di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 09 novembre 2012 ore 07:30
Green Mile, Cruncher, Hustle Drive e Black Secret sono i quattro overdrive/distorsori della serie Micro Mooer. Tutti intimamente ispirati a modelli famosi della storia chitarristica, i pedali si distinguono per le dimensioni ridicolmente ridotte e il prezzo estremamente contenuto per degli effetti solidi, in metallo e true bypass.
Da quando c'è internet il mondo della musica non è più lo stesso. Sarà una cosa detta mille volte, ma in fondo è vero che da un po' di anni a questa parte i chitarristi hanno i mezzi per guardare oltre i confini dei soliti grandi marchi e scoprire tante piccole chicche che, con prezzi decisamente concorrenziali, sanno proporre alternative più che valide. Il nome Mooer è arrivato sulla bocca dei chitarristi italiani ancora prima che Backline decidesse di importare una selezione di otto pedali e la curiosità rispetto alla serie Micro, di cui questi fanno parte, è sempre crescente. Ora gli effetti della cinese Mooer sono arrivati nei negozi, ed è stato impossibile resistere alla voglia di ficcarseli tutti e otto nella pedaliera per scoprire se mantengono le promesse date. Noi lo abbiamo fatto: abbiamo preso tutta la serie di pedali e l'abbiamo divisa, per semplici questioni logistiche, in due partite. In questo articolo si parlerà dei quattro overdrive/distorsori Mooer Micro, arriverà poi un secondo articolo riguardo gli effetti di ritardo e modulazioni.
Lo scopo principale di Mooer è chiaramente quello di offrire ai chitarristi i suoni più classici della storia recente con prezzi contenuti (si parla di 65 euro a pezzo, circa) e formati più che tascabili, standardizzati per entrare in qualunque pedaliera.
Gli scatoli, fatti su misura senza sprecare spazio, sono dei parallelepipedi neri in cartone plastificato con solo un'etichetta indicante il modello sul davanti. La scritta è argentata. Aprendoli, facendo scorrere la linguetta sul lato, viene fuori un pedale alto quanto un pacchetto di sigarette e largo la metà, o giù di lì. Tutti gli effetti sono fedeli alla dotazione di un'unica manopola centrale, sopra il pulsante di attivazione. La maggior parte dei modelli possiede due piccoli potenziometri in plastica nera, due trimmerini negli angoli superiori dello chassis, e alcuni pedali prevedono anche uno switch in metallo per selezionare tra diversi voicing. Tutti i pedali sono provvisti di LED molto luminosi, di vari colori a seconda dei modelli e alcuni di loro, come si evincerà più avanti dalle prove in video, forniscono la divertente caratteristica di nascondere un ulteriore LED sotto lo chassis che si illumina flebilmente in maniera dinamica con l'emissione di note dalla chitarra. Un adesivo Mooer e una breve ma completa carta con le avvertenze generali sui prodotti, non dissimile dal concetto di quelle degli ovetti Kinder, sono le uniche cose che si trovano dentro gli scatolini. Il tutto è semplice, diretto, senza fronzoli ma pensato in maniera funzionale e intelligente. In fondo destreggiarsi tra non più di tre manopole è una pratica che ruba davvero poco tempo. I nostri ovetti, cioè i nostri pedali, sono tutti in metallo, non possono essere alimentati a batterie ma posseggono un ingresso per l'alimentazione a 9v standard Boss sull'estremità superiore e sono realizzati con switch di evidente qualità in configurazione true bypass. Per dare un'idea di quanto piccoli siano gli chassis dei Mooer Micro, basti pensare che i jack d'ingresso e di uscita sono sfalsati, uno più in basso dell'altro, per evitare che i puntali si tocchino all'interno del pedale.
La prima impressione che si ha quando ci si trova avanti la cascata di colori dei pedali Mooer è una forte sensazione di dejavu: un overdrive verde chiaro, uno bianco con un font "già visto", un overdrive di un rosso deliziosamente inglese e un distorsore nero ricordano non solo parecchi effetti già presenti sul mercato, ma anche grazie all'estetica standardizzata della serie Micro non possono fare a meno che riportare alla mente le imitazioni dei software di amp modeling ispirati ai più apprezzati suoni di chitarra. Di certo, a dissimulare questa sensazione, non aiutano i nomi talvolta generici come il Cruncher, overdrive che, indovinate un po', promette un crunch tutto britannico.
È palese, i pedali sono ispirati a modelli famosi e non fanno nulla per nasconderlo. Non amo fare riferimenti espliciti a prodotti di terze parti, ma per evitare giri di parole ecco i collegamenti tra pedale Mooer e stompbox d'ispirazione.
Hustle Drive - Fulltone OCD Cruncher - Marshall plexi Green Mile - Tubescreamer Black Secret - Pro Co Rat
Questo è esattamente l'ordine in cui è possibile ascoltare i quattro distorsori Mooer nel breve video che segue. Attenzione, il video è interattivo e richiede supporto Flash per un'esperienza completa: le prove singole dei quattro pedali sono accessibili da questo clip generale, cliccando sulle immagini dei singoli stompbox.
Hustle Drive Trasparente da far paura, l'Hustle Drive si rivela un ottimo candidato per boostare il suono pulito quanto per colorarlo di un pizzico di distorsione che, in particolare sui single coil, fa diventare una vera goduria giocare con corde strappate e dinamica. Con bassi livelli di gain, l'attacco delle note si arricchisce ed eseguire accompagnamenti con molti stoppati e giochi ritmici è un piacere. Con l'aumento del guadagno, la distorsione arriva in maniera molto naturale, rispettando il suono della chitarra e dell'amplificatore, variando giusto sull'apertura e chiusura dei toni in una maniera che potrebbe benissimo essere accostata al modo in cui lavora il tono della chitarra. Le note sono tutte sempre definite e, anche quando il suono comincia a sgranarsi quando il potenziometro del gain si avvia verso fine corsa, niente si impasta. I punti di forza dell'OCD sono riproposti tutti, anche i controlli di livello, gain e tono ci sono e non manca lo switch per passare dalla modalità LP a HP, che amplia gli orizzonti ritmici e, ove necessario, è particolarmente utile a compensare la potenza (o la carenza di essa) in una chitarra.
Cruncher Ufficialmente l'ennesimo pedale che promette il crunch delle testate Marshall degli anni che furono, è difficile dire a quale dei mille pedali che si impongono lo stesso obiettivo sia ispirato. Il colore rosso è piuttosto comune in questo genere di effetti, forse anche con riferimenti al secondo british famoso per i suoi crunch "croccanti": Vox. Indipendentemente da quale sia il pedale che intende imitare, il Cruncher offre un valido overdrive con una buona riserva di gain che lo fa andare dai più classici suoni rock fino ai primi toni heavy metal. Il forte carattere del pedale e tutti i tagli di frequenze necessari a rendere "più inglese" il suo suono rendono il Cruncher decisamente lontano dall'idea di un booster trasparente, ma Black Sabbath e AC DC ci sono tutti. In particolare questi ultimi, quando il gain è intorno alla metà e i toni sono un po' più aperti, vengono richiamati con facilità. L'attacco è aggressivo e il sustain comincia a crescere quel tanto che basta per desiderare ardentemente di pizzicare corde con cattiveria e fare dei vibrati ampi quanto lo shake di una tromba da orchestra swing. Giocando un po' con tono e gain, non è difficile passare da uno all'altro dei fratelli Young, purché ci si renda conto di avere tra le mani un pedale e non uno stack mastodontico alle spalle. Il timbro insomma c'è, i pavimenti che tremano e il feedback pronto a partire, dipende da voi.
Green Mile Il "miglio verde" Mooer ricalca uno dei più conosciuti e imitati effetti per chitarra elettrica. Il colore fa capire chiaramente che la versione di riferimento è il TS808, ma la presenza di uno switch a due posizioni apre la porta a sonorità nuove. L'idea non è quella di commutare tra TS808 e TS9, bensì una più furba trovata di alternare il suono nasale e medioso, talvolta tagliente quando i toni sono più aperti, caratteristico del Tubescreamer, con un suono grosso e carico di bassi. Non sono pochi i chitarristi che lamentano esattamente una mancanza di bassi e corpo nel pedale Ibanez, modificandolo spesso allo scopo di enfatizzare quelle frequenze, e l'idea di Mooer non può che essere ben accetta. Inoltre, dal momento che il prezzo del Tubescreamer è di poco superiore e i cloni non si contano, era necessario che Mooer s'inventasse qualcosa, quella ciliegina che può far preferire il piccolo Green Mile ai più diffusi concorrenti. La pasta è quella di uno screamer, ormai la si riconosce a occhi chiusi. Non è uguale all'originale Ibanez, ma è una buona variazione sul tema, anche considerato il gain che appare essere leggermente superiore rispetto al Tubescreamer aggiungendo così un pizzico di versatilità nel caso lo switch per passare dalla modalità Warm alla Hot non bastasse. Quest'ultima, oltre a caricare il suono di basse frequenze, sembra spingere ulteriormente il segnale ottenendo la doppia interpretazione di "caldo" e di "hot rod", come "pompato". Bisogna comunque ammettere che, al di sotto della metà corsa, il controllo del tono risulta quasi inutilizzabile per quanto si gonfia il suono. Poco importa, certo, dal momento che aprendolo un po' si ricevono dei suoni lead di tutto rispetto, restando nel campo del blues e rock blues.
Black Secret Quando ho tirato fuori dalla scatola questo pedale, ho subito pensato di avere davanti un pedale modernissimo, hi gain e votato unicamente ai più moderni stili metal. Niente di più sbagliato. Quando ho visto lo switch che permetteva di selezionare tra la modalità Vintage e Modern ho subito pensato a un primo sound più povero di gain e un secondo tono potente e tagliente, senza medi e con uno djent da fare invidia ai Meshuggah più incavolati. Niente di più sbagliato. Quando ho collegato il pedale all'amplificatore tutto mi è stato chiaro: tanto gain, ma un sacco di fuzz e una compressione che annulla pressoché ogni possibilità dinamica quando si supera appena metà del guadagno totale ma al contempo una buona intelligibilità delle note singole all'interno degli accordi. Bisognava ascoltarlo per rendersi conti di trovarsi tra le mani una copia del famoso Pro Co Rat, distorsore amato nell'hard rock ma letteralmente osannato nell'alternative. I controlli, questa volta, non sono più Level, Gain e Tone. Quest'ultimo viene sostituito dalla manopola Filter la quale, un po' come un tono che funziona alla rovescia e un po' come l'omonimo controllo del Rat, va a chiudere in senso orario le alte frequenze, eliminando quello sfrigolio acidulo che accompagna ogni accordo e che, personalmente amo, pertanto nel video non sono riuscito a trattenermi dall'usare prevalentemente un filtro quasi sempre prossimo allo zero, insomma aperto quasi al massimo. Il rombo del Rat c'è fin da subito nel Black Secret, alzando appena la manopola centrale denominata Distortion. Contrariamente a quello che la prima impressione mi aveva suggerito, l'equalizzazione delle modalità Modern e Vintage è esattamente opposta a quanto mi aspettassi: la modalità Modern è più equilibrata, grossa e calda, mentre quella Vintage è tagliente, fredda, con un cratere sulle medie frequenze e in grado di difendersi con valore anche in ambienti ritmici metal. Insieme a gain e fuzz, il Rat è noto anche per la forte compressione che va ad agire sul suono via via che ci si spinge in territori più heavy. Questo succede anche con il Black Secret, e quando il potenziometro del gain è oltre i tre quarti di corsa ogni nota è praticamente fusa alla seguente, diventando terreno fertile per gli amanti dello shred, del fraseggio legato o del tapping smodato, per chi è in grado di destreggiarsi in tale tecnica. Io no, ma la parte finale del video dimostrativo del Black Secret dovrebbe rendere l'idea. Un aspetto che impressiona nel Black Secret, come e ancor più che negli altri tre pedali in prova, è l'eccezionale silenziosità. I rumori di fondo sono ridotti al minimo, in alcuni casi del tutto assenti a dispetto di livelli di gain tutt'altro che contenuti.
Con dei progetti vecchi di decenni c'è poco da sbagliare. I suoni ci sono tutti e la qualità costruttiva è innegabile. I pedali sono solidi, le manopole salde nei loro alloggi e sicure nell'escursione, e non bisogna farsi ingannare dalle dimensioni contenute dei Mooer Micro: se trent'anni fa un Tubescreamer e un Rat richiedevano uno chassis di un certo ingombro, è lecito considerare che l'evoluzione tecnologica abbia permesso di miniaturizzare quegli stessi componenti fino al 2012 in maniera tale da permettere loro di entrare tutti insieme in un taschino, figurarsi in uno chassis stile Mooer. Lo scopo di Mooer viene palesato fin dal suo primo affaccio sul mercato Italiano: non c'è alcuna pretesa di reinventare il mondo delle sei corde, ma una gran voglia di dissacrare i grandi classici, osannati e spesso messi pure troppo su un piedistallo, ficcandoli dentro dei contenitori minuscoli e vendendoli a prezzi ridicoli. E il bello è che poi funzionano pure bene.
Ringraziamo Cristiano Ceruti del Centro Chitarre di Napoli per aver messo a disposizione i pedali.