Quando nel 2011 è tra i chitarristi metal del momento. L'esplosione del Djent e delle architetture sonore impossibili di Tosin Abasi è dietro l'angolo e il metal tradizionale sta vivendo una fase di particolare vivacità e qualità. Il livello tecnico e di cura sonora si alza e si riesce a far convivere sempre meglio lo shred (che nasceva all'interno di approcci più vicini ad hard rock e neoclassico) in contesti più aggressivi, ritmicamente complessi e tecnicamente elaborati, senza che questo andasse a discapito della ferocia sonora. C'è una band in particolare che, negli anni appena passati, porta sul palco questa formula e sono i Nevermore, che sfoggiano un duo chitarristico come non se ne vedeva dai tempi di Racer X o Cacophony: Jeff Loomis e, appunto, Chris Broderick.
Broderick ha una formazione prevalentemente classica della quale, nel suo chitarrismo a sette corde, più che sonorità o citazioni, porta pulizia e formalità esecutive perfette. La tecnica è magistrale e tapping, pennata alternata e gestione variegata degli arpeggi hanno una proiezione sonora e un’articolazione modernissima ma convivono con un tocco, un suono e un’intenzione assolutamente coerenti con la scuola del metal più verace; quella di Randy Rhoads, Dimebag Darrel, Marty Friedman. Broderick si era fatto conoscere e rispettare sostituendo Joey Tafolla (icona shred anni ’90, allievo di Paul Gilbert e autentico genio della pennata alternata) in una cult band chiamata Jag Panzer. Poi, dopo i Nevermore, la promozione ai piani alti del metal con l'ingresso nei Megadeth dove Dave Mustaine lo definì il miglior chitarrista mai avuto dalla band, sostenendo di sentirsi, con lui al suo fianco, ispirato quanto lo era Ozzy con Randy Rhoads.
Entrato in Jackson, Chris diventa uno del brand. La sua serie Signature cresce di anno in anno e, con il 2021, la Soloist riceve otto strumenti in versione Pro Series differenti tra loro per dotazione hardware, registro espressivo e finiture.
Comune a tutte le rinnovate Soloist di Broderick è una liuteria improntata su un sound corposo, ma brillante e incisivo al tempo stesso. Jackson lo ottiene abbinando un body in mogano a un manico in acero con su una tastiera in alloro, tutto con la solidità e la risposta dettagliata conferita da una costruzione neck-thru con tanto di rinforzi in grafite, da tempo una dotazione standard per il catalogo Jackson.
Macchina da metal con una versatilità inaspettata, la Soloist arriva nelle edizioni a sei e a sette corde, entrambe con ponti Floyd Rose o fissi a sellette singole e tutte offerte in due varianti estetiche, per un totale di otto declinazioni.
Un’opzione per la finitura è nero satinato, con solo i contour tirati a lucido. L’altra è un Transparent Blue in abbinamento a un top in pioppo figurato.
Su tutte, il diapason misura 25,5 pollici e il raggio conta 12 pollici su un totale di 24 jumbo fret, a garantire un approccio da manuale, per gli amanti del genere.
Una progettazione tipica per il metallo pesante non rinuncia a una certa flessibilità sonora, grazie a un’elettronica a dir poco elaborata.
I due humbucker possono lavorare a doppia bobina o come single coil, ritrovarsi la voce finemente modellata da un efficace filtro dei toni o emettere potenza grezza dritta dal pickup al jack d’uscita.
Si tratta di due humbucker DiMarzio Chris Broderick (modelli CB6 per le sei-corde e CB7 per le sette-corde) montati direttamente nel legno, senza battipenna né pickup ring.
I controlli sono alloggiati in degli scassi appena rientranti nel corpo, in modo da non sporgere eccessivmente e non trovarsi “in mezzo” nei movimenti della mano plettrante. Lo switch per la selezione dei pickup è il primo che le dita incontrano, in corrispondenza con il pickup al ponte. Le posizioni sono quelle classiche per un selettore a tre vie, che aumenta le sonorità a disposizione grazie alla possibilità di split su entrambi i pickup azionando il push-pull sul potenziometro del volume. Questo è il controllo immediatamente successivo, seguito dalla manopola per i toni che a sua volta nasconde un secondo push-pull con cui bypassare eventualmente l’azione dei filtri e portare dritta all’uscita la voce piena e diretta dei pickup.
Ultimo in fila sul top, un interruttore Stutter permette di porre in stand-by lo strumento e di generare i caratteristici giochi ritmici da killswitch.
Il jack d’uscita è sul retro, per un’estetica ancora più pulita e per far sparire il cavo immediatamente alle spalle del musicista senza il rischio di ritrovarselo tra i piedi durante un live più concitato.
Sotto la lente d’ingrandimento ci finisce anche la dotazione hardware. Tutti i modelli, sia a sei sia a sette corde, sono offerti in una versione con Floyd Rose Special con il relativo bloccacorde al capotasto e meccaniche pressofuse Jackson, ma è disponibile anche una controparte HT, cioè con ponte fisso tipo hardtail.
Questo è un Jackson Single String, con le caratteristiche sellette singole per ogni corda avvitate direttamente nel body per ridurre al minimo i fenomeni di interferenza nelle vibrazioni tra le corde e per massimizzare il contatto tra corda e corpo. Il capotasto diventa qui in plastica nera e le meccaniche lasciano il posto a un set di autobloccanti, sempre a marchio Jackson.
La rinnovata gamma di Soloist Pro Series di Chris Broderick è attesa per settembre nei negozi. Sul sito Jackson, è già possibile sbirciarne i modelli cliccando sui seguenti link:
in finitura nera con Floyd Rose
con Floyd in finitura Transparent Blue e top in pioppo
con ponte hardtail, finitura nera
con ponte hardtail e finitura Transparent Blue
nera a sette corde con Floyd Rose
a sette corde con top in pioppo e Floyd Rose
a sette corde, ponte fisso e finitura nera
con sette corde, ponte fisso e finitura Transparent Blue |