di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 15 marzo 2016 ore 18:00
Quando il grunge spazzò via lustrini e acrobazie dei chitarristi degli anni ’80, tanti di loro cercarono di riciclarsi, reinventandosi nel look, nel suono e nella proposta artistica. Con risultati grotteschi. L’unico che ci riuscì fu Nuno Bettencourt che nel 1997 confezionò Schizophonic, disco non solo credibile ma proprio bello.
Quando il grunge spazzò via lustrini e acrobazie dei chitarristi degli anni ’80, i guitar hero di quella scena oramai obsoleta si trovarono in caduta libera di immagine, consensi e popolarità. In tanti cercarono di riciclarsi e di salire, più o meno al volo, su quel nuovo carrozzone musicale, reinventandosi nel look, nel suono e nella proposta artistica. Con risultati grotteschi.
L’unico che ci riuscì fu Nuno Bettencourt che nel 1997 confezionò Schizophonic, disco non solo credibile ma proprio bello. Del resto, Nuno aveva già dato prova di una certa freschezza e intelligenza musicale. I suoi Extreme erano esplosi in una fase terminale della grande popolarità dell’hard rock degli anni ’80 ma erano riusciti a brillare grazie a innovative contaminazioni con rap e funk, generi che caratterizzavano tante band allora di tendenza (Living Colour, Faith No More, Red Hot Chili Peppers…).Schizophonic era un autentico album di quello che si chiamava alternative rock e convinceva in tutto: suonato, suoni e songwriting. Nel disco Nuno si destreggiava un po’ con tutti gli strumenti ma senza fare tutto da solo.
Ad aiutarlo, in regia c’era Anthony J. Resta, una vecchia volpe già produttore per i Duran Duran, che aveva lavorato per Blondie ed Elton John. E il peso di quelle esperienze si fece sentire, perché il suono dell’album risultò delizioso. Nuno fino ad allora aveva strapazzato le sue chitarre passandole per l’ADA Mp1, il preamplificatore con il suono più anni ’80 degli anni ’80 (memorabile la sua distorsione con il chorus). Invece su Schizophonic sfoggiava gli stessi magnifici suoni, vintage e lo-fi, di tanti album e artisti del periodo. E Nuno ne ricordava e citava veramente a pacchi: dai primissimi Radiohead, ai Blind Melon, passando per i Foo Fighters, allora appena esplosi e che, evidentemente, avevano conquistato Bettencourt che qua e la gli faceva il verso come su “Swollen Princess” . Ma c’era anche un pizzico di Alanis Morissette, di Jeff Buckley assieme ad accorate dichiarazioni d’amore al chitarrismo dei Dinosaurs Jr.
In più di un brano Nuno schiacciava l’acceleratore e incastonava negli assolo mitagliate di note. Ma uscivano così spontanee, fresche e valorizzate da un suono inedito per quel tipo di fraseggio che non stonavano. Anzi, restano il tocco di originalità e carattere di un disco che, altrimenti, sarebbe potuto sembrare un semplice esercizio di stile.
Il gioiello di Schizophonic è “Crave” una ballad che - l’avesse scritta e suonata Lenny Kravitz -sarebbe rimasta tra i capolavori degli anni ’90.
P.s. Niente fantasie sulla ragazza in copertina. Quella fatale bionda mozzafiato, un po' Marilyn un po' pornostar, con un'inquietante cicatrice sulla fronte è Nuno Bettencourt travestito.