di gabriele bianco [user #16140] - pubblicato il 30 novembre 2015 ore 07:30
Una delle cose più belle nelle quali si possa incappare al giorno d'oggi, consiste nel trovare ragazzi pieni di entusiasmo, voglia di migliorarsi, nessuna paura per la fatica e tanto talento. In queste categorie rientra Daniele "Bat" Maraspin che, spinto dal suo talento e guidato da Gianni Rojatti che ha curato la produzione del suo primo EP, ha potuto contare anche su altri artisti di spicco quali Giacomo Castellano (mix e master) ed Erik Tulissio (batteria). Gli abbiamo rivolto qualche domanda per meglio approfondire la nascita di questo suo primo lavoro.
Gabriele Bianco - Come ti sei avvicinato alla chitarra? Daniele Maraspin - Avendo per padre un chitarrista classico, mi son ritrovato a vivere nella musica fin dalla nascita. Inizialmente fui attratto dal pianoforte, l'ho studiato per anni, poi più o meno in quinta elementare a un concerto dove suonava anche mio padre, ho sentito per la prima volta dal vivo un violoncello, da lì mi sono iscritto al conservatorio di Trieste e ho iniziato a distruggere le orecchie dei miei genitori cercando di imparare a usare bene l'archetto. Alla fine, alle superiori, ho tradito il violoncello per la chitarra elettrica... era incredibilmente veloce, versatile e con un suono che ti spaccava i denti. Cosa puoi voler di più a 13/14 anni? Ho cercato di suonare per un po' chiedendo consigli a mio padre e provando nuove soluzioni da autodidatta, però la svolta è avvenuta quando di malavoglia ho seguito il consiglio dei miei genitori e sono andato in una scuola privata di musica a Trieste. Non avevo molta voglia di riprendere a studiare. L'ultimo anno al conservatorio mi aveva lasciato un po' di amaro in bocca. Però in questa scuola ho conosciuto un giovanissimo Rojatti che mi ha stregato. Nella lezione di prova mi ha detto: "e poi sulla chitarra possiamo fare anche questo" (tirando una quantità di note violentissime in meno di un decimo di secondo). Ho pensato che tutto sommato potevo far lo sforzo di riprendere a studiare musica! Poi il resto è andato da sé! Devo ringraziare i miei genitori. Se mi son appassionato così tanto alla chitarra è stato soprattutto grazie a loro, non mi hanno mai obbligato a studiare musica, ma mi hanno sempre supportato in ogni mia scelta. Non è una cosa da poco!
GB - Quali sono gli artisti che più hanno influenzato il tuo stile? DM - Ce n'è per tutti i gusti! Ovviamente il grosso lo devo ad alieni come Jason Becker, Marty Friedman, Gilbert, Malmsteen, Steve Vai, Tosin Abasi e Jeff Loomis che hanno letteralmente intasato il mio lettore mp3 per anni! Poi, uscendo dal mondo degli “shreddoni”, ho trovato tantissimi stimoli ascoltando Nirvana, Foo Fighters, Audioslave, tantissimo metal con i Korn, Periphery, Sikth, Meshuggah e artisti di musica elettronica come Skryllex, Pendulum ed Enter Shikari.
GB - Come è nata l'idea di realizzare un EP? DM - È un'idea che è sempre esistita, anzi più che un'idea lo definirei un sogno messo lì in un angolino un po' difficile da raggiungere. Poi però in un periodo di transizione in cui avevo da poco smesso di suonare con il mio vecchio e amatissimo guppo “Shattered Thought Patterns” e bazzicavo in varie band emergenti della mia zona, mi sono ritrovato a buttar giù idee che lentamente hanno preso forma diventando dei lontanissimi cugini di quello che è oggi l'EP!
GB - Poi Gianni Rojatti ha sentito i tuoi brani e ha deciso di produrre il tuo lavoro. Cosa è successo quindi subito dopo? DM - È stato un periodo esaltante e frustrante allo stesso tempo. Mi sono ritrovato di colpo catapultato in una dimensione in cui il mio sogno poteva concretizzarsi, in più da poco avevo iniziato a lavorare come insegnate di chitarra al CAM di Monfalcone, quindi il tempo a disposizione era davvero poco e dovevo riuscire a incastrare tutto. Per fortuna l'entusiasmo non mancava!
Ci sono stati attimi in cui un rapido abbattimento del morale diventava una spinta a migliorare. E' capitato per esempio che concludendo un riff che ritenevo “funzionale” mi arrivava puntualmente una mail in cui il buon Rojatti in breve diceva: "bellissimo, ma facciamolo meglio". Mi son distrutto le dita per migliorare ogni singola nota, però ne è valsa la pena! Una volta fatte le tracce guida per far sì che Erik Tulissio potesse registrare le tre tracce di batteria, ci siamo chiusi in studio da Gianni in tre full-immersion abbiamo terminato le registrazioni delle chitarre ritmiche. È stato fighissimo, lavoravamo fino a sera suonando migliaia di combinazioni tra chitarre, pedali e amplificatori, sperimentando quasi senza limiti tutto ciò che ci veniva in mente. Poi la mattina dopo ricominciavamo. Esaltante era sentire a distanza di poche ore, la track registrata la sera prima... mi pareva sempre che fosse un altro chitarrista quello che suonava, e mi rendeva molto felice, significava che il mio miglioramento personale stava andando avanti! Finite le sessioni ritmiche, sono iniziati i veri dolori. Gli assoli li ho registrati a casa nel mio Home Studio e una volta finiti li spedivo allo studio “Dolcettico”. Dopo mille fatiche, delusioni per sprazzi di assolo bocciati, momenti di estasi per le parti accettate e rischio di tendiniti a profusione per la quantità di ore sulla chitarra, sono finalmente giunto a registrare degli assoli che funzionassero a pennello con le ritmiche. La botta di vita finale è stata la notizia che Giacomo Castellano aveva accettato di collaborare per fare i mix e il master del disco... non ho dormito per settimane!!!
GB - Erik Tulissio alla batteria e Giacomo Castellano con i mix, sono figure professionali molto vicine a Gianni (visto che entrambi sono coinvolti nei suoi progetti, Dolcetti e Racer Cafè). Di chi è stata l'idea di coinvolgerli e qual'è stato il loro apporto al disco? DM - Nelle fasi preparatorie avevo sperato di poter contattare Erik per fargli costruire e registrare le batterie. E' stato bello perchè Gianni me l'ha proposto prima che io potessi formulare la domanda. Erik è un batterista incredibile e una persona ottima, sempre pronta a darti ottimi consigli e incoraggiamenti! Mi ha incredibilmente stupito, conosco i suoi ottimi lavori con i Dolcetti a memoria e quindi pensavo di sapere cosa stava per arrivare nella sezione ritmica del disco. Invece si è trasformato, ha creato un tappeto ritmico ancora più devastante ed elegante allo stesso tempo. Ho veramente apprezzato il fatto che non abbia cambiato la mia percezione dei brani, ma anzi sia riuscito a incattivirli con incastri notevoli (che in alcuni casi erano così belli che con Gianni abbiamo deciso di modificare la chitarra ritmica per costruirla cucita alla batteria). Ha avvicinato notevolmente il tutto al mondo metal che seguo e che adoro.
Giacomo Castellano ha fatto un lavoro grandioso, è stato contattato da Gianni. (io mai avrei sperato in tanto!). Ha preso i suoni - che io reputavo già buoni nella mia semplicità- e li ha resi incredibilmente potenti! La prima volta che mi son arrivati i brani dallo studio di Giacomo sono rimasto senza fiato, ricordo che la mia ragazza mi aveva chiamato per andare a cena e non riuscivo-volevo staccarmi dalle cuffie! È stata un'emozione pazzesca, un giorno sei nella tua camera con un sogno che pensi quasi irraggiungibile e il giorno dopo ti ritrovi con un EP tra le mani con delle collaborazioni gigantesche e un suono che ti fa girare il cervello! Sono tre personaggi incredibili, li consiglio a chiunque volesse fare un EP o un disco con la certezza di ricevere alla fine un lavoro impeccabile!
GB - Puoi descrivere il setup per la realizzazione del disco? DM - Certamente! Ci siamo divertiti a sperimentare tantissime soluzioni. Di base per le ritmiche ci siamo basati su un testata cassa Laney Lionheart L50H per le ritmiche più rockettare, mentre per i suoni più cattivi, ci siamo giostrati tra la fantastica Laney Ironheart IRT-Studio e l'incredibile Zoom G3 che avevamo settato appositamente per questo lavoro. Poi per le parti con i suoni più particolari ci siamo sbizzarriti andando a provare tanti vecchi pedali anni 80 (Mxr, Electro Harmonix, Ibanez) che hanno dato quel tocco in più alle sonorità che cercavamo.
Per quanto riguarda le chitarre, di base ho utilizzato la mia fida Ibanez a sette corde Rg 1527z, poi per dar più spessore al suono abbiamo utilizzato un'altra Ibanez sempre a sette corde di Gianni che montava però pickup diversi e addirittura in alcuni casi specifici abbiamo usato anche la otto corde. La somma dei suoni ha dato vita al suono incredibile della ritmica che si sente nelle tracce. Per le parti più “esotiche” invece abbiamo utilizzato lo stesso schema usato per i pedalini. Ci siamo mossi tra classicissime Fender Stratocaster e Telecaster, Gibson Les Paul, e incredibilmente per l'intro di 8c+ abbiamo utilizzato una vecchissima dodici corde della Danelectro. La cosa incredibile è stata che nell'ascoltare i suoni “da soli”, spesso mi ritrovavo a chiedermi se fosse stata la scelta giusta, poi però riascoltandoli inseriti nel contesto del brano si scopriva che l'effetto era una sberla sonora notevole.
GB - Quali sono state le difficoltà alle quali sei andato incontro per la realizzazione del tuo EP? DM - La prima difficoltà è stata quella tecnica, banalmente il suonare un riff abbastanza veloce preciso come una macchina sul metronomo, richiede una tecnica notevole. Molti fraseggi sono doppiati dal sintetizzatore e al giorno d'oggi l'imprecisione, anche se minima, ti può affossare, quindi mi son dovuto tirar su le maniche e lavorare di metronomo (ragazza e vicini non erano molto contenti...) Poi in generale la fase di scrittura degli assoli, essendo questo un CD strumentale atipico dove la parte più importante è la ritmica, volevamo avere dei soli piccoli, ma che lasciassero il segno, non è stato affatto facile. In più, sapendo che in fase di costruzione il tutto passava per le orecchie di Tulissio, Rojatti e Castellano, diciamo che si sentiva un po' di ansia da prestazione!
GB - Hai presentato inoltre il tuo lavoro al trascorso SHG. Qual'è stato il riscontro del pubblico? DM - Caspita è stata un'emozione gigantesca! Finita la dimostrazione sono tornato allo stand della Kalc Guitars, marchio che rappresentavo e di cui sono endorser, mi si sono avvicinate delle persone facendomi i complimenti, sia per come avevo suonato sia per la musica che proponevo. E' stata una bella carica, amplificata poi dalle mail ricevute piene di entusiasmo da chi aveva comprato l'Ep da amici, conoscenti e non solo che avendolo ascoltato mi han rivolto i propri complimenti e incoraggiamenti. Incrocio le dita, ma al momento mi sembra che il riscontro sia più che favorevole!
GB - A proposito della chitarra utilizzata sul palco di SHG, puoi descrivercela? DM - È una Kalcguitars, fa parte di una giovane famiglia di chitarre nate dal Liutaio Triestino con radici slovene Aljosa Kalc. E' attivo da pochissimo, ma produce dei veri gioiellini a corda. Quella che mi avete visto suonare al SHG, è la chitarra che ha costruito per me. Una sera ci siamo messi a tavolino e mi ha chiesto come sarebbe stata la mia chitarra perfetta ed eccola qui...
Da ragazzino non sono stato un grande amante delle Telecaster. Mi piacevano, ma da buon metallaro preferivo le punte. Poi però negli ultimi anni è cambiato qualcosa e l'idea di una sette corde con la tastiera in acero e il corpo con la forma Telecaster mi si è infilato in testa e non è più uscita! Il body è in mogano mentre il top è in acero tinto di blu con le venature del legno rimaste ben in vista, il manico oltre ad avere la già citata tastiera in acero, ha il manico formato da tre legni diversi: mogano, acero e wenge. Monta meccaniche e ponte della Hipshot e pickup Seymour Duncan, Nazgul al ponte e Sentient al manico... ottimi per devastare i timpani! Quando l'ho suonata per la prima volta mi sono letteralmente innamorato, è bellissima, elegante e con un suono che tira giù i muri. Un sogno!
GB - Ora hai un EP tra le mani, tanto talento e professionisti di grande valore che hanno lavorato per te. Quali sono le tue aspettative/progetti per il futuro? DM - Beh, intanto grazie per il "tanto talento"! Adesso mi sto dando da fare per organizzare più concerti e clinic possibili, mi sto muovendo per girare dei video, anche didattici, da rendere pubblici al più presto. Mi piace molto il ruolo del dimostratore, attualmente stiamo pianificando tutta una serie di eventi con Aljosa (il Liutaio della KalcGuitars) dove possiamo andare a presentare le sue chitarre e posso sfogarmi suonando i miei brani! La Heart Of Steel Records è l'etichetta che sta distribuendo il mio lavoro. Mi stanno sostenendo veramente tanto, a breve vorrei riuscire a creare con loro un bel po' di eventi interessanti. Sono felice perché questo è solo l'inizio, ho un sacco di idee per la testa: eventi, nuovi brani, clinic. Lentamente (non troppo) ho in programma di raggiungere tutti questi obbiettivi per poterne creare di nuovi.