Ho imparato a fare i miei primi accordi su una Stratocaster American Standard dell’88, appartenuta a mio padre, ma in quel momento desideravo avere una chitarra che fosse completamente mia.
Così, tornando al piccolo negozio, dico ai miei amici: "Hey, perché non facciamo un salto e vediamo cosa troviamo?". Chi più entusiasta per natura musicale, chi meno, decidiamo di dare un’occhiata veloce all’interno. Scopriamo che il negozio è affilato a un centro decisamente ben più grande e fornito, che si trova nel centro della città di Belluno, mentre questo si dimostra assai scarno: qualche acustica, qualche elettrica, principalmente corde e microfoni. In questo negozio inoltre si trovano solo strumenti dai prezzi abbordabili, perciò non troviamo nessuna Custom Shop, Masterbuilt o chitarra al di sopra dei mille euro. Capisco comunque che il proprietario deve essere un amante delle Ibanez poiché, a parte una o due Fender e altrettante Gibson, nel negozio penzolano dal soffitto solo le amiche giapponesi. Guardando qua e là, vengo folgorato da una signorina molto trash, con un colore verde evidenziatore (che alcuni miei amici hanno definito color bile) che sprizzava anni ’80 da tutti i pori. Per qualche mio amico da essa scaturiva un forte accesso di nausea, ma a me ispirava: dentro di me pensavo "deve essere mia".
Un mio caro amico, anche lui alle prime armi e desideroso di comprare a sua volta uno strumento, mi dice: "Tra poco è il tuo compleanno e io ho voglia di fare una pazzia, ne prendo una a te e una a me". Lo guardo basito e rispondo "Ma sono 150 euro di chitarra! No dai, lascia perdere".
Per farla breve, siamo tornati a casa entrambi piuttosto contenti. E così, comincia la mia avventura con la signorina orientale e il Marshall a transistor del papà.
Passano gli anni, l’esperienza aumenta, si cambia strumentazione, e la signorina viene lasciata da parte finché, l’anno scorso, apro il classico armadio che esiste in tutte le soffitte e tiro fuori questa custodia morbida nera targata Ibanez. La apro, sorrido, soffio via la molta polvere accumulatasi e la osservo.
Quando l’avevo presa, non ci capivo un’acca di elettronica, pickup, legni e quant’altro. Da una tasca della custodia recupero il suo vecchio cartellino con le indicazioni e lo leggo:
- Ibanez Gio 170 DX
- pickup Ibanez made in Korea
- corpo in tiglio, tastiera in palissandro, manico in acero
- ponte e meccaniche Ibanez.
Decido di cambiare le corde, con cui ormai ci si poteva segare via un dito, dargli una ripulita e infine attaccarla al Mesa Boogie Mark V.
Comincio a suonare, il manico è molto scorrevole, come da tradizione Ibanez, ma le meccaniche perdono subito l’accordatura, le note risultano impastate, la chitarra è incolore, sterile, neutra. I puliti sono terribili, decido quindi di passare al crunch e la situazione migliora, ma di poco: si rendono utili solo la posizione al manico e al ponte. Passo ai distorti, la situazione migliora ancora un poco, ma l’unica posizione che suona decentemente è quella al ponte.
Dopo cinque minuti spengo l’amplificatore, stacco il jack e la osservo: "dopotutto, è stata la mia prima ascia, quella dove ho imparato a suonare".
Comincia a crescere il dubbio: la vendo? No, è stato un regalo. La regalo a mia volta? Nah, perché invece non darla in mano al mio liutaio di fiducia e farle un bell’upgrade?
La ripongo nella custodia, passano i giorni e poi mi decido: prendo la macchina e la porto dal liutaio, che mi assicura che la trasformerà completamente. Bene, penso, chiedo il prezzo, mi metto d’accordo e me ne vado. Passa qualche tempo e finalmente la chiamata arriva. Prendo di corsa la macchina e corro a riabbracciare la piccola.
Il liutaio mi sorride, mi mostra la chitarra e mi spiega gli upgrade effettuati:
- gli humbucker al manico e al ponte sono stati sostituiti con due Seymour Duncan lamellari, il single coil centrale non è stato toccato
- il selettore e la circuitazione sono stati sostituiti
- le meccanice sono state cambiate con delle autobloccanti Grover per mantenere stabile l’accordatura
- il ponte mobile è stato sostuito con un altro Ibanez stile Fender, niente Floyd (che io odio).
Spesa totale: 350 euro.
Esteticamente è esattamente uguale a prima, ma una volta attaccata all’amplificatore.. magia!
I puliti sono belli pieni, carichi e potenti, forse con un po' troppi alti, ma giocando con la manopola del tono si rimedia subito. I crunch sono bellissimi, belli pastosi e cremosi, gli AC/DC e le vecchie glorie heavy metal anni ’80 escono che sono una bellezza. I distorti sono potenti, grezzi, tendono un poco a impastare ma a me piacciono e sono piuttosto espressivi.
Il liutaio, mi passa una sua RG prestige, made in Japan, e me la fa confrontare. Il risultato è che per i miei gusti suona meglio la mia.
Grazie a questi video, ognuno di voi può essersi fatto un’idea di come la signorina suona, ad alcuni potrà piacere, ad altri meno. Per il sottoscritto, che assolutamente non vuole influenzare il vostro punto di vista, la chitarra si comporta decisamente bene. I puliti sono molto versatili, i crunch sono favolosi e i distorti possono piacere o meno, ma la chitarra suona, è viva e ha tanto da raccontare.
Chiaramente, la costruzione è economica. Il body, per quanto la verniciatura sia ben rifinita, appare chiaramente povero al tatto e la risonanza è minima. Il manico è bello scorrevole, e dopo un leggero assetto e la limatura di qualche tasto è risultato stabile e ben piazzato. I potenziometri originali non hanno un'escursione graduale e difficilmente da un distorto abbassando il volume riusciremo a ottenere un clean cristallino (il volume si abbassa, ma non tende più di tanto a scaricare la saturazione). Giocare di leva con il ponte originale, invece, porta a una scordatura quasi assicurata. Comunque, con le nuove meccaniche i bending e i vibrato leggeri non danno problemi.
Non piango assolutamente i soldi spesi, perché credo che non abbia nulla da invidiare ad alcune signorine che costano anche 500 euro in più. Il mio voto personale, per questa chitarra, è un dignitosissimo 7. Con 170 euro (più il costo di qualche modifica), potete portarvi a casa una bella signora, un po’ trash e sgargiante, ma che non sfigura sicuramente anche nei contesti live.
Molto spesso si tende a trascurare uno dei fattori principali per la qualità del suono delle nostre chitarre: l’amplificazione. Mi è capitato spesso di vedere amici suonatori con chitarre da migliaia di euro e un affarino da poche centinaia di banconote a dar loro voce. In realtà, sempre dal mio punto di vista, l’amplificazione conta forse molto più della mano e della qualità della chitarra che reggete fra le dita. Per esempio, con un amplificatore valvolare da 400 euro, ho notato che le differenze fra una chitarra economica e una core sono molto sottili, a volte addirittura impercettibili. Discorso diverso invece con un amplificatore da 1500 o 2mila euro (per esempio un Mesa Boogie Mark V o una Marshall plexi) dove, ovviamente a volumi elevati, la differenza diventa invece sensibile e a volte abissale. È bene comunque ricordare che se lo strumento suona bene con un certo tipo di ampli, non è detto che si comporti altrettanto bene con un altro. Ecco quindi che, a mio avviso, è bene ponderare bene l’acquisto di un amplificatore, soprattutto se si decide di affiancarlo a un'ascia di un certo valore. Il mio consiglio è quindi questo: prima di effettuare l’acquisto di una super chitarra, domandatevi invece se non sia meglio investire i vostri sudati risparmi in un amplificazione di qualità o quantomeno di medio livello. Ne gioverà il vostro suono, a prescindere dal fatto dell’oggetto musicale che possedete.
So che molti di voi storceranno il naso a questa notizia: per le registrazioni ho utilizzato un Kemper Profiler. Ce ne sarebbero tante da raccontare su questo gioiellino tedesco, ma ci vorrebbe un altro articolo molto lungo. Vi basti sapere che sto pensando di vendere tutti i miei fidati amplificatori e pedalini per usare solamente quest'oggetto per live e registrazioni in studio.
Pazzia? Per i tradizionalisti probabilmente sì, ma vi invito a provare il suddetto oggetto.