Dopo , , foto sbirciate ovunque sul web e pareri contrastanti da parte dei fan, PRS , la signature che ufficializza il passaggio di John Mayer alle scuderie del Maryland.
Come lasciato intuire finora, le ispirazioni dietro il modello sono chiare. Body in ontano, manico in acero e tastiera in palissandro non lasciano spazio a dubbi. Tre single coil su un battipenna a tre strati e un ponte mobile a sei viti sono gli ultimi ingredienti necessari per quella che molti hanno già additato come un banale clone della solid body più diffusa e imitata di tutti i tempi. A guardarla più da vicino, però, la Silver Sky riserva vari accorgimenti da non sottovalutare.
Si dice che la perfezione stia nei dettagli, ed è su quelli che Paul Reed Smith ha voluto soffermarsi per personalizzare uno dei progetti più classici in circolazione. Nelle schede tecniche, nelle presentazioni ufficiali e nei video diffusi finora non si fa mai riferimento al modello da cui la Silver Sky trae ispirazione, ma non ci vuole la sfera di cristallo per immaginare che PRS abbia guardato molto da vicino a una Fender Stratocaster per sfornare l'inedita signature.
Per la precisione, John Mayer è entrato nel laboratorio PRS con a seguito una Stratocaster del '63 e una del '64, proponendo a Paul di farne il punto di partenza della sua nuova chitarra.
I manici della '63 e della '64 sono stati studiati a fondo e ne è stato ricavato un nuovo manico che rappresenta una via di mezzo tra i due. Da qui il nome 635, come "63 e mezzo", dato alla forma del manico e ai pickup signature preparati da PRS appositamente per la chitarra di John.
Le misure sono più che classiche: il diapason conta 25,5 pollici, mentre la tastiera poggia su un radius da 7,25 pollici. I fret sono più piccoli rispetto a quelli a cui PRS ha abituato i suoi fan, ancora una volta a fare da richiamo alla tradizione elettrica californiana. Le somiglianze, però, si fermano più o meno qui.
Sulla spalla inferiore della Strat in chiave PRS è scavato il caratteristico contour di casa per agevolare l'accesso agli ultimi fret. Il tacco a cui il manico è avvitato è leggermente arrotondato per non impicciare il palmo sui registri più acuti. All'interno, un truss rod a doppia azione accessibile dalla paletta offre regolazioni efficaci e precise. L'equilibrio dell'insieme è indicato come il responsabile di una suonabilità eccezionale che, contro ogni pronostico legato al valore ridotto del radius, parrebbe garantire una totale assenza di buzz e note morte anche con gli stili musicali più moderni e nei bend più selvaggi. PRS è maestra di suonabilità e setup: in attesa di vedere la Silver Sky nei negozi, ci sentiamo di darle fiducia in questo.
La doublt-cut bolt-on PRS non si limita ad assemblare una buona Strat con componenti di qualità nel tentativo di offrire un'alternativa valida agli amanti del genere, bensì infonde nel modello una buona dose di originalità. La presa del jack ha una forma inedita, leggermente bombata e riposizionata per rendere più agevole infilare e sfilare lo spinotto dallo strumento. La forma delle manopole è rivista da zero e persino il il selettore è stato rimodellato per offrire al musicista una presa più decisa e solida nel cambio pickup. Le modifiche sul battipenna non si limitano all'estetica, e anche l'elettronica si discosta dagli standard vintage: i tre single coil 635JM sono cablati in modo tale che il primo potenziometro regola il volume master, il secondo controlla il tono del pickup al manico e del centrale, mentre la terza manopola è dedicata al tono del pickup al ponte.
Il ponte, in ultimo, è un modello proprietario PRS interamente in acciaio e ispirato da vicino ai modelli vintage, ma con viti di nuova concezione studiate per offrire un'escursione precisa e generosa, con un ritorno in sede impeccabile e una buona tenuta d'accordatura. Il meccanismo conta insomma tutte le peculiarità dei migliori ponti PRS, compresa una leva a incastro con regolazione della rigidità del braccetto, così da decidere se lasciarlo penzolare o fare in modo che resti in posizione mentre si suona.
Sul lato funzionale, tutto sembra studiato fino nei minimi dettagli. Forse l'arrivo della Silver Sky non avrebbe indignato così tanti tradizionalisti se PRS non avesse deciso di appiopparle una versione modificata della propria paletta a tre meccaniche per lato.
Vedere una Strat senza le sei meccaniche in fila può apparire terribilmente "sbagliato" agli occhi di chi è innamorato del disegno di Leo Fender, ma Paul è riuscito a fare di più: la fa apparire "strana" anche per chi era già abituato alla paletta PRS.
La paletta della Silver Sky è di fatto una versione modificata dello shape PRS, invertita per avere la punta più sporgente nel lato inferiore e ingrandita per offrire maggiore spazio in cima al manico, dove John Mayer è solito poggiare la sua grossa mano sinistra quando suona al capotasto o con corde a vuoto. La scelta permette alle dita di muoversi con meno impaccio in prima posizione se si hanno delle mani davvero grandi, ma lo scotto da pagare è una sensazione di "fuori posto" a cui probabilmente ci vorrà un po' per abituarsi. Le meccaniche autobloccanti, sempre una garanzia di tenuta e stabilità, indorano senza dubbio la pillola, ma ogni volta che l'occhio cade oltre il capotasto, in prossimità di quel piccolo coperchio del truss rod dall'improbabile forma ellittica e minimale, quasi modernista, non si può fare a meno che chiedersi "perché".
Chi scrive è probabilmente l'ultimo nella posizione di giudicare questa scelta estetica: la chitarra a cui sono più affezionato è una Strat di liuteria a cui è montato un manico LTD molto simile a quello scelto ora da PRS. Eppure l'effetto non è lo stesso. Come spesso capita nel campo, la sensazione è puramente "di pancia" e sta ai chitarristi decidere se riusciranno o meno ad accettare il curioso abbinamento.
Al netto delle considerazioni estetiche, la questione si riduce al solito "ne sentivamo davvero il bisogno?".
Intanto, una chitarra in più può solo far piacere e non fa male a nessuno.
La Silver Sky non inventa nulla di nuovo sul piano timbrico e probabilmente non intendeva farlo. Sul versante estetico, la personalizzazione PRS era necessaria per non cadere ancor più nella fossa dei cloni: che piaccia o meno lo dirà il mercato, anche se per il momento pare non piaccia poi molto né ai fan Fender né a quelli PRS. Forse bisogna solo farci l'occhio, forse no.
A questo aspetto si contrappone una lunga lista di accorgimenti funzionali da non tenere in secondo piano. La qualità di casa lascia ben sperare per una Strat realizzata a regola d'arte, con il plus di un body leggermente rivisto, un manico inedito, pickup performanti e dell'hardware responsabile di un feeling ancora da scoprire.
L'ago della bilancia, in un mix simile e con un design tanto inflazionato, lo fa il prezzo. In questo, PRS stupisce: la cifra sul cartellino è sempre importante, come si poteva immaginare in relazione al resto della produzione USA, ma resta nettamente al di sotto dei modelli traino del marchio. La Silver Sky si posiziona in una fascia di prezzo perfettamente allineata con gli strati più alti del catalogo industriale Fender e comunque al di sotto delle produzioni Custom Shop o dei principali competitor.
In sostanza, la Strat vista da PRS salta a pié pari il saturo mercato dell'entry level e della fascia media, ma non vuole scomodare nemmeno i santoni della categoria: a ognuno il suo lavoro e per il top di gamma c'è già la Custom.
La Silver Sky si fa spazio piuttosto in una zona ancora rarefatta, attualmente occupata da alternative a Fender che puntano per lo più su bei legni e su componenti di qualità per strappare numeri ai modelli "ufficiali". PRS però ci posiziona uno strumento dalla forma a suo modo originale, con scelte estetiche che possono piacere o meno ma con chicche strutturali che non possono essere associate a un semplice assemblato di alto bordo.
I fan di Paul Reed Smith erano da tempo affamati di Strat-style, lo dimostrano vecchi esperimenti come la DC3, la NF3 o la EG, ma anche modelli più recenti come la 305. La Silver Sky potrebbe essere esattamente ciò che stavano aspettando. Ne sapremo senz'altro di più non appena la nuova PRS toccherà gli scaffali italiani grazie alla .
Nel video che segue, Paul ne discute con René Martinez, tecnico storico che ha curato la manutenzione delle chitarre di Stevie Ray Vaughan per gran parte della sua carriera.
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