorrendo, affidando le cose più complicate alle domande del pubblico. Questo è un problema, perché il preambolo è durato abbastanza, e non c'era tempo per tantissime domande, e bisognava porre delle domande interessanti, con un forte valore didattico, visto Govan potrebbe parlare per un mese senza spiegarci 1/5 di quello che ha accumulato in trent'anni di musica. Un brivido gelido mi ha attraversato quando qualcuno ha sprecato tempo prezioso con: "non usi più Suhr: perché?". Govan è un signore, e se n'è uscito con "why not?", risposta che ai miei occhi ha il significato di "idiota...".
Alla mia domanda sull'utilizzo delle figure ritmiche durante le improvvisazioni (non mi interessava sapere che mutande indossa e la marca) la sua risposta mi ha distrutto: ecco un altro tizio che si è dopato con la musica indiana.
Insomma, affidandosi alle domande del pubblico si rischia di finire a parlare di strumentazione e cose da GASati, e a me che reclamo cultura non me ne frega proprio nulla.
Concerto. Bomba. Un'esecuzione onesta e sincera: due ampli e una batteria. Niente trigger e stronzate varie: le dinamiche della batteria sono reali. Molto apprezzabile. Il CD non era il massimo secondo me, perché (previa segnalazione del mio insegnante) il basso tira poco groove. Ascoltando i video su youtube dei concerti americani però avevo notato che il basso riempiva diversamente, perché suonava cose armonicamente più complesse, compensando quasi la mancanza della tastiera (ringrazio sempre il mio insegnante, senza di lui non sarei arrivato a determinate conclusioni). Live questa cosa è emersa ancor di più, e ho anche notato come hanno impostato questo disco, con determinati stacchi all'unisono che mi hanno fatto apprezzare lo spessore tecnico del personaggio. Un'altra cosa che mi ha stupito un po' è stata la "violenza sonora" di Minnemann: in seconda fila ogni colpo di cassa era un pugno sullo stomaco (e ripeto, niente trigger). Non mi va di star qui a dire che Minnemann è bravo, lo sapete tutti, e non vi comunicherei nulla, riducendomi alla stregua del tizio che "ma che chitarra usi?", pertanto esternerò quella che per me è l'unica nota dolente di Marco: il drum solo.
Avendo passato un'estate a sezionare i video di Riccardo Lombardo, i suoi sfoghi, le sue idee, non vedo di buon occhio un solo composto da deliri sui piatti, e cavalcate col doppio pedale, perché per me quelle frasi non hanno un senso. Sei un batterista: fammi un solo in 7/16, 15/16, fammi andare via chiedendomi che tempo fosse quello. Inutile che mi fai vedere che sei bravo col doppio: lo so, e non mi comunichi nulla andando in sedicesimi a 200bpm. Costruiscimi delle frasi/fills di senso ritmico compiuto alternandomeli a dei groove assurdi, perché col doppio non stupisci me, ma solo i pischelli. Comunque, a parte questo: grande musicista, grande carisma e grande spettacolo. Fra lui e Portnoy (che fortunatamente ho visto) non so chi aizzi di più la folla.
Govan devo commentarlo? Nah... oggi non mi va di giocare a "Capitan Ovvio alla riscossa". Vi lascio foto dettagliate della nuova Charvel.
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