Ci sono tantissimi grandi chitarristi nella storia della musica moderna. Alcuni dotati di tecnica sopraffina, altri di gusto estremo. Altri ancora dotati di intuizioni geniali sullo strumento, intuizioni che li hanno aiutati a esplorare le possibilità del loro mezzo per tramutare in suoni le visioni della loro mente. Altri, e sono veramente pochi, che hanno tutte queste caratteristiche insieme. E poi c’è Ry Cooder, che queste caratteristiche le ha tutte, insieme a una curiosità da esperto musicologo e archeologo dell’antropologia musicale.
Non sto dicendo che è il numero uno dell’olimpo delle sei corde (anche perché spesso per lui le sei corde sono poche), ma che è uno di quei nomi da conoscere assolutamente per capire come il ruolo del chitarrista può evolvere e andare oltre i limiti dello strumento.
Provare a conoscere un personaggio, molto schivo tra l’altro, come Ry Cooder non è cosa facile. La sua discografia è vasta e incredibilmente variegata. C’è chi lo conosce come esperto chitarrista acustico (maestro indiscusso della slide e delle accordature aperte), chi come compositore di colonne sonore di grande successo (le sue musiche su “Paris, Texas” di Wim Wenders hanno letteralmente scritto un decalogo sulla musica delle scene dei road movie), chi come scopritore di tradizioni musicali quasi dimenticate (la mega rivalutazione della musica cubana tradizionale deve tantissimo a lui e al suo progetto insieme a Compay Segundo, Wim Wenders, col suo “Buena Vista Social Club” si è semplicemente accodato all’intuito di Ry).
In aiuto a tutti coloro che vogliono affrontare di petto un gigante della musica (non me ne vogliate amici chitarristi ma, da questo momento in poi, parlerò di lui come musicista e non come semplice chitarrista) viene il bravissimo Aldo Pedron. Giornalista musicale di lungo corso, ha fondato alcune delle riviste chiave della musica italiana, scritto libri sul nostro amato rock e su alcuni personaggi del rock, organizzato manifestazioni e concerti-tour di parecchi artisti del panorama della roots music americana.
Aldo, grazie al supporto di Arcana, pubblica a distanza di 20 anni il suo secondo libro sul grande Ry Cooder. E il titolo la dice lunga sul contenuto: Il Viaggiatore Dei Suoni.
Nelle quasi 400 pagine del libro Aldo ci spiega il fenomeno Ry Cooder, partendo dalle vicende della sua vita. Gli esordi, le prime band, i primi successi, le prime cadute, l’essersi trasformato in session man prima anche alla corte dei Rolling Stones (sì, proprio loro, non vi svelo i famosissimi dischi a cui ha preso parte perché toglierei parecchia enfasi alla lettura delle sue pagine) fino a diventare un artista solista ossessionato dalla scoperta dei "suoni". L’amore per le colonne sonore, le difficoltà di comunicazione con un mondo che si evolveva in una direzione opposta alla sua.
La mia parte preferita è la sua discografia solista, divisa in due fasi, pre e post 2000. Si intravedono il suo cambiamento e la sua sete di conoscenza. Aldo analizza i suoi compagni di viaggio, che non sono solo persone ma anche gli strumenti del suo mestiere. Sì cari chitarristi, si parla di chitarre, ma non come esemplari da museo, bensì come binari tra il cervello del nostro amato musicista e l’ascoltatore. E poi ci sono estratti da alcune interviste e recensioni di concerti visti dallo stesso autore, insieme a una sezione dedicata alle influenze di Ry e da un’altra dove le frasi del chitarrista californiano diventano quasi degli assiomi per l’approccio al personaggio.
Il libro si chiude con un capitolo intitolato "Paura da palcoscenico", che delinea questo genio introverso, e una interessantissima selezione di “30 canzoni per conoscere Ry Cooder”. Insomma un libro che scorre liscio, che vi appassionerà anche se non siete dei suoi fan o pensate di non amare la musica cubana, quella hawaiana o la chitarra slide. Scommetto tutte le mie Telecaster che finirete per cercare i suoi dischi e vi innamorerete di alcuni di loro. |