di Zenzero [user #36862] - pubblicato il 26 novembre 2015 ore 08:00
L'edizione limitata del 2008 dedicata da Music Man a John Petrucci è un concentrato di cura estetica, finiture di lusso e materiali di prima scelta. Il suo suono sembra fatto per essere colorato con mille effetti e un piezo a bordo le dona una versatilità rara.
Per merito della storia a cui è legata, la Music Man John Petrucci Limited Edition 2008 è di diritto quella a cui forse sono più legato sentimentalmente. È proprio nel 2008 che ha inizio la storia. All'epoca ero un adolescente metallaro ancora alla prime armi, con in testa solamente i fraseggi iper veloci e gli assolo spaccadita del signor Petrucci. I Dream Theater mi avevano letteralmente stregato. Non ascoltavo altro e, appena avevo l’occasione, sul mio iPod passava l'intera discografia della band. I loro pezzi mi hanno accompagnato nei momenti belli e in quelli infelici, passando dall’autobus della scuola fino alle riflessioni filosofiche che mi travolgevano la sera, mentre fumavo una sigaretta standomene seduto sul balcone di casa a osservare le stelle del cielo (brutto vizio, non iniziate mai!). Il mio periodo da metallaro incallito adolescenziale è ormai acqua passata, e i gusti musicali sono drasticamente cambiati, tuttavia il tempo per ascoltare la mia canzone preferita, che per la cronaca è "The Count of Tuscany" dell’album Black Clouds and Silver Linings, ogni tanto lo trovo. Mi sono reso conto con l’esperienza che la mia vena chitarristica non appartiene assolutamente allo stile progressive, sia per la mancanza di capacità tecnica sia per il totale disinteresse a correre su e giù per il manico come un dannato. La presa di coscienza che non diventerò mai un Petrucci ha fatto il resto. Ma di una cosa sono riconoscente a questo fantastico chitarrista: quello di avermi insegnato ad amare profondamente la musica e a poter comunicare con essa.
Bando alle ciance, iniziamo il nostro racconto. Per il mio diciassettesimo compleanno, mio padre (cultore, appassionato e collezionista delle nostre amate), decide di regalarmi la chitarra dei miei sogni. Dopo aver navigato su internet alla ricerca di un buon prezzo, decidiamo di partire alla volta di Belluno, dove si trova un negozio di strumenti musicali (l’unico in tutta la città) che offre il prodotto dei miei desideri. Dopo qualche oretta di viaggio giungiamo finalmente alla meta e io, eccitatissimo, richiedo subito al commesso di provarla su un bell’amplificatore. Il proprietario, sorridente e molto cordiale, mi offre lo strumento e mi propone di provarla su una Marshall JCM 2000.
La chitarra ha un colore semplicemente spettacolare, tutt’oggi la sua estetica ed eleganza mi affascinano in modo quasi devoto: la casa madre ha battezzato la finitura chiamandola "Sequoia Gold".
Music Man è maestra nel realizzare questo tipo di verniciatura, poiché il colore (un marrone color sequoia per l’appunto), cambia in base a come viene colpita dalla luce: essa passa da una sfumatura quasi dorata in piena luce a un nero praticamente totale. È impossibile descrivere l’effetto che crea il body con i giochi di luce, per questo dovrete credermi sulla parola. Le meccaniche in madreperla, gli intarsi in abalone, l’ebano per la tastiera, l’acero occhiolinato per il manico e il ponte e pot dorati fanno il resto. Questa chitarra è un capolavoro di eleganza, tant’è che suonarci metal pare quasi un'eresia.
Tornando alla prova su strada, la chitarra viene attacca all’amplificatore a un volume piuttosto moderato e il ragazzino comincia a produrre una serie di note sgraziate che fanno storcere il naso a più di una persona all’interno del locale, un po' per merito dell’emozione, un po' per l’inesperienza.
Mio padre appare perplesso: il suono in distorto risulta parecchio impastato, mentre i clean sono molto interessanti. Me la toglie dalle mani, con mio profondo disappunto, e comincia a smanettare con l’equalizzazione e si mette a suonare per il sollievo delle orecchie dei presenti. Ma tuttavia la sua perplessità rimane: il suono rimane piuttosto sgraziato (per i suoi gusti) e il timbro di Petrucci rimane ben distante da quello che esce dal cono della cassa. Quindi, direte voi, che cosa ha fatto cambiare idea a questo pover uomo, che alla fine ha acconsentito a sganciare 2550 euro per portarla via? Gli occhi dolci e le preghiere del figlioletto forse? Probabilmente in parte sì, ma quando il proprietario gli propone di collegare l’ascia a un amplificatore per chitarra acustica ecco che scatta la scintilla!
Mio padre ha scelto di acquistare la chitarra soprattutto per il piezoelettrico: ancora oggi, suonandola, trovo che il suono dell’acustica che produce sia il migliore sulla piazza e di qualità ben più alta di certe Martin, Larrivée o Takamine elettrificate che si trovano a cifre con tre zeri sul mercato. Si discute, si cerca di trattare un poco sul prezzo e via, dritti a casa.
La Music Man JP6 è bellissima esteticamente, e su questo ne ho già ampiamente elogiato le caratteristiche precedentemente, ma purtroppo oggi, a uno sguardo più oggettivo, la guardo e soprattutto l’ascolto con un parere diverso. Il manico è scorrevolissimo, super sottile, e i pot, gli switch e la forma del body sono studiati nel minimo dettaglio per far sì che l’esecutore abbia il pieno controllo dello strumento: tutto sta esattamente dove deve stare. Purtroppo ho scoperto nel corso del tempo che il sottoscritto ha bisogno di manici piuttosto cicciotti, con questo super sottile le corde mi scappano nei bending. Ho provato ad alzare l’action ma niente da fare, la mia mano non vuole saperne di adattarsi, anche se devo ammettere che l’acero a occhio di pernice è il più scorrevole e liscio che abbia mai toccato.
Il ponte si muove sia in alto sia in basso, permettendo di eseguire dei vibrati abbastanza importanti, mentre le meccaniche autobloccanti tengono molto bene l’accordatura e questa tende un poco a sbandare solo se si gioca molto violentemente con la leva del ponte.
Le tre manopole dorate sono rispettivamente volume, tono e volume piezo. L’escursione del volume è molto buona, provocando un calare della distorsione graduale fino a ripulire completamente il suono facendo risaltare il clean che però appare piuttosto sottile e scarico, mentre la manopola di tono si comporta in maniera egregia, anche se a fine corsa il suono ne risulta fin troppo cupo. Lo switch in basso a tre posizioni comanda l’humbucker al ponte, che in posizione due si splitta per diventare un single coil, e l’humbucker al manico in posizione tre.
Nella prova e nel video che vedrete, gli originali sono stati sostituiti con dei Seymour Duncan Distortion, poiché trovavo i Di Marzio di serie troppo freddi e sottili (ma questi sono chiaramente gusti). Infine, lo switch in alto permette di selezionare il solo piezo, la miscelazione di esso con entrambi i pickup o solo il suono elettrico. Inoltre è equalizzabile tramite i comandi di Middle, Treble e Bass posti sul retro. Il piezo, oltre a essere attivo e quindi necessitare di una batteria a 9V, ha un’uscita jack dedicata a lato, per mandare il segnale a un impianto o a un amplificatore per chitarra acustica.
Come nota personale, voglio dirvi che ho provato anche il piezo di svariate Parker o di PRS P22/24, e ancora oggi reputo quello montato su questa MM il migliore in circolazione. Menzione d’onore per la custodia: un capolavoro di eleganza, rilegata con pelle di serpente (o coccodrillo, non lo so con certezza) di colore marrone.
Quanto al suono, oggi finalmente capisco perché mio padre risultava piuttosto scettico al momento dell’acquisto. Se i clean sono cristallini, bellissimi e molto espressivi, il problema di questa chitarra è, paradossalmente, il distorto. Non crediate con basti attaccare questa signorina a un Mesa Boogie per tirare fuori dei riffoni degni del miglior chitarrista della scena progressive, perché la chitarra è studiata per essere utilizzata in un certo modo, e soprattutto con una certa attrezzatura.
Innanzitutto, è tassativamente impossibile utilizzare la posizione centrale in suoni saturi: le note slabbrano che è un piacere, ve lo garantisco, mentre la posizione migliore si rivela quella al ponte sia per riff, sia per ritmiche e assolo. La posizione al manico invece si gonfia troppo e deve essere utilizzata solamente per i fraseggi e i passaggi veloci a note singole. Il distorto non deve mai superare una certa soglia di saturazione, pena un suono zanzaroso e poco utilizzabile.
Attaccata al solo amplificatore, la chitarra risulta fredda, incolore, inespressiva, e da questo deriva anche il mio cambio di pickup. Pensando di risolvere la situazione, ho sostituito gli originali, ma purtroppo tale scelta è servita a poco, seppur qualche sfumatura emozionale ora riesce finalmente a uscire. Un suono orribile, penserete voi, e invece no: la magia scatta quando alla signorina si cominciano ad affiancare sustainer (perché di sustain ne ha poco, questa è l’amara verità), chorus, deelay e tutte le altre diavolerie che il suo ideatore utilizza. La JP6 "deve" essere affiancata da dei rack effetti per poter finalmente esprimere il suo potenziale. Non è assolutamente una chitarra per il rock vecchio stile (quello che poi suono io alla fine) e il suo acquisto deve essere ben ponderato, poiché si sarà costretti ad affiancarle la strumentazione di cui necessita per suonare bene. Non nego che la tentazione di rivenderla mi ha toccato diverse volte, e per un certo periodo è stata messa in vendita anche online, ma quel piezo e quell’estetica mi fanno dimenticare i suoi difetti.
Sono molto combattuto sul voto: non me la sento di darle un voto più alto di 8.5. Questo perché da un lato abbiamo un livello di costruzione professionale (si sente e si vede che lo strumento ha un certo valore), ma quando andiamo a toccare l’argomento suono il discorso si fa complesso. Non è una chitarra per tutti, e il suo acquisto preclude quasi sicuramente una spesa aggiuntiva in rack o multieffetti costosi. In questo caso, la sua versatilità, merito soprattutto del piezo, diventa enorme. Al giorno d’oggi Jackson, Ibanez e compagnia offrono molto di più a prezzi ben più bassi e abbordabili. Sconsiglio l’acquisto a chi vuole una chitarra semplicemente per divertirsi e suonare, non fareste altro che pentirvene.
Una piccola parentesi per le limited edition: La Ball Family Reseve (BFR) è stata introdotta solo piuttosto recentemente. Di essa fanno parte gli strumenti di fascia più alta di casa Music Man e rigorosamente costruiti e controllati a mano. La Petrucci è entrata in catalogo in questa sezione speciale, proponendo dei pickup Di Marzio custom e un body in ontano (quest’anno tuttavia sono state presentate le varianti in mogano). Tutte le versioni precedenti erano create semplicemente con pickup classici CrunchLab e Liquidfire, body in tiglio, sprovviste degli intarsi e delle meccaniche pregiate. Le serie limited (ancora oggi) si frappongono esattamente a metà fra la serie custom e standard: se i materiali utilizzati sono pregiati, il body rimane in tiglio (o ontano in casi particolari) e i pickup sono standard, mentre la costruzione è affidata in parte al lavoro umano.
Ricordo che il video è stato registrato tramite Kemper Profiler, Logic Pro X e una scheda audio Roland Tri-Capture. Per altre informazioni riguardanti le video prove e la strumentazione, vi invito a visionare il video di presentazione dell’Ibanez GRG170DX.