di alberto biraghi [user #3] - pubblicato il 08 febbraio 2010 ore 16:37
Da qualche tempo basta aprire il tema "chitarre vintage" per scatenare un putiferio. Estimatori e detrattori si confrontano all'ultimo sangue, scagliandosi addosso argomenti che presto diventano pietre. Ci sono i duri-puri delle pre-CBS che suonano "da dio", quelli che disprezzano collezioni e collezionisti, c'è chi invoca i blind test, chi afferma la superiorità delle chitarre moderne. Ci sono i peones delle artigianali, quelli delle assemblate e quelli delle marche minori "che non gonfiano i prezzi".
I temi sono sempre gli stessi. E' vero che le Fender "pre-CBS", le Gibson e le Gretsch del 1958-60, le Martin pre-War suonano tanto meglio da giustificare i prezzi esorbitanti a cui cambiano di mano? Non è che le chitarre fatte, prodotte con macchine a controllo numerico, legni a stagionatura artificiale costante, pickup avvolti con precisione certosina suonano meglio di quel vecchiume? O ancora, è vero che solo gli strumenti di grandi liutai riescono a restituire "il suono magico degli anni d'oro", anche meglio delle chitarre d'epoca, perché ne riproducono il suono originale?
Visto che le fazioni continuano a ringhiare appena si incontrano, l'unica ipotesi per uscire dall'impasse è riprovare ad affrontare il tema partendo da zero, in modo gnoseologicamente corretto.
Ipotizziamo la possibilità di misurare quanto una chitarra "suona bene". Incasellandone la qualità sonora in una graduatoria generale di "suonare bene" otterremmo una classifica e avremmo chiuso il discorso. In realtà se chiediamo a dieci persone di definire quel "suona bene", avremo dieci risposte diverse e probabilmente contraddittorie.
E c'è anche un'altro aspetto non marginale che complica la faccenda: senza un musicista la chitarra non suona né bene né male, non suona proprio, perché - come dice il suon nome - è uno strumento che il musicista utilizza per generare sonorità che il suo corpo umano non è in grado di produrre. E' un po' un sofisma, ma ai fini della riflessione è interessante.
Ecco dunque che quel concetto di "suona bene" si deve spostare, necessariamente, dallo strumento (oggetto inerte) a un soggetto più attivo, il musicista che - lui sì! - "suona bene" se produce suoni capaci di generare emozioni in un numero sufficientemente vasto di persone (per inciso: qui ho mescolato Platone e Popper filtrati dalla Critica del Giudizio di Kant, è un po' casereccia, ma funziona, chiedo comunque scusa ai colleghi filosofi online).
Torniamo alla chitarra con una prova. Sono un chitarrista come tanti, che grazie ad anni di simbiosi con le corde riesce a produrre un discreto groove. Se usassi (per dire una chitarra celebre) la mitica Les Paul "Pearly Gates" di Blly Gibbons probabilmente non susciterei altre emozioni che la noia. Invece con una Squier Telecaster (per dire una chitarrina economica) da 200 euro saprei produrre qualche suono decente. Questo vuole dire che Pearly Gates "suona male" e la Squier "suona bene"? Ovviamente no.
Facciamo una prova più complessa. Suono la Squier, poi la mia Telecaster del 1957 e infine la mia Stratocaster siena sunburst tre viti e bullet del 1980 (considerata tra le peggiori annate nella storia). La maggior parte dei miei ascoltatori sente uscire un suono decente dalla Squier, un suono stupido dalla Telecaster e un suono gradevole dalla Stratocaster 1980. Vuole dire che la Fender tre viti e MicroTilt e la Squier suonano meglio della Tele del 1957? Di nuovo: ovviamente no. Ma allora dove sta il trucco?
Per rispondere cambiamo una variabile con l'aiuto di Ariberto Osio (lettore di Accordo DOC, collaboratore e splendido picker), a cui chiedo di suonare le stesse chitarre. Sorpresa! Dalla Telecaster 1957 esce un suono strepitoso, dalla Stratocaster 1980 un suono acido e e che a molti potrebbe non piacere, dalla Squier un suono tutto sommato banale. In qualche modo dunque è stato il musicista a far "suonare bene" o "suonare male" la chitarra.
Qualcuno avrà già capito che stiamo arrivando a mettere sul tavolo alcuni postulati:
una chitarra non suona "bene" o "male", una chitarra da sola non suona proprio
a suonare è il musicista, il quale più viene emozionato e ispirato da un strumento, più "suona bene"
lo strumento può emozionare (1) per il suo prestigio, (2) per la suonabilità, (3) per le sonorità che può produrre se ben sollecitata. Quanto più sa toccare l'immaginario di un chitarrista in questi tre aspetti, tanto più il chitarrista "suona bene" (e questo spiega un altro tema molto dibattuto, quello del diluvio di "signature")
quanto più grande è il numero dei musicisti che una chitarra riesce a emozionare e ispirare, quindi di "fare suonare bene" (occhio a quel "fare" che poi ci serve), tanto più acquista pregio.
Mi rendo conto che il costrutto logico smonta alcuni luoghi comuni del nostro mondo, primo fra tutti quello della chitarra che "suona bene" (che se poi è una chitarra da metal tipo Ibanez o Dean si deve dire che "suona da paura"). Sono pronto a fare la fine di Giordano Bruno sul rogo, ma affermo che chi "suona da paura" in realtà è il chitarrista, quando si verifica quel magico incontro con uno strumento capace di ispirarlo, aiutarlo a portare fuori la sua anima artistica, insomma a farlo "suonare bene" (ho detto "aiutarlo", consapevole che quanto più un chitarrista è grande, tanto meno ha bisogno di aiuto, Stevie Ray Vaughan avrebbe suonato bene anche con pettine e carta velina).
Infiniti casi possono avvalorare la riflessione. Li cito a posteriori per rigore metodologico, ma sono significativi. Il più eclatante è quello delle Telecaster Thinline anni '70, quelle con i pickup humbcking disegnati da Seth Lover migrato a Fullerton. Fino alla fine degli anni '80 erano chitarre che "suonavano malissimo", si diceva "fredde e ghiacciate". Poi saltò fuori Johnny Lang che rese celebre la sua Thinline e nel giro di pochi anni il pickup Fender di Seth Lover divenne un oggetto di culto, adorato per il suono "potente e cristallino" ("crispy clear, yet powerful") e la Thinline tipo 2 vide le sue quotazioni moltiplicate per cinque o sei, tanto che Fender la inserì tra le sue repliche e oggi la si vede appesa al collo di tanti nuovi chitarristi emergenti.
Ancora: David Lindley rese celebri le Teisco Del Rey (strumenti considerati pessimi, ma da cui il folletto californiano sa trarre sonorità deliziose), George Thorogood mandò alle stelle i prezzi delle Gibson 125, prima nessuno se le filava, oggi tanti artisti sostengono che le 125 "suonano benissimo".
Esempi ancora più illustri: prima che Michael Bloomfield passasse dalla Les Paul con P-90 alla sunburst, tutti dicevano degli humbucker PAF: "suonano male", oggi a trovare degli originali costano almeno 5.000 dollari l'uno. Se Paul McCartney non avesse usato l'Hofner 500/1 oggi non diremmo "suona male" per la semplice ragione che non ne parleremmo affatto (e invece chiunque ne abbia uno in casa afferma che "suona da paura"). E che dire di Eric Clapton che lasciò Gibson per delle vecchie Fender vendute quasi a peso? Tutti dicevano che i single coil "suonano male", mi ricordate cosa si dice adesso delle Stratocaster del 1956?
Proposta: cogliamo l'occasione? E' già passato 1/100 del nuovo millennio, possiamo cominciare a parlare di strumenti musicali da musicisti consapevoli del Duemila (senza per questo uccidere la passione, mi raccomando), anziché con la pancia al posto della testa come si faceva nell'altro millennio?