di Lorenzostrat87 [user #8417] - pubblicato il 21 ottobre 2012 ore 15:00
Il rock appartiene forse al passato, le svise sono finite in secondo piano da tempo. In un'epoca in cui i tecnicismi sono decisamente passati di moda ed è convinzione comune che bastino le basi dell'istruzione musicale per diventare star, il solismo è davvero roba da vecchi?
Da poco più di un anno mi sono trasferito in Inghilterra, dove sto ricostruendomi una vita e una carriera da musicista. Come chitarrista vengo dal blues, dal rock, mi sono cimentato anche con funk, jazz, pop ecc. La situazione musicale nell'algida Albione è alquanto complicata: se parli di rock 'n' roll va bene, è un termine che funziona ancora, ma se parli solo di rock no. Il rock "classico" è considerato roba da vecchi barbogi: oggi a farla da
padrone in UK è l'indie. Tutto quanto è noto, ha venduto dischi e avuto
un fottio di passaggi radio è considerato roba obsoleta e banale.
Da qualche mese, dopo aver conosciuto un cantautore in una serata di jam, abbiamo formato un gruppo il cui genere rientra proprio nella tendenza indie, con una certa qual affinità al powerpop di fine anni Settanta, sprazzi di psichedelia e intuizioni beatlesiane. Capita spesso, specie negli ultimi tempi, che quando si scrive o arrangia una canzone, il mio cantante mi dica "la parte di chitarra suonala più semplice", anche quando sto suonando qualcosa che, più semplice di quello, c'è il ragazzetto che strimpella la chitarra classica in chiesa o intorno al falò.
Il punto è che, tendenzialmente, nell'indie l'importante è la caciara, i chitarristi giocano al risparmio. Niente riff o assolo, che sono roba da dinosauri, solo accordi col barrè splettrati, al limite l'assolo è di una o due note ripetute a loop per un tot di battute. Ricordiamoci che l'indie è una propaggine del punk, genere in cui uno dei vari messaggi era che anche chi non sa suonare può fare musica. Difatti, i chitarristi indie non si possono certo definire mostri di tecnica, già nell'impostazione: ultimamente ne vedo molti che portano la chitarra alle ascelle, plettro impugnato con settemila dita come se fosse un pavesino da pucciare nel caffellatte, spennano di braccio invece che di polso e, in svariati casi, o hanno gli occhi fissi sulla tastiera oppure la guardano ogni qual volta si deve cambiare accordo.
A questo aggiungiamo l'uso di distorto e feedback che mascherano il tutto.
Ammettiamolo: nella maggior parte dei dischi di questo genere il ruolo che occupa la chitarra nel mix è una specie di striscia di rumore bianco. Io invece vorrei cercare di portare in tavola, una volta tanto, anche il talento, e dimostrare che anche una parte di chitarra più complessa seppur semplice in apparenza, oppure semplice ma intelligente, può essere ficcante e funzionante.
Chi ha visto il film "This Must Be the Place" di Sorrentino forse ricorderà la scena in cui il cantante di una band indie definisce la chitarra solista "masturbatoria". Non sono d'accordo con questo concetto. A parte il fatto (da un punto di vista biecamente egoistico, ma si sa che noi chitarristi siamo sboroni per natura) che non ho certo studiato chitarra per tutti questi anni e cambiato Paese per finire poi a suonare come uno che non sa suonare, ma il motivo principale è questo: per me la chitarra solista (ma anche quella ritmica, così come il basso) in un brano, qualsiasi sia il suo genere, dovrebbe essere il complemento ideale di ciò che esprime il/la vocalist, e un riff o un solo sono come dei prolungamenti del testo e della melodia vocale. Mi piace usarla per portarne avanti il discorso e il mood, ma con una melodia che non segue pedissequamente quella principale (sarebbe ridondante). Insomma è come se la chitarra fosse un personaggio che, nello spazio di quel numero di battute, dice la sua a briglia sciolta, ma con il linguaggio delle note e del fraseggio. Può dire qualsiasi cosa, da "sei l'unico vero amore della mia vita" a "sono incazzato come un picchio" a "oggi ho mangiato pane e salame" ma, comunque sia, un concetto. Tanto per usare un anglicismo, un vero e proprio "statement" espresso con una certa chiarezza che dà al solismo un senso all'interno del brano.
Se invece prendiamo la tipica parte solista del chitarrista indie, ecco cosa penso che esprima: se è il classico riff composto da una o due note, ripetute con la stessa pennata, la stessa dinamica, senza vibrato, senza espressione, per una manciata di battute, tutto quello che mi dice è: "Baaah... baaah... baaah... baaah..." (da immaginare con voce e sguardo catatonici) Se ci troviamo di fronte all'accordo spennato a ottavi con distorto a palla oppure feedback per tutta la durata del pezzo, ciò che me ne esce fuori è un urlo continuo e invadente.
Insomma, da una parte qualcosa che non aggiunge niente, dall'altra un qualcos'altro che rischia di renderci impossibile percepire la storia raccontata dal frontman.
Ovviamente, si tratta di uno dei due estremi di uno spettro: da quello opposto troviamo l'assolo metallone composto da sedici battute di sweep picking estremi, scale a mille e quant'altro, e in quel caso il paragone che farei è con uno che mi vuole fare un discorso, ma lo fa parlando fittofittofittoveloceveloceveloce, col risultato che non riesco a capire cosa dice. Magari mi stava pure dicendo qualcosa di importante ma non riesco a entrarne nel vivo.
Insomma riassumendo: - solismo economico = non mi rimane particolarmente impresso perché non esprime niente - solismo ipertecnico = non mi rimane particolarmente impresso perché non riesco ad afferrarne il senso
Ovviamente, non sto dicendo che non si possono fare riff o soli sfruttando poche note, ma basta che non siano banali, e inoltre subentra una componente fondamentale: l'espressività. Bending, vibrato, uso della leva del Tremolo o di un certo tipo di pennata fanno sì che, anche se fai solo una nota lunga, puoi dare a essa tante sfumature e sensazioni che si trasmettono anche all'ascoltatore. Inoltre, restando in tema di eccezioni, occorre dire che anche nel punk e nei suoi sottogeneri e derivazioni, che poi hanno generato anche l'indie, ci sono stati casi in cui all'impeto e alla rabbia di certi stili musicali si sono affiancati gusto e originalità nel frangente seicorde, con gruppi come i Clash (Mick Jones non sarà un mostro di tecnica, ma ha uno stile decisamente efficace che ben si confà ai loro brani), i Cars (col mancinaccio Elliott Easton), i Knack (il riff di "My Sharona" è la quintessenza del ficcante e il solo centrale è di tutto e di più), i Blondie (nell'extended di "Call Me" addirittura ci sono accenni di tapping), gli Only Ones eccetera. Proprio di questi ultimi voglio sottoporvi questo brano: è uno dei classiconi del punk, ma tutto si può dire tranne che il loro chitarrista suoni parti grezze e semplici, ascoltate e poi mi dite.
Per quanto riguarda ciò che secondo me è quanto di più "umano" abbia mai sentito fare in un solo di chitarra, uno dei chitarristi più abili in proposito è Alex Lifeson. Sentite il solo di "Limelight", dove per mezzo di sustain, armonici e leva del vibrato fa piangere e urlare la sua chitarra inserendosi perfettamente nella tematica e nel discorso del brano, ossia la perdita del contatto con la vera vita (da parte di chi diventa una star) e il conseguente disperato desiderio di ritorno alla normalità. È un gioiellino che mi ha fatto venire la lacrimuccia più di una volta.
Oppure ancora (è uno strumentale quindi non vale al 100%, ma ce lo metto lo stesso) l'improvvisazione centrale de "La Villa Strangiato", in cui il buon Lerxst attraverso la sua 335 esprime un crescendo di sensazioni. Il brano intenderebbe rappresentare un sogno in cui il protagonista si trova in un luogo strano e inquietante, e quindi dapprima (con note lunghe, bending ed effetti di volume) pare dire "ma dove sono? Che posto è questo? Ehi... di casa... c'è nessuno?" per poi iniziare ad avventurarsi di più tra i suoi meandri (con più note, ma sempre un tocco leggero e un suono ancora pulito) fino a scoprire cose inquietanti, rimanervi intrappolato e invocare aiuto, nel momento in cui sopraggiunge l'overdrive, il fraseggio si fa più gridato e arriva al massimo dello spannung a sfociare in un florilegio di note velocissime.
Con questi RVM (usando il gergo televisivo) si conclude questa mia serie di riflessioni, forse un po' alla rinfusa, forse molte cose che ho detto sono la scoperta dell'acqua calda, ma mi sono sentito di condividerle con voi ed è a voi che ora lascio la parola nei commenti, sia che la pensiate come me o che la vostra visione sia completamente diversa.