Un bending vicino al capotasto risulta più duro rispetto a quello eseguito intorno al 12esimo tasto. Ecco cosa succede alle corde e come relazionarsi nella pratica con i cambi di tensione.
Inauguro il mio primo post proponendo uno dei miei diversi dubbi, riguardo aspetti teorico-fisici della chitarra, che non sono ancora riuscito a sciogliere.
Per quale motivo fisico un bending eseguito in prossimità del capotasto risulta più "duro" e restituisce molto difficilmente un incremento di pitch pari a quello che si può ottenere agendo in prossimità del XII tasto?
Immagino abbia a che fare con la tensione, con la distibuzione delle lunghezze delle due parti di corda che si determinano (capotasto-tasto e tasto-ponte).
Non ho ancora elementi sufficienti a dare una risposta esaustiva alla questione. Un grazie sentito a chi potrà/vorrà tendermi una mano.
Risponde Pietro Paolo Falco: senza tirare in ballo leggi fisiche (al di là delle mie conoscenze e al di fuori delle preoccupazioni dei musicisti), credo sia utile analizzare il fenomeno attraverso qualche esempio che possa essere applicato alla pratica chitarristica.
La prima cosa da considerare quando si va a "piegare" una corda è che stiamo agendo sempre su due fulcri, che sono il capotasto e il ponte. Mettiamo un attimo da parte il fattore intonazione e pensiamo solo al movimento meccanico.
Quando tiriamo la corda di un tot di millimetri, rispetto alla posizione di "riposo" la corda descrive un dato angolo con il capotasto e un angolo con il ponte. La corda è un corpo elastico e, quando la tiriamo in un bending, si tende maggiormente diventando più dura sotto le dita. Questo accade semplicemente perché col crescere dell'angolo cresce anche la distanza tra i due fulcri e il fret rispetto alla posizione con corda a riposo, e la stessa porzione di corda deve estendersi di più per coprire la distanza adesso maggiore. Maggiore sarà l'angolo, maggiore sarà la distanza, maggiore sarà la forza a cui la corda è soggetta.
Nell'immagine puoi vedere come due bending della stessa ampiezza (intesa come millimetri rispetto alla posizione della corda a riposo, non come tonalità) presi al secondo fret o al 14esimo generino due angoli profondamente diversi al capotasto e, siccome maggior angolo vuol dire maggior distanza dal fulcro e quindi maggior forza, ai primi tasti raggiungere quell'ampiezza risulta più duro.
Quanto al ponte, è facile intuire che intorno al 12esimo tasto si crea un angolo maggiore rispetto a quello che si crea col bending al capotasto, ma in entrambi i casi siamo abbastanza lontani dal ponte perché l'angolo creato sia minimo.
Tutto ciò resta puramente nell'ambito della meccanica, perché prendendo in considerazione l'intonazione dei bending le cose si complicano un po'.
Se provi a eseguire quei due bending mostrati in foto, ovvero tiri la seconda corda al limite della tastiera per avere un punto di riferimento preciso, noterai che la nota cresce in maniera diversa nelle due posizioni. Al secondo tasto avrai un aumento di quasi un tono, mentre al 14esimo ci sarà una salita di circa un semitono. Questo dipende dall'intonazione della corda, la sua tensione, la sezione, gli angoli e la conseguente trazione generata sui fulcri, ma noi non ce ne facciamo niente e quindi torniamo alla pratica.
Per avere un incremento di un tono al 14esimo tasto dovrai tirare di più la corda, gli angoli generati ai fulcri aumenteranno le la corda si tenderà di più, ma non raggiungerà i livelli del secondo tasto.
Puoi fare una prova da te, appendendo un peso alla corda e spostandolo avanti e indietro lungo i tasti, per scoprire come varia l'angolo e quanto si altera la nota di posizione in posizione.
Conoscere ciò che regola il comportamento della chitarra può essere curioso, ma nella prassi esecutiva l'unico studio utile è quello relativo alla propria sensibilità, non necessariamente misurabile. Sarebbe divertente munirsi di goniometro e misurare/sommare i due angoli di volta in volta, applicare un dinamometro ai diversi punti delle varie corde per scoprire che forza bisogna imprimere per ottenere un dato bending, ma calcoli del genere possono essere tranquillamente lasciati ai produttori di chitarre e corde. Ciò che ci serve in realtà è collegare mano, muscoli e orecchio per immagazzinare in maniera del tutto individuale il movimento da fare per beccare il bending giusto, che cambia da uno strumento all'altro, da una corda all'altra e, soprattutto, da un chitarrista all'altro.