Per farla breve, la chitarra giaceva abbandonata sul suo supporto ed era diventata il “ripostiglio” dei miei due gemelli che, approfittando delle buche ad effe, avevano deciso a mia insaputa di utilizzarla come deposito per i loro effetti personali (cartacce, cucchiaini, bottoni ecc.).
Di qui l’idea geniale per sottrarre la Epiphone al suo inglorioso ed immondo destino: portarla a SHG e tentare ancora una volta la carta della permuta. Notti insonni a cercare di capire con che cosa permutarla. Vediamo: ho già una Telecaster, una Strat, una Les Paul. Chitarre improponibili alla BC Rich neanche se ne parla. Un’altra elettrica: e che me ne fo? Pian piano, l’idea malsana si insinua nella mente del malato di GAS: e se domani volessi risuonare jazz, perché rinunciare a una semiacustica? Ovviamente dovrebbe trattarsi di una semiacustica più versatile, senza problemi di feedback.
Finalmente vedo la luce: mi orienterò su un modello 335 o 339. Possibilmente, per non svenarmi, una Epiphone 339.
Metto la Broadway nella sua ingombrante custodia rigida, previo cambio corde che così, penso, la vendo ancora meglio e parto per Milano, gemelli e moglie al seguito. Ometto i dettagli fantozziani del viaggio. Arrivato infiera, comincio finalmente ad aggirarmi tra gli stand e qui cominciano i guai (si fa per dire).
Mi si presentano sostanzialmente due problemi.
Primo problema: le valutazioni della Broadway sono risibili, nonostante le ottime condizioni e, soprattutto, nonostante l’upgrading. Oscillano tra un minimo di 250 euro e un massimo di 350 (“però dipende da che cosa compri, eh?”). Tutte valutazioni effettuate da negozi di primissima fascia, praticamente senza provare lo strumento: così, a vista. Insomma, non mi aspettavo di ricavare 600 Euro, ma diamine, almeno 400 sì. Però io non sono del settore, ho certamente sopravvalutato la signorina e, soprattutto, le mie capacità di venditore.
Secondo problema: modelli 335/339 da permutare entro la fascia di 800 euro (il mio budget massimo, senza la pretesa, ovviamente, di portare a casa una Gibson) praticamente non ne ho individuati. In tutti gli stand, girati e rigirati come calzini, ho trovato, nell’ordine: una Epiphone Lucille, una Epiphone 339 Ultra e la Eastman. La Lucille non mi è mai piaciuta e l’ho scartata subito, orientandomi per la Epi 339, che a conti fatti mi sarebbe costata 200 euro on top della permuta. La provo, mi piace e decido di prenderla, ma, voilà, scopro che non funziona l’accordatore incorporato. Al che cerco di “strappare” qualche altra decina di euro al rivenditore, il quale, non molto cortesemente a dire il vero, decide di ritirasi dalla compravendita sostenendo che preferisce, anziché perdere una trentina di Euro, fare riparare la chitarra per rivenderla a prezzo pieno. Parecchio indispettito mi allontano dallo stand, sempre con la mia Broadway in mano, ormai diventata pesantissima, e comincio a disperarmi anche perché, a quel punto, di ritornare a Roma con la coda tra le gambe non se ne parla. Comincio ad accarezzare l’idea di fare il colpo di testa e comprare una dannatissima Gibson 335 o 339, fregandomene del budget, ma le mie responsabilità di pater familias prevalgono e, mogio mogio, torno a rigirare tra gli stand come un lupo affamato e divorato dalla GAS.
Nonostante il risentimento per il trattamento ricevuto, torno a gravitare nell’orbita del negozio milanese dove avevo provato la 339 e, tra le varie chitarre esposte, inaspettatamente fa capolino un modello stile 335 con un top fiammato davvero impressionante, prezzata 900 euro, ma con una sigla a me sconosciuta: Eastman. Palmare alla mano, una breve ricerca su internet mi introduce alle meraviglie dell’alta liuteria cinese:
- due pickup Kent Armstrong Humbucking
- top in acero massello fiammato con binding su tutto il corpo e contorno del manico e paletta
- fasce e fondo in mogano massello
- tastiera in ebano
- ponte Gotoh
- meccaniche dorate Gotoh.
Sempre da internet apprendo che la Eastman T186 MX viene venduta nuova per un prezzo che si aggira attorno ai 1200 euro. A questo punto, vista la possibilità di portala a casa con 600 euro, valutando la Broadway (ahimè) 300 euro, decido di provarla nonostante la crescente antipatia per il negoziante.
Da spenta, la chitarra ha una buona risonanza, nei limiti consentiti dalla cassa 16 x 1 3/4". Il suono amplificato a mio parere è una sorpresa. Sebbene prevalgano le medie, anche con il pikup al ponte, tutte le frequenze hanno un’ottima definizione. L’attacco delle note risulta sempre preciso e il suono, anche in distorsione, difficilmente si impasta. I fenomeni di feedback sono assolutamente limitati, anche se la chitarra, a differenza dei modelli 335, ha un blocco centrale più ridotto, sul quale si aggancia il ponte. Il range di impiego della chitarra è molto ampio, potendo spaziare senza alcun problema dal rock/hard rock al blues, alla fusion (in stile Larry Carlton per esempio), al pop e ovviamente al jazz, senza dimenticare funk (preferibilmente in posizione centrale) e rockabilly. Restano ovviamente fuori dallo spettro sonoro i territori hi-gain.
Il selettore dei pickup è estremamente preciso e non dà problemi di ronzio. Inoltre, è posizionato in un punto nel quale è molto semplice azionarlo.
I controlli di tono e volume hanno un’escursione migliorabile, ma svolgono comunque bene il loro ruolo, senza fruscii.
Le meccaniche sono precise e tengono bene l’accordatura.
Veniamo ai (pochi) difetti della Eastman.
Io ne ho individuati due. Il primo è, tutto sommato, di poco conto. Sul piano estetico il binding, soprattutto sul contorno del manico e sulla giunzione manico/cassa, non è sempre precisissimo e presenta qualche piccola sbavatura.
Un secondo difetto, a mio parere più rilevante, riguarda l’accesso alle posizioni più alte della tastiera. Dal 17° tasto in su suonare è davvero scomodo anche per chi, come me, ha delle mani nella norma. Il problema, abbastanza atipico per un modello stile 335, a mio avviso deriva dal fatto che la “spalla inferiore” è leggermente ricurva verso il manico, e quindi la mano, di fatto, ha scarso gioco e si “incastra” nel suonare sulle posizioni più alte.
Aldilà di questo problema – derivante probabilmente da un errore di progettazione o dall’aver disegnato la chitarra sulle specifiche della “manina del chitarrista cinese medio” – sono assolutamente soddisfatto dell’acquisto. Non so quanto sia rivendibile una Eastman sul mercato, ma di sicuro il rapporto qualità prezzo è formidabile. Si tratta di uno strumento dal look estremamente accattivante, molto curato e con un’ottima playability, versatile sostanzialmente in tutti i contesti (a eccezione, ovviamente, di quelli più estremi).
Il rimpianto?
Aver ceduto la Broadway senza essermi tenuto il Seymour Duncan: un upgrade che di fatto non è stato valutato nulla in sede di permuta (e che però, sono certo, il negoziante non esiterà a far valere quando rivenderà lo strumento). Se avessi avuto l’accortezza di rimontare il pickup originale alla Broadway, avrei potuto installare il Seymour sulla Eastman a costo zero, effettuando un upgrade che, sebbene non strettamente necessario, avrebbe elevato ulteriormente il valore (in termini sonori) già alto dello strumento.