Quando è apparsa in catalogo per la prima volta, complice anche il nome scelto, la Meteora sembrava destinata a rappresentare una parentesi circoscritta a un breve momento. Ma i piani si sono dimostrati ben diversi.
La Meteora è il primo shape inedito a marchio Fender da molti anni a questa parte, per questo - per la prima volta a prezzo più accessibile e non più in qualità di limited edition - è piuttosto eccitante. L’abbiamo testata sul campo e abbiamo scoperto una bestia tutta nuova.
Un po’ di storia
Disegnata da Josh Hurst nel 2018, la Meteora nasce sui classici offset degli anni ’60. Ne estende il concetto e lo aggiorna, risultando in uno strumento moderno, con grande attenzione al comfort e con davanti a sé tutto il potenziale di un progetto libero dal peso di una tradizione che, semplicemente, non ha.
Il suo battesimo è . La Meteora diventa una delle ultime limited edition dell’anno, impacchettando hardware ed elettronica da Telecaster con un manico da Jazzmaster e in uno shape che sembra uscito direttamente da una puntata dei The Jetsons - I Pronipoti.
L’idea dev’essere piaciuta al pubblico, perché l’anno seguente torna con una nuova limited . Stavolta, due humbucker e un ponte fisso Adjusto-matic con le corde che spariscono in sei boccole nel legno la presentano in una veste sensibilmente differente.
Nel 2020 riceve anche un ponte hardtail e due pickup in stile Filter’Tron per un’edizione estremamente esclusiva , sulla falsa riga delle Cabronita.
Per la prima volta in serie stabile
La Meteora si rivela una tela bianca su cui i progettisti possono sbizzarrirsi senza che nessun tradizionalista abbia da indispettirsi. Così nel 2022 ci piazzano due humbucker Fireball, di quelli potenti, vagamente ispirati ai Wide Range, li rendono splittabili con push-push e spostano il selettore sulla spalla superiore, come in una Les Paul. Tutto è su un battipenna grandissimo, che completa sinuosamente le forme del corpo e quasi si poggia contro il ponte mobile in stile moderno, a due viti e con sellette chiuse. La chitarra diventa una Player Plus, per la prima volta non in edizione limitata e con la convenienza del top di gamma messicano, giusto a ridosso della soglia psicologica dei mille euro.
Legni e struttura
Il corpo della Meteora Player Plus è in ontano, per niente pesante e sorprendentemente comodo. La chitarra è bilanciata nella struttura, si adagia sulle gambe e si posiziona a tracolla in modo confortevole, non troppo dissimile da una Jazzmaster ma con una sensazione di “ingombro” minore.
I contour accentuati e la particolare forma della “pancia” fanno sì che calzi come un guanto, senza stare “di mezzo” mentre si suona e senza stancare dopo sessioni più lunghe.
Il manico è avvitato, con le classiche quattro viti su un tacco squadrato che potrebbe scocciare un po’ chi è abituato ad accessi più confortevoli agli ultimi tasti, ma con cui i fan di Fender hanno imparato ampiamente a convivere senza troppi patemi.
Il pezzo di acero culmina in una paletta da Jazzmaster, con accesso al trussrod oltre il capotasto.
Al momento è possibile avere la Meteora con tastiera in pau ferro in abbinamento alla colorazione verde brillante del Cosmic Jade e con l’originale Stratoburst del , oppure in acero nella versione e col Sunburst a tre toni della Meteora in prova.
Suonabilità
A dispetto delle forme insolite, l’approccio è tipico per una Fender moderna. 22 tasti Medium Jumbo si poggiano su raggio di 12 pollici per il classico diapason lungo da 25,5 pollici. Il manico Modern C è satinato, sottile ma non troppo, tondeggiante e con il valore aggiunto - fortemente gradito - di vedere i bordi della tastiera smussati per un feel più agevole, da “chitarra già suonata”. Le Player Plus hanno ereditato tale caratteristica dalle American Professional, e chi ci ha messo sopra le mani sa quanto il feel generale ne venga caratterizzato.
Hardware
Ponte mobile moderno e meccaniche bloccanti sono una caratteristica comune a tutta la serie Player Plus. Insieme, conferiscono una buona stabilità e resistenza alle sollecitazioni. Non ci si aspetti di lanciarsi in dive bomb senza che la chitarra faccia una piega, ma con un setup adeguato si lascia strapazzare senza mostrare segni di cedimento.
Elettronica
Un volume, due toni, switch a tre posizioni sulla spalla superiore e switch S-1 per lo split sul potenziometro del volume affiancano una dotazione di due humbucker Fireball.
Le manopole in metallo, stile Telecaster, dimostrano un’escursione regolare e sempre utilizzabile. Per posizionamento, il volume riesce a essere sempre a portata di mano senza risultare però d’intralcio. L’S-1 sulla sua cima è comodo, più di un push-pull che può risultare poco agevole quando si suona per lunghe sessioni e le dita cominciano a sudare, perdendo presa. Di contro, però, il meccanismo push-push è notoriamente più delicato, da trattare con cura.
Il selettore dei pickup farà la gioia di tutti i fenderiani che hanno un rapporto conflittuale con lo switch di una Stratocaster, per esempio, che alcuni tendono a colpire inavvertitamente mentre si suona con più foga. Qui la posizione diventa un prolungamento naturale della pennata, rendendo la commutazione pratica e sicura.
Il suono
Fender descrive i pickup Fireball come humbucker ad alto output, dalla spiccata separazione tra le note.
In effetti dimostrano un output consistente ma una voce dolce, tutt’altro che fredda né immotivatamente aggressiva.
Il timbro è in generale carico di medie frequenze e con una gamma acuta ben dettagliata, non gonfio, articolato e sensibile al tocco. Anche in saturazione, basta toccare le corde con delicatezza per ritrovare il pulito.
La separazione tra le note presentata dal costruttore c’è, anche se non ai livelli di certi altri modelli smaccatamente moderni, che però dal canto loro tendono a pagare lo scotto di un carattere meno evidente.
Croce e delizia nella ricetta è lo split delle bobine, durante il quale si avverte una discreta perdita di volume, ma che diventa comunque trascurabile quando ci si muove sulla soglia di breakup dell’amplificatore o in saturazione, dove la compressione naturale riesce a equilibrare il tutto senza grossi problemi. Anzi, la differenza timbrica diventa una sfumatura utile per alternare il timbro grosso e nasale della doppia bobina alla brillantezza carica di percussività e scavata sui medi dello split. La sonorità della bobina singola è in effetti assai caratterizzante, ben lontana dalla sensazione di “humbucker mozzato” che alcuni pickup potrebbero restituire quando splittati. Agire sul push-push significa trovare un timbro meno propenso alla saturazione, con bassi più incisivi e acuti presenti, ma non taglienti, che per certi versi completa e si contrappone alla tracotanza dell’humbucker.
Il cervello vorrebbe che il suono splittato fosse sempre il più possibile vicino al volume di quello del full humbucker, ma il cuore realizza che sono due mondi diversi, ognuno con una ragione d’essere che fa trovare una precisa collocazione nel proprio setup, tutto a vantaggio della palette sonora a disposizione.
A chi si rivolge
, ancora in via di trasformazione, e non è così facile definire il tipo di pubblico a cui si rivolge.
Basta dare un’occhiata ai video disponibili finora sul web - compresi quelli ufficiali prodotti da Fender - per rendersi conto che, forse, nessuno ha ancora ben inquadrato il suo vero carattere. La si può sentire nell’hard rock più moderno e se la cava alla grande, altri ne scoprono i clean classici e a tratti jazzistici, altri ancora la trattano come una Telecaster, la ficcano con soddisfazione nell’indie rock o ci tirano fuori crunch furiosi alla Cream. E, pur con un suo preciso DNA, la Meteora sembra riuscire a fare una bella figura in ogni situazione.
Le forme più spigolose rispetto ai canonici disegni offset Fender e la preferenza per gli humbucker trasmettono la sensazione di avere tra le mani qualcosa di diverso dal solito, e la mente del chitarrista che la imbraccia si può liberare dai dogmi legati a un modello storico, lasciandosi ispirare e ispirando a sua volta uno strumento bello, originale, eclettico, che ancora deve cominciare a scrivere la propria storia. |