di LaPudva [user #33493] - pubblicato il 24 luglio 2013 ore 07:00
Ci sono artisti la cui statura è semplicemente indiscutibile e che raccolgono riconoscimenti unanimi da pubblico musicofilo e addetti ai lavori, a prescindere da ogni orientamento di genere e gusto. Come testimonia la frenesia che precede un loro tour mondiale o l’uscita di un nuovo disco, questo è il caso degli Earth, Wind & Fire.
Ci sono artisti la cui statura è semplicemente indiscutibile e che raccolgono riconoscimenti unanimi da pubblico musicofilo e addetti ai lavori, a prescindere da ogni orientamento di genere e gusto. Come testimonia la frenesia che precede un loro tour mondiale o l’uscita di un nuovo disco, questo è il caso degli Earth, Wind & Fire.
Nati nel ’69 da un’idea di Maurice White, già affermato batterista turnista per la Chess Records che abbandonò una strada certa per inseguire la propria visione, gli EWF sono a tutt’oggi una delle più raffinate espressioni della musica black, con un’incredibile miscela di funk, soul, R&B, gospel e una quantità di elementi eterogenei, ma tutti all’insegna della quintessenza delle proprie radici.
L’importanza di questa band, sulle scene da più di quarant’anni, è incalcolabile. Punto di riferimento per innumerevoli artisti di ogni generazione, sono storicamente uno dei massimi esempi di professionismo e rigore sotto tutti gli aspetti della professione-musica: oltre ad aver composto brani leggendari, noti per la loro varietà stilistica e per i ricchissimi arrangiamenti (i quali tra l’altro hanno conferito a tanti dei loro successi easy-listening una dignità e uno status che li hanno strappati all’oblio, sorte di infiniti compagni di hitparade), con a capo un ‘long-time insider’ esperto come Maurice White, hanno sempre seguito ogni singola fase della realizzazione dei propri lavori e riposto un’attenzione maniacale nella preparazione dei live, tecnicamente eccellenti. White è stato strappato ai palcoscenici dal morbo di Parkinson molti anni fa, ma rimane il leader indiscusso della band.
Non è esagerato dire che gli EWF siano uno dei più grandi gruppi di tutti i tempi e che li si possa apprezzare appieno solo vedendoli dal vivo. La conferma di questa affermazione si leggeva negli occhi delle persone che lunedì sera hanno avuto la fortuna di presenziare al loro concerto in Piazza Napoleone a Lucca, nell'ambito del Lucca Summer Festival.
Tre i membri della formazione del ‘72 a portare in tour la leggenda – il cantante Phil Bailey, il bassista Verdine White e il percussionista e cantante Ralph Johnson - coadiuvati da altri nove musicisti davvero validi. Il concerto, mozzafiato, ha regalato al pubblico una selezione di brani che riflette la varietà espressiva della band: dopo una partenza esplosiva con la hit disco “Boogie Wonderland” e “Sing a Song” che hanno dato immediatamente prova della potenza dell’ormai collaudata sezione fiati (Bobby Burns alla tromba, Reggie Yung al trombone e Gary Bias al sassofono), è arrivata “My Promise”, l’unico brano tratto dall’album in uscita a settembre “Now, Then and Forever”, che dà anche il nome al tour.
Si è fatto ritorno negli anni ’70 con qualche altra superhit imprescindibile come “Shining Star” e “Serpentine Fire” per poi lasciar spazio a una sequenza di brani per i veri fanatici della band: “Sun Goddess” (realizzata in collaborazione con Ramsey Lewis per l’omonimo disco del musicista, uscito nel ’74), “Kalimba Story” (la kalimba è una costante nei dischi degli EWF, cara al fondatore della band perché simbolo delle proprie radici africane), “Evil”, “Keep Your Head to the Sky” e “Devotion” sono tutti brani dei primordi, alcune delle “message song” di Maurice White. Nel decennio che li vide protagonisti, gli EWF si sono contraddistinti per i testi visionari, con un preponderante elemento mistico-spirituale ed esoterico, poi in parte spentosi in fasi successive della loro lunga carriera (lo stesso nome della band deriva dagli elementi presenti nella carta astrologica di Maurice White).
La sezione intermedia dello show è stata dedicata ad alcune tra le più belle ballad romantiche del gruppo: “Can’t Hide Love”, “After the love has gone” e “Reasons” (conclusasi con una bella citazione di “Somewhere Over the Rainbow” da parte di Bailey) hanno messo in risalto le doti del cantante B. David Whitworth, grande showman e ormai membro integrante della lineup da tempo, oltre ad accontentare i fans dell’incredibile Phil Bailey, che ha anche ricevuto una standing ovation dalla piazza. Grande interprete noto soprattutto per il suo uso del falsetto, Bailey ha in realtà il dono di tradurre vocalmente ogni overtone emotivo con una classe e uno stile riconoscibilissimi.
L’atteso finale col botto è iniziato con la celebre cover dei Beatles, “Got to Get You into My Life”, per proseguire con le immancabili “Fantasy” e “September” che hanno letteralmente steso il pubblico: abbandonati i propri posti, persone di ogni età (ma prevalentemente over 40) si sono accalcate sotto il palco a ballare e cantare. L’ultimo brano del set è stato significativamente “Let’s Groove”: se dovessimo scegliere una parola chiave per sintetizzare il concetto dietro a questo incredibile gruppo, infatti, sarebbe probabilmente da ricercarsi nel titolo di questo vecchio successo. La solidità della sezione ritmica costituita dall’esplosivo Verdine White (un’ora e mezzo di salti su tutta la lunghezza del palco a quasi 62 anni) e dal batterista John Paris, e la coesione del resto della lineup rende gli EWF un’imponente macchina funk perfettamente oliata.
I chitarristi Morris O’Connor e Greg Moore, il tastierista Myron McKinley e Philip Doron Bailey (cantante, figlio di Phil Bailey) hanno meno risalto degli altri membri della band, fatta eccezione per qualche incursione, ma ogni singolo elemento è funzionale al risultato complessivo. Basti pensare che a tratti ci sono stati una decina di elementi che ballavano contemporaneamente sul palco e che quasi tutti hanno contribuito alle raffinate armonizzazioni vocali, che sono da sempre un trademark della band.
Gli Earth Wind & Fire hanno salutato il pubblico adorante con un solo bis, la storica “In the Stone”, per poi scomparire nella notte toscana.
Veri maestri del groove ad alto contenuto energetico, gli EWF sono una garanzia: come quella di ogni prodotto umano, la qualità di un loro concerto può oscillare ma molto di rado scende al di sotto della soglia “più che meritevole”. I loro dischi non regalano più superhit alle classifiche da anni, ma sono sicuramente meritevoli di ascolto, mentre i loro concerti dovrebbero essere un must, perlomeno per ogni musicista.
Il tour mondiale degli EWF oltre al concerto di Lucca ha incluso una sola altra data italiana, quella di Milano il 23 luglio.
Tracklist Boogie Wonderland Sing a Song My Promise Shining Star Serpentine Fire Saturday Night Sun Goddess Kalimba Story Evil Keep Your Head to the Sky Devotion That’s the Way of the World Love’s Holiday Can’t Hide Love After the love has gone Reasons (+ Over the Rainbow) Brazilian Rhyme Got to Get You Into My Life Fantasy September Let’s Groove
Bis In the Stone
Lineup Morris O'Connor – chitarra solista Greg "G-Mo" Moore – chitarra, voce John Paris – batteria, voce Bobby Burns - tromba Reggie Young - trombone Gary Bias - sassofono B. David Whitworth – voce, percussioni Philip Doron Bailey – voce, percussioni Myron McKinley – tastiere Ralph Johnson – voce, percussioni Verdine White - basso Philip Bailey - voce, percussioni, kalimba